Città del Vaticano , giovedì, 28. marzo, 2024 10:10 (ACI Stampa).
Papa Francesco stamane ha presieduto nella Basilica Vaticana la Messa Crismale del Giovedì Santo in cui si procede alla benedizione dell’olio degli infermi, dell’olio dei catecumeni e del crisma e si rinnovano le promesse sacerdotali.
Nel momento del tradimento – osserva il Papa nell’omelia - gli occhi di Pietro “furono inondati di lacrime che, sgorgate da un cuore ferito, lo liberarono da convinzioni e giustificazioni fasulle. Quel pianto amaro gli cambiò la vita. Le parole e i gesti di Gesù per anni non avevano smosso Pietro dalle sue attese, simili a quelle della gente di Nazaret: anche lui aspettava un Messia politico e potente, forte e risolutore, e di fronte allo scandalo di un Gesù debole, arrestato senza opporre resistenza, dichiarò: «Non lo conosco!». Ed è vero, non lo conosceva: cominciò a conoscerlo quando, nel buio del rinnegamento, fece spazio alle lacrime della vergogna e del pentimento. E lo conoscerà davvero quando, addolorato che per la terza volta gli domandasse: Mi vuoi bene?, si lascerà pienamente attraversare dallo sguardo di Gesù. Allora dal «non lo conosco» passerà a dire: «Signore, tu conosci tutto»”.
Si guarisce – osserva – “quando, feriti e pentiti, ci si lascia perdonare da Gesù” e il Papa propone una riflessione sulla compunzione che è “una puntura sul cuore, una trafittura che lo ferisce, facendo sgorgare le lacrime del pentimento”.
La compunzione – spiega il Pontefice – “non è un senso di colpa che butta a terra, non una scrupolosità che paralizza, ma una puntura benefica che brucia dentro e guarisce, perché il cuore, quando vede il proprio male e si riconosce peccatore, si apre, accoglie l’azione dello Spirito Santo, acqua viva che lo smuove facendo scorrere le lacrime sul volto. Piangere su noi stessi non significa piangerci addosso, come spesso siamo tentati di fare. Questa è la tristezza secondo il mondo, opposta a quella secondo Dio. Piangere su noi stessi, invece, è pentirci seriamente di aver rattristato Dio col peccato; è riconoscere di essere sempre in debito e mai in credito; è ammettere di aver smarrito la via della santità, non avendo tenuto fede all’amore di Colui che ha dato la vita per me. È guardarmi dentro e dolermi della mia ingratitudine e della mia incostanza; è meditare con tristezza le mie doppiezze e falsità; è scendere nei meandri della mia ipocrisia. Per poi, da lì, rialzare lo sguardo al Crocifisso e lasciarmi commuovere dal suo amore che sempre perdona e risolleva, che non lascia mai deluse le attese di chi confida in Lui. Così le lacrime continuano a scendere e purificano il cuore”.
Il Papa sottolinea inoltre che “la compunzione richiede fatica ma restituisce pace; non provoca angoscia, ma alleggerisce l’anima dai pesi, perché agisce nella ferita del peccato, disponendoci a ricevere proprio la carezza del medico celeste. Il cuore senza pentimento e pianto, si irrigidisce: dapprima diventa abitudinario, poi insofferente per i problemi e indifferente alle persone, quindi freddo e quasi impassibile, come avvolto da una scorza infrangibile, e infine di pietra. Ma, come la goccia scava la pietra, così le lacrime lentamente scavano i cuori induriti. Si assiste così al miracolo della buona tristezza che conduce alla dolcezza”.