Carpi , domenica, 24. marzo, 2024 10:00 (ACI Stampa).
Con la domenica delle Palme inizia la settimana più santa dell’anno, perchè riviviamo il mistero della nostra salvezza. La Chiesa ci fa meditare il racconto della Passione di Gesù secondo il Vangelo di san Marco. Ci soffermiamo al momento della crocifissione. L’evangelista non fa commenti, racconta i fatti nella loro cruda realtà. Le ore in cui Gesù rimane appeso alla croce trascorrono tra gli insulti e gli scherni. Tutto questo odio e questa violenza che si abbattono conto di Lui non devono scandalizzarci. Tutto era già stato predetto. San Marco divide i denigratori di Gesù in tre gruppi. Innanzitutto la folla che si unisce al coro di coloro che lo beffeggiano e lo deridono. Poi i capi del popolo ebraico i quali si godono la vittoria e, osservando dai piedi del Calvario l’agonia del crocifisso, lo provocano: “scendi dalla croce e crederemo in te”. Ma Gesù non scende dalla croce, Dio non lo salva, e quindi, secondo il loro modo di ragionare, Gesù non è Figlio di Dio. Non capiscono che Gesù non scende dalla croce non perchè gli è impossibile farlo, ma per amore degli uomini. Se Dio vuole mostrare la sua potenza, allora la croce è un fallimento. Se Dio vuole mostrare il suo amore, allora la croce è un trionfo, è una scuola meravigliosa di vita. A questi due gruppi di schernitori si aggiungono anche quelli che erano crocifissi con Lui. Gesù non trova un minimo di comprensione e di compassione nemmeno in coloro che dividono con Lui gli atroci dolori della crocifissione.
Il momento culminante della sofferenza morale e fisica di Cristo è manifestato dalla preghiera: Dio mio, Dio mio, perchè mi hai abbandonato?. Tradito dai suoi discepoli e abbandonato da tutti, Gesù rimane unito al Padre e, pur non riuscendo a percepire la sua presenza, crede in Lui, parla con Lui, chiede il suo aiuto. La sua preghiera muove a compassione un soldato il quale compie un gesto di umanità. Inzuppa una spugna nell’aceto, e dà da bere a Cristo, che a causa della grande perdita di sangue è ormai disidratato, alleviando così la sua sete. Gesù muore emettendo un forte grido. Il grido lanciato dalla croce è un segno della sua prossima vittoria, cioè della sua resurrezione. Esso, infatti, esce da Cristo quando ormai è giunto alla fine della vita e le forze lo hanno abbandonato. Questo grido è la dimostrazione che lui non è come gli altri uomini. E’ un segno che viene compreso perfettamente dal centurione romano, il quale nel vedere il modo con cui Gesù muore, lo riconosce come il Figlio di Dio. Gesù in croce non è un vinto, ma un vincitore.
Un poeta moderno, parlando della morte di Cristo, si è chiesto: “A cosa può servirmi che quell'uomo / abbia sofferto, se io soffro ora ?(cfr Borghes). Si tratta di una domanda provocatoria che non è isolata. Molti, infatti, ritengono che la morte in croce di Gesù sia stato un sacrificio inutile perchè il peccato, la sofferenza, l’ingiustizia, la violenza e la morte continuano a regnare incontrastate nel mondo. A questa obiezione possiamo rispondere che il Figlio di Dio si è fatto uomo, è morto ed è risorto non per risolvere i problemi dell’umanità, ma per svelarci il mistero della vita e dirci che siamo fatti per il cielo. Non va inoltre dimenticato che nella croce, Gesù si è caricato del dolore innocente, dell’ingiustizia subita, del non senso della vita, dell’abbandono e del tradimento degli amici, della morte, di ogni tipo di male morale e spirituale dell’umanità per dare un senso a tutto ciò che rende impossibile la vita. Egli si è fatto solidale con tutti. Questa solidarietà ci porta a riconoscere che non siamo soli nel cammino della vita, abbiamo al nostro fianco un amico che non solo ci soccorre e ci sostiene, ma che anche ci capisce perchè Egli ha vissuto prima di noi e per noi tutti i drammi dell’umanità, anche il mio.
La vita di Cristo, poi, non finisce lì, su quel legno. Non finisce neppure nel buio di una tomba. Va ben al di là. In quella croce è nascosta una luce che è capace di vincere la notte, cioè la luce sfolgorante della Resurrezione perchè come abbiamo ricordato chi muore non è uno qualsiasi. E’ il Figlio di Dio. Egli dopo tre giorni nel sepolcro, torna in vita per annunciare che va a prepararci un posto nel suo Regno eterno. Possiamo, allora, veramente dire che la Croce di Cristo è come un faro che ci permette di intravvedere, tra le nebbie più fitte del vivere, la luce della Resurrezione. Il grande scrittore inglese Chesterton ha affermato che cristiani sono coloro che vanno lieti nel buio. Possiamo camminare lieti nel buio perchè Cristo fa da “scia”. E’ la luce che si può scorgere anche nella notte più buia. E noi seguendo questa scia abbiamo la certezza di giungere alla fine della salita dove ci attende l’abbraccio del Padre che ci introduce nella pienezza della vita.
“L’Incarnazione e la Passione sono la follia dell’amore di Dio per farsi accettare dall’uomo peccatore. Dopo tale follia si capisce che il più grande peccato sia il non credere all’amore di Dio per noi ” (P. Mazzolari)