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Hong Kong, la legge della sicurezza contro la confessione? La diocesi dice no

Breve nota della diocesi di Hong Kong, che sottolinea come la nuova Legge sulla Sicurezza dell’isola non metta a rischio il segreto della confessione

Cardinale Stephen Chow | Il cardinale Chow, vescovo di Hong Kong | CNA Cardinale Stephen Chow | Il cardinale Chow, vescovo di Hong Kong | CNA

La diocesi di Hong Kong ha risposto con una breve dichiarazione alle preoccupazioni sulla nuova sicurezza per la salvaguardia nazionale, che mettevano in luce come potesse essere messo a rischio il segreto della confessione.

La diocesi ha sottolineato, in una dichiarazione breve che cerca anche una linea di dialogo con il governo, che “riguardo la legislazione dell’articolo 23 sulla Salvaguardia della Sicurezza Nazionale, la diocesi di Hong Kong riconosce che i cittadini hanno l’obbligo di assicurare la sicurezza nazionale”. Quindi, che la diocesi di Hong Kong ha comunque espresso al governo il suo punto di vista. E che la legislazione non va ad alterare la natura confidenziale del Sacramento della Riconciliazione.

La legge sulla sicurezza di Hong Kong nasce direttamente dal governo dell’isola sotto il dominio cinese, ed è anche il modo di definire le questioni di sicurezza nazionale al di là della legge di sicurezza imposte da Pechino nel 2020 dopo le tremende proteste pro-democrazia.

La legge propone una incarcerazione al massimo di 14 anni per ogni persona che sa che qualcuno commetterà tradimento ma non lo denuncia alla polizia.

Si tratta, secondo il gruppo attivista Hong Kong Watch,  di una legge che “minaccia direttamente la libertà religiosa”, perché arriverebbe a forzare i sacerdoti a rivelare quello che è stato loro detto in confessionale contro la sua coscienza. Le autorità di Hong Kong, da parte loro, hanno difeso la definizione della legge sottolineando che è esistito a lungo nella città e in altre nazioni che basano il loro sistema giudiziario sulla common law.

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Paul Lam, segretario per la Giustizia, ha detto che “sarebbe molto difficile creare eccezioni” per persone come il clero e i lavoratori sociali, ma che la legge “non ha nulla a che fare con la libertà religiosa.

Ci sono circa 392 mila cattolici ad Hong Kong, che ha una popolazione di 7,5 milioni di abitanti. La Legge sulla Sicurezza Nazionale di Hong Kong, un testo di 212 pagine che è parte dell’articolo 23 della Legge di Base, il documento costituzionale che garantisce a Hong Kong un alto livello di autonomia sotto il governo cinese.

Un primo tentativo di portare avanti questa legge fu nel 2003, dopo il passaggio dal controllo britannico a quello cinese, ma tutto si fermò nel momento in cui i cittadini scesero in strada.

La legge non si riferisce direttamente al sacramento della confessione, ma il suo uso indiscriminato potrebbe metterlo a rischio. Nel 2019, una nota della Penitenzieria Apostolica ristabilì che il segreto della confessione era inviolabile.

Il testo era la risposta ad una serie di leggi nel mondo che mettevano in crisi il segreto della confessione

Quali sono i luoghi dove il segreto della confessione è sotto attacco?

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Il Senato della California ha approvato il 24 maggio 2019  la legge 360, con 30 voti a favore e 2 contrar. La legge chiede ai sacerdoti di riportare ogni sospetto o conoscenza di abusi su minori ottenute anche durante il sacramento della confessione di un altro sacerdote o collega. La legge era anche stata emendata, perché una prima bozza della legge richiedeva la violazione del sigillo della confessione ogni volta che un sacerdote sospettasse abusi d parte di qualunque penitenti.

In Australia, la Chiesa Cattolica australiana ha già fatto sapere che non romperà il segreto della confessione, accettando le raccomandazioni della Royal Commission, una inchiesta governativa di cinque anni che ha ascoltato8 mila testimonianze su fatti che sarebbero accaduti tra il 1950 e il 2010 – inchiesta che ha portato a 230 processi, l’accusa di molestie al 7 per cento dei sacerdoti australiani e possibili risarcimenti da trasferire a 60 mila persone. La commissione aveva stilato una serie di raccomandazioni per la lotta agli abusi, che la Conferenza Episcopale Australiana ha analizzato passo dopo passo in un documento di 57 pagine, pubblicato il 31 agosto. Quasi tutte le raccomandazioni erano state accettate. Tranne la richiesta di rompere il sigillo sacramentale.

La tendenza internazionale di attaccare il segreto della confessione ha colpito anche l’India, dove ad agosto 2018  la Commissione Nazionale delle Donne ha chiesto al governo di abolire il sacramento perché “è una interferenza indebita in una questione sacra e vitale della vita cristiana”. La richiesta era arrivata a seguito dello scandalo che ha visto coinvolti 4 sacerdoti della Chiesa ortodossa siro-malankarese, i quali avevano utilizzato confidenze che una donna sposata aveva fatto loro in confessione per ricattarla e abusare sessualmente di lei.

Si tratta di una tendenza internazionale che ha radici lontane. Nel 2011, al culmine della crisi degli abusi tra il clero irlandese, Enda Kenny, allora “Taoiseach” (Primo Ministro) sostenne che “i sacerdoti dovrebbero avere un obbligo di legge di riportare i casi di abuso appresi in confessione”.

A livello internazionale, si era andati anche oltre: nel 2014, il Comitato ONU per la Convenzione sui Diritti del Bambino – vale a dire, il Comitato che valuta come le convenzioni siglate vengono applicate dagli Stati aderenti nel loro territorio – arrivò addirittura a fare pressioni sul diritto canonico, non distinguendolo dalle leggi dello Stato di Città del Vaticano, che erano invece oggetto della Convenzione, e criticando “il codice del silenzio vaticano”, che impedisce “pena scomunica” ai membri del clero di andare a denunciare i casi di cui vengono a conoscenza alle autorità.