Parigi , venerdì, 15. marzo, 2024 9:00 (ACI Stampa).
“Il giorno di Pentecoste, durante la santa messa che ascoltavo a san Nicola des Champs, tutto a un tratto la mia mente fu nella luce. Fui interiormente avvertita che dovevo rimanere con mio marito e che sarebbe venuto un tempo in cui sarei stata nella condizione di fare i tre voti di povertà, castità e obbedienza, insieme ad altre persone che li avrebbero fatti con me. Compresi che doveva essere in un luogo per soccorrere il prossimo”: è Santa Luisa de Marillac che redige queste righe contenute nei suoi Scritti. Era l’inizio di un cammino spirituale straordinario che l’avrebbe poi portata a fondare assieme a San Vincenzo de’ Paoli, il 25 marzo 1642, la Compagnia delle Figlie della Carità.
Quel giorno di Pentecoste, la giovane Luisa si trovava nel periodo più angoscioso della vita: il marito, Antoine Le Gras, segretario della famiglia de’ Medici era gravamente malato. Il suo era stato un matrimonio dettato dalla convenzione sociale dell’epoca: già in giovane età, Luisa, sentiva nel suo cuore un dialogo del tutto speciale con il Signore; desiderava tanto divenire sua Sposa piuttosto che sposare Antoine Le Gras. E così in quella Pentecoste del 1623, visto le condizioni di salute del marito, il pensiero di Luisa corre prepotentemente di nuovo al Signore. Un evento, dunque, così fondamentale, da essere ricordato ogni anno, tanto da celebrarlo con un ritiro spirituale che la santa francese faceva annualmente nel periodo dell’Ascensione: dieci giorni nei quali invocare i sette doni dello Spirito Santo al quale - come sottolineato nei suoi Scritti - “le anime veramente povere e desiderose di servire Dio” devono guardare e avere fiducia piena per poter “fare la santissima volontà di Dio”. E proprio questo desiderio di “fare la santissima volontà di Dio” sarà il fine dell’intera sua esistenza.
“Tutti i disordini della vita dipendono dal non esserci dati interamente a Dio nel ricevere lo Spirito Santo; e, in effetti, si nota uno strano contrasto fra quelli che hanno accolto i suoi doni e quelli che non li hanno accolti: le azioni di quest’ultimi sono tutte terrestri”. In queste parole è facile comprendere quanto sia stato importante nella spiritualità di Santa Luisa de Marillac la tematica dello Spirito Santo. E, in un’altra pagina sempre dei suoi Scritti, troviamo: “Egli m’insegna il distacco generale da tutte le creature e persino dalla dolcezza della sua presenza, perché lo Spirito Santo, trovando l’anima mia vuota da ogni impedimento, sgombra da qualsiasi ostacolo, possa riempirla dei suoi doni, trarla dai suoi languori, e renderla attiva e vigilante con la sua virtù”.
Altro punto fondamentale per delineare la sua spiritualità è quello che riguarda l’abbandono alla Divina Provvidenza. Santa Luisa fa costantemente affidamento sulla fiducia nella Provvidenza sia nella sua vita personale che nella direzione della Compagnia delle Figlie della Carità. Luisa trasmetteva ciò che viveva e lo insegnava alle consorelle, a tutti i collaboratori della missione.
Così scrive alle sorelle di Nantes, nel 1650: “Prego tutte le nostre suore di rimanere fortemente attaccate a ciò che la Divina Provvidenza dispone, amando quelle sue disposizioni e abbandonandole di nuovo con la certezza che, se saremo fedeli a tal punto , la sua bontà non ci abbandonerà e tutto ciò che attualmente ci provoca dolore provocherà il nostro più grande conforto”. Alla fine della sua vita, nel 1659, Santa Luisa scriverà: “Le Figlie della Carità devono riporre tutta la loro fiducia nella Provvidenza, non nei potenti o nei saggi e ancor meno nella propria diligenza”.