Città del Vaticano , giovedì, 14. marzo, 2024 13:00 (ACI Stampa).
Tre miracoli riconosciuti e due martiri, di cui una che coinvolge 15 persone, sono state riconosciute dal Dicastero delle Cause dei Santi e approvate da Papa Francesco. Andranno così alla gloria degli altari 15 martiri del comunismo, un sacerdote martire del nazismo, e poi un patriarca maronita del XVII secolo, un sacerdote nobile che decise di dare la sua vita ai più poveri e un sacerdote spagnolo che fu anche perito del Concilio Vaticano I.
Primo nella lista dei nuovi beati è il patriarca di Antiochia dei Maroniti Stefano Douahy (1630 – 1704), brillante studente a Roma che però decise invece di rientrare in Libano, per aiutare la comunità maronita, occupandosi della formazione pastorale dei ragazzi di Ehden, aiutando il vescovo di Aleppo Andraas Akhijan – che poi fu il primo patriarca siriano – cattolico – predicando molto nella Chiesa Maronita insegnando il Primato della Chiesa Romana.
Accolto tra i missionari di Propaganda Fide in Oriente, rifugiato a Jeita per via delle persecuzioni, tornò poi ad Aleppo e quindi in Libano, dove l’8 luglio 1688 fu elevato alla dignità episcopale come vescovo dell’arcieparchia di Cipro, e nel 1670 su eletto patriarca dei Maroniti, incarico che portò avanti tra mille difficoltà per via della situazione difficile del Libano, allora sotto dominazione ottomana.
È stato anche riconosciuto un miracolo attribuito all’intercessione di don Giuseppe Torres Padilla (1811 – 1878), cofondatore delle suore della Compagnia della Croce, che operò anche come Consultore Pontificio nella Commissione di Disciplina Ecclesiastica del Concilio Vaticano I. Nel 1862, conobbe María de los Ángeles Guerrero González – Santa Ángela de la Cruz – operaia in un calzaturificio, particolarmente dedita alla carità ed alla preghiera, e fu lei, aiutata da don Padilla, a costituire la prima comunità delle Hermanas de la Compañía de la Cruz. Era conosciuto a Siviglia come El Santero.
Il terzo miracolo riconosciuto è quello di don Camillo Costa de Beauregard (1841 – 1910), che veniva da una famiglia nobile e che, dopo aver studiato a Roma, rifiutò di entrare nell’Accademia dei Nobili Ecclesiastici per intraprendere la carriera diplomatica e ritornò in diocesi a Chambéry, dove fu assunto come viceparroco della cattedrale il 3 agosto 1867.