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Diplomazia pontificia, Papa Francesco incontra il leader di opposizione di Catalogna

L’incontro del Papa con il leader dell’opposizione catalana Salvador Illa. Il possibile viaggio alle Canarie. La situazione in Terrasanta

Papa Francesco, Salvador Illa | Papa Francesco con il capo dell'opposizione in Catalogna, Salvador Illa, Palazzo Apostolico Vaticano, 7 marzo 2024 | Vatican Media / ACI Group Papa Francesco, Salvador Illa | Papa Francesco con il capo dell'opposizione in Catalogna, Salvador Illa, Palazzo Apostolico Vaticano, 7 marzo 2024 | Vatican Media / ACI Group

Papa Francesco ha incontrato lo scorso 7 marzo il leader dell’opposizione di Catalogna, Salvador Illa. È l’ennesimo segno di attenzione del Papa nei confronti della Catalogna, anche perché lo scorso 6 novembre il Papa aveva incontrato il presidente di Catalogna Pere Aragonés. Per diverso tempo, si è pensato anche a un possibile viaggio di Papa Francesco a Manresa per il cinquecentenario della presenza di Sant’Ignazio, fondatore dei Gesuiti, nel 2022. Quel viaggio non ha mai avuto luogo.

Mentre sembra possibile una tappa di Papa Francesco alle Canarie, magari come scalo nel volo che lo dovrebbe portare in Argentina, forse il prossimo novembre. È solo una ipotesi, che però viene ricevuta con ottimismo.

Tra gli ultimi incontri diplomatici del Papa, anche quello, il 17 febbraio, con il presidente della Mezzaluna Rossa di Palestina, con il quale ha parlato della situazione a Gaza.

                                                           FOCUS PAPA FRANCESCO

Lo scorso 7 marzo, Salvador Illa, leader del Partito Socialista di Catalogna e capo dell’opposizione, ha incontrato Papa Francesco e con lui ha parlato della convivenza nella regione. A parere di Illa – ha detto lo stesso politico alla EFE dopo l’udienza con il Papa – la recente legge sull’amnistia ha permesso alla Catalogna di recuperare il senso di convivenza, specialmente perché l’amnistia include anche le persone investigate per terrorismo e tradimento.

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Tra i beneficiati dell’amnistia, l’ex presidente della Generalitat catalana Carles Puidgemont, il deputato della Esquerra Republicana de Catalunya (ERC, Sinistra Repubblicana di Catalogna) Rubén Wagensberg, recentemente fuggito in Svizzera, e la segretaria generale dei repubblicani Marta Rovira.

Al Papa, Illa ha voluto sottolineare che la norma è “molto importante per la riconciliazione, per la normalizzazione politica, sociale e istituzionale di Catalogna”, e ha spiegato alla EFE che “il caso ha voluto che la mia visita a Papa Francesco coincidesse con un momento molto rilevante per la Catalogna”.

Durante l’incontro, Illa ha donato a Papa Francesco due libri: La Sagrada Familia de Barcelona. Cuando las piedras gritan, di Rodolf Puigdollers, padre scolopio, dottore in Teologia e rettore delle parrocchie di Sant Sadurní de la Roca del Vallès – di cui è stato sindaco – e di Santa Maria del Jaire de la Torreta. Quindi, il libro El brodat de la Creació de la catedral de Girona, di Carles Mancho.

Una visita alle Canarie per Papa Francesco?

Tra i viaggi dell’anno di Papa Francesco, ci potrebbe anche essere una visita alle Canarie, in Spagna. Non sarebbe un viaggio nel Paese – il Papa ha detto più volte di non voler privilegiare i Paesi grandi e con una asta tradizione cattolica – ma una visita nelle isole che ospitano un grande hub di migranti.

Il Papa ha detto che sta pensando di viaggiare verso le isole alla giornalista spagnola Eva Fernandez durante un breve scambio il 26 gennaio scorso, al termine dell’udienza concessa all’Associazione di Giornalisti Accreditati Presso il Vaticano.

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L’idea di un viaggio verso le Canarie si è cominciata a sviluppare lo scorso 15 gennaio, quando il Papa ha ricevuto il presidente delle Canarie, Fernando Clavijo, insieme ai tre vescovi dell’arcipelago – il vescovo di Tenerife Bernardo Álvarez, il vescovo di Gran Canarias José Mazuelos e il suo vescovo ausiliare Cristóbal Déniz.

Clavijo ha detto che, ricevendo l’invito a visitare le Canarie, il Papa ha assicurato che “lo avrebbe tenuto in considerazione”, e ha aggiunto che gli abitanti delle Canarie riceveranno il pontefice “con orgoglio, con illusione, con speranza e con molto amore”.

Papa Francesco potrebbe fermarsi alle Canarie facendo scalo durante un suo eventuale viaggio in Argentina, forse a novembre. Ancora, tuttavia, non c’è conferma del viaggio in Argentina.

Anche Yolanda Diaz, vicepresidente del Governo e ministra del Lavoro, si è detta “ottimista” di un possibile viaggio del Papa alle Canarie dopo l’incontro che ha avuto con Papa Francesco lo scorso 2 febbraio.

Papa Francesco incontra il presidente della Mezzaluna Rossa Palestinese

Il 17 febbraio, Papa Francesco ha ricevuto in udienza Younis Al Khatib, presidente della Mezzaluna Rossa Palestinese, e con lui ha discusso della crisi umanitaria nella Striscia di Gaza, dove Israele sta conducendo una operazione militare in risposta alla strage di Hamas del 7 ottobre.

I due hanno parlato in particolare delle condizioni umanitarie dei palestinesi accampati a Rafah, all’estremo sud della striscia, dove si trovano 1,5 milioni di sfollati.

Si è trattata della prima udienza privata dal dirigente dell’organizzazione umanitaria palestinese e Papa Francesco, che lo aveva incontrato comunque l’ultima volta dal 2018. L’incontro è stato facilitato dal presidente della Regione Lazio Francesco Rocca, ex presidente della Federazione Internazionale di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa, che ha accompagnato al Khatib in Vaticano.

                                               FOCUS NUNZIATURE

Un nuovo nunzio in Corea e Mongolia

Papa Francesco ha nominato lo scorso 2 marzo l’arcivescovo Giovanni Gaspari come nunzio in Corea e Mongolia. Il nuovo nunzio, che finora era nunzio apostolico in Angola e São Tomé e Príncipe, prende il posto dell’arcivescovo Alfred Xuereb, che aveva terminato il mandato a Seoul poco prima del viaggio di Papa Francesco in Mongolia, e che è stato successivamente nominato nunzio in Marocco dopo un breve periodo senza incarichi.

La nomina dell’arcivescovo Gaspari è la terza nomina di un nunzio esperto in Paesi chiave negli ultimi tempi, un cambio di tendenza rispetto al periodo in cui a capo della Terza Sezione c’era l’arcivescovo Jan Pawlowski. Il nuovo capo della Terza Sezione, l’arcivescovo Luciano Russo, nominato il 10 settembre 2022, privilegia infatti nunzi esperti, come testimonia la designazione dell’arcivescovo Francisco Escalante Molina in Giappone, o anche diplomatici di prima nomina con una grande esperienza – come è il caso di monsignor Mauro Lalli, destinato alla nunziatura di Papua Nuova Guinea dopo una vasta esperienza in varie nunziature nel mondo.

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Chi è l’arcivescovo Gaspari? Abruzzese, originario di Pescara, nato nel 1963 e sacerdote dal 1987, è nel servizio diplomatico della Santa Sede nel 2001, e ha lavorato nelle rappresentanze pontificie di Iran, Albania, Messico, Lituania per poi lavorare in Segreteria di Stato, nella sezione dei Rapporti con gli Stati.

Nel settembre 2020 Francesco lo aveva nominato come nunzio in Angola e in São Tomé e Príncipe.

                                               FOCUS SEGRETERIA DI STATO

Il Cardinale Parolin inaugura l’anno giudiziario vaticano

Il 2 marzo, il Cardinale Parolin ha presieduto la Messa in occasione dell’inaugurazione dell’Anno Giudiziario vaticano nella cappella Paolina.

Nell’omelia, il Cardinale ha parlato, commentando la parabola del figliol prodigo, della misericordia di Dio che implica “un chiaro riconoscimento e una conseguente condanna del male compiuto”, e così anche il padre, che comunque disposto ad accogliere il figlio minore che ritorna, non potrà in alcun modo “giustificare ciò che ha fatto né sminuirne la gravità”.

È l’atteggiamento che deve avere anche la giustizia, perché nel riconoscimento delle attenuati le circostanze non devono essere “confuse” con il semplice bonismo, perché non cancella le esigenze legate al dare soddisfazione per l’offesa commessa.

Il cardinale ha anche definito le varie categorie di giustizia. Una è la giustizia “di ordine temporale, espressa attraverso leggi e norme, che richiede rispetto e applicazione attraverso la funzione giudiziaria”, necessaria “per mantenere l’ordine fondamentale delle relazioni umane e fermare la violenza e l’abuso”.

A questa giustizia si aggiunge una giustizia particolare, definita in ebraico hesed, che non è solo giustizia, ma anche “bontà, fedeltà, grazia, amore e misericordia”, ed è in quell’hesed che è racchiuso “il centro, il cuore della rivelazione neotestamentaria realizzata attraverso il Signore Gesù Cristo”.

La misericordia di Dio – ha aggiunto il Cardinale Parolin – si differenzia dalla “amnistia semplicistica e generale” perché pur essendo “concessa incondizionatamente e costantemente” per essere efficace è necessario il pentimento, e questo movimento di “adesione libera e consapevole” porta il peccatore a scoprire che “non solo il padre lo aspetta, ma che, abbracciandolo, comanda che si dia una festa in suo onore”.

Ma si potrebbe riflettere sulla giustizia anche sul piano temporale del diritto penitenziario, “limitando la carcerazione ai casi di estrema necessità e rendendola, al tempo stesso, quanto più ‘redentiva’ possibile, come effettiva occasione di rieducazione e redenzione per l’uomo che sbaglia”.

Di cosa ha parlato l’arcivescovo Gallagher in Turchia?

Parlando lo scorso settimana all’Antalya Diplomacy Forum, l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, ministro vaticano per i Rapporti con gli Stati, ha affrontato la situazione in Terrasanta, criticando l’indifferenza globale nei confronti della guerra a Gaza e ha chiesto un maggiore impegno internazionale per una soluzione negoziata del conflitto.

“Questa guerra – ha detto il “ministro degli Esteri” vaticano durante una tavola rotonda – va avanti da mesi. C’è un bisogno assoluto e urgente di mediazione”.  L’arcivescovo ha chiesto il coinvolgimento di più mediatori internazionali negli sforzi di pace.

L’Antalya Diplomacy Forum ha coinvolto quest’anno 4600 politici, diplomatici, imprenditori e scienziati provenienti da 110 Paesi, tra questi c’erano oltre 20 capi di Stato e di governo e 60 ministri degli Esteri. Hanno discusso di “Avanzare la diplomazia in tempi turbolenti”.

In questo contesto si è svolto anche l'incontro tra l'arcivescovo Gallagher e il suo omologo azerbaigiano Jeyhun Bayramov.

Giovedì scorso, l’arcivescovo Gallagher ha incontrato il patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I. All'incontro hanno partecipato anche: il Metropolita Emmanuel di Calcedonia e l'Arcivescovo Marek Solczyński, Nunzio Apostolico in Turchia, Azerbaigian e Turkmenistan.

                                                           FOCUS TERRASANTA

La dichiarazione dell’ambasciatore di Israele presso la Santa Sede

Rafael Schutz, ambasciatore di Israele presso la Santa Sede, ha sottolineato lo scorso 5 marzo in un post sulla piattaforma X (ex Twitter) la posizione di Israele riguardo le richieste continue di cessate il fuoco. “A volte – ha scritto l’ambasciatore – l’ovvio dovrebbe non solo essere stabilito, ma anche ripetuto: un cessate il fuoco non è un obiettivo in sé. È desiderato solo se garantisce il rilascio degli ostaggi. Senza quello, ogni tregua è un premio ad Hamas, dà forza all’organizzazione terroristica, permette la sua riabilitazione. Ci sono guerre giuste. Ci sono cattivi cessate il fuoco. I giudizi superficiali dovrebbero essere evitati”.

                                                           FOCUS EUROPA

Aborto in Costituzione in Francia, la posizione del vicepresidente della COMECE

L’arcivescovo Antoine Hérouard di Digione, vicepresidente della COMECE, ha commentato in una intervista con il SIR l’inclusione della garanzia della libertà per le donne di ricorrere all’aborto nella Costituzione Francese.

I vescovi, ha spiegato Herouard, sono “in favore della vita”, e “il problema non è tanto la legge sull’aborto in sé stessa quanto il fatto che non vengono affrontati i problemi di fondo. Quando all’inizio la legge presentata da Simone Veil nel ’74 è stata votata, si affermava che la legge era pensata per mettere fine ad una situazione di grande pericolo. E invece vediamo che il numero degli aborti aumenta e oggi ha raggiunto la cifra più alta di sempre. In Francia siamo a 235.000 aborti l’anno. Si tratta di una cifra enorme”.

In particolare, l’arcivescovo Herouard ha notato che “nessuno, nessun partito, oggi rimette in causa la libertà di scegliere. Non c’è un pericolo su questo punto. Si tratta piuttosto di vedere perché tante donne hanno ricorso e ricorrono all’aborto. Questo costituisce un atto grave che ha delle conseguenze, anche psicologiche, profonde su tante donne”.

Non convince, in particolare, “il fatto di mettere questa libertà nella Costituzione, perché la Costituzione è piuttosto il quadro giuridico di funzionamento dello Stato della democrazia. Non si tratta di mettere tutte le leggi dentro la Costituzione. Anche per questo i vescovi non sono favorevoli”.

Il vicepresidente COMECE ha sottolineato anche come l’iniziativa “si inserisce a livello europeo nel desiderio di introdurre nella Carta dei diritti fondamentali dell’Europa questa libertà sull’aborto. Ma vediamo che fra i paesi dell’Unione europea la situazione è molto diversa. Sappiamo per esempio che a Malta l’aborto è addirittura vietato. Non è neanche una questione di diritto europeo in sé, perché le questioni che rimandano ai problemi etici e familiari, dipendono soltanto dalle legislazioni nazionali. C’è però questo sforzo da parte del governo francese e del presidente Macron di fare volate in avanti come un segnale anche a livello internazionale”.

L’arcivescovo di Digione ha rimarcato che il no dei vescovi non riguarda il giudizio che si dà alle donne che chiedono un aborto, ma piuttosto significa “che l’aborto non può essere un mezzo semplicemente di contraccezione. L’aborto rimane sempre un atto grave che ha delle conseguenze nella vita della donna. E lo vediamo spesso nelle donne che hanno avuto un’interruzione volontaria di gravidanza anche 20 o 30 anni fa e che poi si rivolgono ad un sacerdote per dire che per loro quella esperienza è rimasta come una ferita profonda. Quello che vogliamo quindi dire è che non si può trattare questa dimensione dell’aborto soltanto come un diritto. È una cosa intima che riguarda la donna, e anche l’uomo”.

La COMECE alla Corte di Giustizia Europea

Il 29 febbraio, la Commissione Affari Giuridici della Commissione delle Conferenze Episcopali dell’Unione Europea (COMECE), presidetu da SE Mons. Theodorus CM Hoogenboom, ha effettuato una visita di studio presso la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con un programma che ha previsto momenti di scambio e dialogo formali e informali.

In particolare, ci si è focalizzati sul ruolo crescente delle religioni, in particolare nell’ambito della non discriminazione, nonché sull'articolo 17 paragrafo 1 TFUE nella giurisprudenza dell'UE. Si è parlato anche del ruolo tecnico del Tribunale.

Nel corso dello scambio con i giudici, i membri della Commissione Comece hanno fatto riferimento al concetto di 'neutralità' in un contesto secolarizzato, con particolare riguardo ai simboli religiosi nella società. Inoltre, hanno sottolineato la necessità di evitare che la religione venga relegata alla sfera privata, rispettando l'identità di ciascuno Stato membro e promuovendo la tolleranza.

Alla visita alla Corte di Giustizia dell'Ue ha fatto seguito una sessione della Commissione Affari Giuridici della COMECE. Questa sessione è stata dedicata alla nuova proposta dell'UE di aggiornare le norme di diritto penale sull'abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori, nonché sui casi nazionali GDPR e sulla macellazione rituale degli animali rispetto alla libertà di religione.

La Commissione Affari Giuridici della COMECE si riunirà per la prossima riunione il 18 e 19 settembre 2024.

                                                FOCUS MULTILATERALE

La Santa Sede a Ginevra, l’impegno contro i sistemi di armi automatiche

Il 4 marzo, si è tenuta a Ginevra una riunione del Gruppo di Esperti Ambientali sulle Tecnologie Emergenti nell’Area dei Sistemi di Armi Letali Autonomi (LAWS).

Durante lo scambio generale di vedute, l’arcivescovo Ettore Balestrero, osservatore della Santa Sede presso le Organizzazioni Internazionali di Ginevra, ha sottolineato che, come sottolinea Papa Francesco nel messaggio per la Giornata Mondiale per la Pace di quest’anno, non si può sfuggire dalle serie questioni etiche riguardanti il sistema degli armamenti, e rimarcato che “l’urgenza del tema cresce a causa dello sviluppo diffuso e l’uso di droni armati, inclusi i droni kamikaze e quelli a sciame, cosa che crea minore percezione delle devastazioni causate.

Il punto, ha notato l’arcivescovo Balestrero, è che “i sistemi autonomi di armamenti non possono essere soggetti moralmente responsabili”, mentre gli esseri umani “hanno la capacità unica di avere un giudizio morale e prendere decisioni in modo etico che non può essere replicato da un complesso set di algoritmi, e quella capacità non può essere ridotta a una macchina programmatrice che, per quanto intelligente, resta una macchina”.

Insomma, quando opera senza alcuna “diretta supervisione umana”, quei sistemi “possono compiere errori nell’identificare gli obiettivi previsti a causa di influenze non identificate indotte dalle loro capacità di auto-apprendere”.

Per questo, è “cruciale di assicurare una supervisione umana sufficiente, significativa e consistente” su tutti i sistemi di intelligenza artificiale”.

L’arcivescovo Balestrero mette in luce come i sistemi di armamenti autonomi mancano anche della capacità di “comprendere le conseguenze del causare ‘sofferenza eccessiva o non necessaria’, di impegnarsi in uccisioni indiscriminate o aderendo ai principi dell’umanità”. Sono principi codificati, nota la Santa Sede, nella Legge Umanitaria Internazionale, e richiedono “interpretazione, buona fede, giudizio prudente”, che sono tutti “insostituibili tratti umani”, mentre la macchine, che sono “oggetti e non soggetti”, non possono “davvero pensare, sentire, decidere o essere responsabili per le loro azioni”, ma possono piuttosto “eseguire istruzioni e simulare il comportamento umano”.

Per questo, “non è corretto dire che le macchine possano decidere o giudicare: nonostante la loro complessità, le macchine non possono avere la parola finale sugli esseri umani”.

Sulla questione delle armi letali autonome, le cosiddette LAWS, la Santa Sede è da sempre stata in prima linea, anche da prima questa nuova ondata di intelligenza artificiale, e l’arcivescovo Balestrero ricorda che la Santa Sede ha sostenuto la negoziazione di uno “strumento legalmente vincolante” sulle LAWS e, nel frattempo, su “una immediata moratoria riguardo il loro sviluppo e uso”, perché “è sempre più urgente avere risultati concreti considerando la velocità degli avanzamenti tecnologici”.

La Santa Sede, quindi, incoraggia a lavorare specificatamente sullo scopo “delle proibizioni o del regolamento dei sistemi di armamenti basati sul loro grado di autonomia, tenendo fermamente al centro delle nostre deliberazioni il riferimento fondamentale alla dignità della persona umana”.

La Santa Sede a Ginevra, la discussione sulla tratta e l’abuso dei bambini

Il 5 marzo, la 55esima sessione del Consiglio dei Diritti Umani a Ginevra ha avuto un dialogo con il relatore speciale sulla vendita, lo sfruttamento e l’abuso sessuale dei bambini.

L’arcivescovo Ettore Balestrero ha sottolineato che “ogni bambino è un capolavoro unico creato, valorizzato e amato da Dio”, e per questo lo sfruttamento sessuale e l’abuso dei bambini è “una orribile violazione della loro dignità” e “considerando la loro vulnerabilità, ha devastanti conseguenze che durano per la vita”.

La Santa Sede concorda con il relatore speciale che lo sfruttamento sessuale dei bambini, sia all’interno che all’esterno della industria di intrattenimento, è “favorito dalla mancanza di accordo su principi etici inviolabili, linee soffuse tra comportamenti accettabili e inaccettabili e l’esposizione dei minori a contenuti e stili di vita basati su forme di auto-soddisfazione che oggettificano gli esseri umani e banalizzano le relazioni personali”.

La Santa Sede punta particolarmente il dito sulla “crescita drammatica della pornografia nel mondo digitale”, cui i minori accedono ampiamente via internet, e che ha “conseguenze durevoli sulla loro psicologia” e causano dipendenza, comportamento violento e relazioni sessuali ed emotive complicate.

L’arcivescovo Balestrero nota che il rapporto “mette grandemente in luce” l’ampiezza di produzione e disseminazione di materiale di abusi sui bambini attraverso il mercato commerciale on line, che genera oltre il 70 per cento di contenuto on line abusivo, e denuncia che gli attuali tentativi di legittimare i materiali auto-generati perché non sono abusivi è “particolarmente preoccupante”.

La Santa Sede concorda anche con le conclusioni del relatore speciale che “il diritto dei minori alla libertà di espressione non è assoluto, in particolare quando mette in difficoltà la loro salute fisica e psicologica o li espone all’abuso”.

Per questo, la Santa Sede chiede di ampliare gli sforzi, anche in cooperazione con i provider di cooperazione, per supportare i genitori nel “soddisfare la loro responsabilità primaria di guidare la crescita psicologica e spirituale dei bambini”, mentre c’è anche bisogno di una cooperazione multi-settoriale e internazionale tra l’intelligence, la polizia e le autorità giudiziarie, essenziale per “identificare, indagare e giudicare gli abusatori e smantellare i network di pornografia infantile”.

La Santa Sede a Ginevra, dialogo su libertà di religione o di credo

Il 6 marzo, la 55esima Sessione del Consiglio dei Diritti Umani a Ginevra ha ospitato un dialogo interattivo con il relatore speciale sulla libertà di religione o di credo.

L’arcivescovo Ettore Balestrero, Osservatore Permanente della Santa Sede presso le Organizzazioni internazionali a Ginevra, ha ricordato che “oggi, i sentimenti anti-religiosi sono pericolosamente prevalenti”, e che “quasi 4,5 miliardi di persone vivono in nazioni dove la libertà religiosa è fortemente ristretta”, cosa che significa che circa il 57 per cento della popolazione mondiale non gode di libertà religiosa”.

Inoltre, le statistiche mostrano che “i cristiani sono il gruppo più perseguitato di credenti”, e circa un cristiano ogni sette sperimenta persecuzione”.

L’arcivescovo Balestrero ha sottolineato che “sfortunatamente, la religione può essere strumentalizzata e abusata per promuovere l’odio”, ma che tuttavia “la vera religione non promuove mai l’odio dell’altro”, perché “come si sa bene, non c’è costrizione nella religione”.

Per questo, è importante “esercitare particolare cautela quando si discute dell’odio religioso”, in quanto il termine hate speech (discorso di odio) è “generico e suscettibile a interpretazione soggettive, variegate e potenzialmente pregiudiziali”.

La Santa Sede nota come on ci sia una definizione legale “accettata internazionalmente” di hate speech, e questo è riconosciuto dal Rapporto. Allo stesso tempo, come riconosciuto dall’articolo 18 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, il diritto alla “libertà di religione, coscienza e credo include il diritto a manifestare il credo religioso nell’insegnamento, la pratica, il culto e l’osservanza”.

La Santa Sede nota dunque che “l’espressione legittima delle convinzioni religiose e dell’insegnamento dei principi morali e religiosi non dovrebbe essere mai considerato hate speech, e che si deve senza dubbio “rifiutare la strumentalizzazione della religione per scopi di odio”, avendo allo stesso tempo cura che “il rifiuto dell’odio su basi religiose non diventi una scusa per opprimere o restringere la libertà dei credenti e dei credi religiosi”.

La Santa Sede all’Organizzazione degli Stati Americani

Il 7 marzo, si è tenuta presso l’Organizzazione degli Stati Americani la presentazione dello “Studio sul diritto alla libertà di coscienza e religione o credo – Standard su libertà di religione o credo”, curata dalla Commissione Interamericana dei Diritti Umani.

Nel dibattito, monsignor Juan Antonio Cruz Serrano, Osservatore Permanente della Santa Sede all’Organizzazione degli Stati Americani, ha notato che le statistiche più recenti mostrano che “la libertà religiosa viene violata in quasi un terzo delle nazioni del mondo”, e che “è significativo che tra le cinquanta nazioni con le maggiori violazioni di libertà religiosa, quattro sono in questo emisfero”, e che il diritto alla libertà religiosa è rotto “particolarmente contro i cristiani”.

Monsignor Cruz Serrano non manca di mettere in luce che, sebbene il rapporto fosse chiamato ad esaminare gli standard inter-americani sulla libertà religiosa, “contiene discussioni che lasciano perplessi, e che implicano, senza alcun supporto, che la libertà di religione e credo sia in tensione con le libertà di vari settori della società, incluse le donne e gli individui LGBTQ+”. Sono implicazioni “preoccupanti” e che dovrebbero essere “evitate”.

Inoltre – aggiunge l’osservatore della Santa Sede, “il diritto dei genitori e le loro responsabilità riguardo l’educazione dei loro figli sono i diminuzione, e ci sono suggerimenti che lo Stato possa interferire nelle istituzioni ecclesiastiche, inclusa la selezione di insegnanti di fede”.

La Santa Sede, a questo riguardo, “enfatizza che il rispetto della libertà religiosa è un segno distintivo della civilizzazione politica e giuridica”, perché “garantisce la realizzazione dell’autentico sviluppo integrale della persona umana”, e promuove “giustizia, unità e pace per la famiglia umana” nonché incoraggia “la ricerca di verità che si focalizza su Dio e su valori etici spirituali e universali condivisi”.

La Santa Sede nota anche che la violazione dei diritti dei genitori di educare e crescere i bambini “va contro la Convenzione dei Diritti del Fanciullo”, ratificata da quasi tutti gli Stati dell’Organizzazione degli Stati Americani.