Città del Vaticano , martedì, 5. marzo, 2024 17:00 (ACI Stampa).
“La Scrittura ci spiega che ciò che diamo non è altro che ciò che abbiamo ricevuto gratuitamente. Dio è Colui che dà e noi siamo solo amministratori di beni ricevuti, perciò non dobbiamo gloriarci né esigere un compenso maggiore di quello del proprio salario, assumendoci con umiltà la responsabilità che questo dono ci richiede”. Lo ha scritto il Papa nel messaggio inviato ai partecipanti all'incontro con le istituzioni e gli organismi di aiuto alla Chiesa in America Latina.
“Il Signore – ha sottolineato Papa Francesco – ci ha dato tutto e si è dato a noi infinite volte: facendoci a sua immagine, capaci di amare, dandoci prove del suo amore nel corso della Storia della Salvezza, nel dono di Cristo sulla croce, nella sua presenza nel sacramento dell’Eucaristia, nel dono dello Spirito Santo. Pertanto tutto ciò che abbiamo o è di Dio o è prova e pegno del suo amore. Se perdiamo questa consapevolezza nel dare e anche nel ricevere, snaturiamo la sua essenza e la nostra. Da amministratori solleciti di Dio diventiamo schiavi del denaro”.
“Dio si dà – ha aggiunto - in mezzo al suo Popolo. Il nostro dare non può non tener conto di questa verità ineluttabile, che sappiamo essere certa anche nella nostra storia personale e comunitaria. Non evitiamo quindi chi è cieco, chi resta a terra sul ciglio della strada, che è coperto di lebbra o di miseria, piuttosto chiediamo al Signore di essere capaci di vedere ciò che impedisce loro di affrontare le proprie difficoltà”.
“Dio – ha proseguito il Papa nel messaggio – si dà sempre e totalmente. Dio non pone limiti, mille volte pecchiamo, mille volte ci perdona. Attende nella solitudine silenziosa del Tabernacolo che torniamo a Lui, mendicante del nostro amore. Nella santa Comunione non riceviamo un pezzetto di Gesù, ma tutto Gesù, in corpo e sangue, anima e divinità. Questo fa Dio, fino a farsi povero per noi, per arricchirci attraverso la sua povertà. Pertanto, possiamo concludere che la gratuità è imitare il modo in cui Gesù si dona per noi, suo Popolo, sempre e totalmente, nonostante la nostra povertà per amore”:
“L’amore non ha agenda, non colonizza, ma s’incarna. Perciò lo sforzo – ha concluso - non è inutile, perché c’è un fine. Dandoci così, imitiamo Gesù che si è donato per salvare tutti noi. Abbracciare la croce non è segno di insuccesso, non è un lavoro vano, è unirci alla missione di Gesù di portare ai poveri un lieto messaggio. È toccare concretamente la ferita di quel fratello, di quella comunità, che ha un nome, che ha un valore infinito per Dio, per dargli luce, rafforzare le sue gambe, mondare la sua miseria, offrendogli l’opportunità di rispondere al progetto di amore che il Signore ha per lui, chiedendo in ginocchio che, giungendo lì, Gesù trovi fede in quella terra”.