Erevan , venerdì, 1. marzo, 2024 12:30 (ACI Stampa).
È ancora critica la situazione in Nagorno Karabakh, in armeno Artsakh, territorio contesto tra Armenia e Azerbaijan: i primi ne mettono in luce la maggioranza etnica e la volontà popolare di essere stato cristiano, con la sua eredità culturale cristiana; i secondi sottolineano che il territorio ha una lunga tradizione azerbaijana, albaniana, lamentano che la maggioranza armena ha distrutto le prove dell’antica popolazione non armena sul territorio. È una guerra ibrida, che tocca la popolazione ma che riguarda anche la riscrittura della storia di un territorio laddove i cristiani sono presenti da millenni.
Così, il conflitto tra Armenia e Azerbaijan di quattro anni fa, conclusosi con una accordo doloroso per l’Armenia che ha perso il controllo di alcuni luoghi cristiani, ha lasciato ferite ancora aperte. Come quella dei prigionieri di guerra, ancora detenuti in Azerbaijan, nonostante l’accordo siglato tra Armenia e Azerbaijan preveda che tutti i prigionieri di guerra siano restituiti e nessuno venga arrestato dopo che l’accordo è entrato in vigore.
Tra i prigionieri di guerra, c’è un prigioniero di guerra cattolico, Gevorg Sujyan, presidente fondatore della “New Armenia Homeland – Diaspora Charitable NGO”, arrestato delle forze azerbaijane dopo l’accordo di cessate il fuoco del novembre 2020 insieme a Davit Davtyan, anche lui operatore umanitario.
Entrambi portavano aiuti umanitari vicino alla regione di Shushi. Sono stati processati nel 2021 e condannati a 15 anni di prigione in un centro di detenzione di Baku, con l’accusa di spionaggio. In una lettera aperta a Papa Francesco, Sujyan offre al Papa “l’amara tristezza e il tragico peso del suo cuore”, si pente dei suoi peccati e ricorda di “non essere un omicida, di non aver tradito, e tuttavia sono condannato come criminale. Sono incompreso. Sono lasciato senza speranza di sopravvivenza, sono intrappolato in una disperazione senza fine”.
Sujyan chiede al Papa di intercedere per la sua non meritata salvezza e libertà”, di “toglierlo dal profondo abisso”, perché “ho una famiglia, un figlio che attende il mio ritorno, piangendo lacrime senza fine”. E conclude: “Per favore aiutami, sii il mediatore che salverà la mia anima”.