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L’amicizia spirituale tra San Gabiele dell’Addolorata e Santa Gemma Galgani

La storia di questa amicizia spirituale è affascinante

Santa Gemma e san Gabriele |  | pd Santa Gemma e san Gabriele | | pd

Quando si parla di Dio non c’è spazio, non c’è tempo: tutto è inglobato in una linea retta che si dirama fino all’infinito. Le biografie dei santi fanno parte di questa retta così sterminata nel tempo: confluiscono e si intrecciano fra loro. Nella storia agiografica non sono pochi gli esempi di incontri leggendari fra aureole: San Giovanni Bosco e San Luigi Guanella; Santa Madre Teresa di Calcutta e San Giovanni Paolo II; San Filippo Neri e San Felice da Cantalice; e la sequela potrebbe continuare ad libitum. Ma nella storia dei santi, c’è spazio anche a qualche incontro davvero speciale, unico, e “miracoloso” che travalica il tempo. Stiamo parlando dell’incontro spirituale - per motivi cronologici non potevano certo incontrarsi - fra Santa Gemma Galgani e San Gabriele dell’Addolorata, del quale oggi ricorre la memoria liturgica.

Il primo dato da evidenziare per descrivere questa amicizia è: Gabriele dell’Addolorata muore all’età di quasi ventiquattro anni (nel 1862), sedici anni prima della nascita di Gemma (1878). Secondo dato: il giovane passionista viene dichiarato santo nel 1920, cioè diciassette anni dopo la morte di Gemma. La ragazza viene, dunque, a conoscenza della vita di Gabriele quando il giovane passionista era ancora “solo” venerabile.

La storia di questa amicizia spirituale è affascinante. Gemma, a vent’anni, comincia a soffrire nel corpo per una curvatura alla spina dorsale; si ammala di meningite; inoltre, dei grossi ascessi le si formano sul capo fino a farle cadere i capelli. Le condizioni di salute della giovane si aggraveranno sempre più, giorno dopo giorno. Per questi motivi Gemma è costretta a letto. Viene a trovarla la sua maestra, tale Giulia Sestini e le porta un libro che le cambierà la vita: è la biografia dell’allora venerabile Gabriele dell’Addolorata. Ed è allora che la futura santa si abbandonerà alla sua protezione.

Sarà in lui a trovare forza nel periodo della sua malattia: decide di  cominciare una novena. Durante le preghiere, il 23 febbraio 1899, recitando il Santo Rosario, Gemma si accorge della presenza di San Gabriele. La visione è raccontata, nel suo Diario, con queste parole: “Vuoi guarire?… prega con fede il Cuore di Gesù; ogni sera, fino che non sarà terminata la Novena, io verrò qui da te, e pregheremo insieme il Cuor di Gesù”. Il primo marzo la novena è finita e la grazia è stata accordata: Gemma guarisce totalmente. “Da quel giorno che il mio nuovo protettore Venerabile Gabriele mi aveva salvata l’anima, cominciai ad averne divozione particolare: la sera non trovavo il sonno, se non avevo l’immagine Sua sotto al guanciale, e cominciai fino d’allora a vedermelo vicino (qui non so spiegarmi: sentivo la sua presenza). In ogni atto, in ogni azione cattiva che avessi fatta, mi tornava alla mente Confratel Gabriele, e mi astenevo”, così scriverà nel Diario. In un’altra apparizione il santo si presenta in questo modo: “Si aprì l'abito bianco e mi si fece vedere il vestito da Passionista; non tardai allora a riconoscerlo. Rimanevo in silenzio davanti a Lui. Mi dimandò perché avessi pianto nel privarmi della sua vita: non so quel che risposi; ma esso mi disse: “Vedi quanto ho gradito il tuo sacrifizio: l'ho gradito tanto, che son venuto io stesso a vederti. Mi vuoi bene?”. Non risposi. Mi accarezzò più volte e mi ripeté: “Sii buona, ché tornerò a vederti”. Mi dette a baciare l'abito suo e la corona, e andò via”.

Questo episodio avviene dopo aver ridato alla maestra il libro della biografia del santo passionista. In queste parole troviamo tutta la tenerezza che si instaura fra le due figure.

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Il Diario è il testimone silenzioso di tutto ciò, il “custode” dei loro colloqui, del loro scambio di confidenze, delle loro confessioni; nel leggerlo sembra quasi averli di fronte questi due ragazzi che nel cuore avevano l’impronta di Dio. Le parole che usa Santa Gemma sono dolcissime, colme di un’Amore che spezza l’orizzonte terreno e che raggiunge dritto il Cielo. Una fra le più belle pagine è certamente il racconto di una lettera scritta a San Gabriele: Gemma - così scrive - la consegna al proprio angelo custode.

“Ora poi oggi faccio una cosa: voglio scrivere a confratel Gabriele un biglietto; dopo lo consegno all’angelo custode, e ne aspetterò la risposta. E l’ho fatto: ho scritto una lettera assai lunga, ho parlato di tutte le mie cose senza tralasciarne alcuna; poi ho avvisato l’angelo custode che era in punto, e se la voleva… L’ho posta stasera, mercoledì, sotto il guanciale, e stamani, quando mi sono alzata, non ho pensato a guardarci, perché avevo di meglio in mente: andavo da Gesù. (...) Subito tornata, ho guardato e, curiosa!, la lettera non c'era più. Dico curiosa, perché lo sento dire da altri che è una cosa strana; a me non mi sembra però”.

Non poteva certamente sembrarle strano tutto ciò. Non poteva perché i santi seguono una logica tutta particolare, non di questo mondo: l’illogica logica di Dio.