Advertisement

Perché alcuni vescovi sono nominati dal presidente francese?

La scorsa settimana, le dimissioni del vescovo ausiliare di Strasburgo Gilles Reithinger sono comparse prima sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica. E non è il solo caso

Strasburgo | Una veduta di Strasburgo | Di Claude Truong-Ngoc / Wikimedia Commons - cc-by-sa-4.0, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=98590129 Strasburgo | Una veduta di Strasburgo | Di Claude Truong-Ngoc / Wikimedia Commons - cc-by-sa-4.0, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=98590129

Il 14 febbraio, la Sala Stampa della Santa Sede ha reso noto che Papa Francesco aveva accettato le dimissioni del vescovo ausiliare di Strasburgo Gilles Reithinger. Ma il dato interessante non era il motivo delle dimissioni – Reithinger, già presidente delle Missioni Estere di Parigi, era stato accusato di copertura di abusi, cosa da lui sempre negata, e ha lasciato per ufficiali “motivi di salute” – ma dal fatto che le sue dimissioni siano comparse prima sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Francese. Perché a Strasburgo è il presidente che nomina e accetta le dimissioni dei vescovi.

Si tratta, ovviamente, di un caso particolare. Ma ha le sue ragioni storiche, che vanno esplorate perché sono interessanti anche per comprendere quello che succede oggi.

Il processo di designazione del vescovo per l’arcidiocesi di Strasburgo risale ad almeno due secoli fa, e coinvolge anche la diocesi di Metz, che attua la stessa procedura. Il presidente della Repubblica è colui che nomina ufficialmente l’arcivescovo. Ma perché c’è questa specificità in un Paese, tra l’altro, come la Francia, considerata un tempo “Figlia primogenita della Chiesa” (e infatti il presidente è canonico di San Giovanni In Laterano) ma oggi completamente dedita alla laicité?

Il procedimento risale al concordato napoleonico, firmato nel 1801 dal Primo Console Napoleone Bonaparte e Papa Pio VII. Il concordato definisce questa procedura agli articoli 4 e 5.

Nel 1905, in concordato napoleonico venne abrogato con la legge sulla separazione tra Chiese e Stato, che stabiliva il principio della laicità. Ma questo nuovo concordato non riguardò le regioni del Basso Reno (dove si trova Strasburgo), dell’Alto Reno e della Mosella, perché queste nel 1871 erano passate sotto la gestione dell’Impero Tedesco.

Advertisement

Alla fine della Prima Guerra Mondiale, l’Alsazia e la Mosella Lorena ritornarono sotto l’amministrazione francese. Ma per quelle regioni, e solo per loro, si mantennero i principi del concordato napoleonico, anche su richiesta delle popolazioni locali.

Così il Concordato del 1801 è ancora in vigore in quelle regioni e attribuisce al capo dello Stato il potere di nominare il vescovo di Metz e l’arcivescovo di Strasburgo. Sgombriamo il campo da ogni tipo di equivoco: si tratta di un potere solo formale, perché è Roma, e non l’Eliseo, a scegliere. In pratica, si fa tutta la procedura vaticana: il nunzio apostolico raccoglie informazioni e presenta una terna di possibili candidati all’episcopato al Vaticano, il Dicastero per i Vescovi analizza i candidati e presenta alcune possibilità al Papa, il Papa prende la decisione finale. Una volta che il Papa ha deciso, tuttavia, la Santa Sede informa della decisione la Repubblica, e in particolare l’ufficio centrale delle Religioni del Ministero dell’Interno. E c ‘è lì un placet formale.

Certo, la Repubblica potrebbe anche dire di no. Ma non succede mai. Potrebbe succedere se la Santa Sede scegliesse un vescovo autonomista che inciti alla disobbedienza civile, in caso puramente ipotetico. Ma non succede per ragioni ideologiche, ai vescovi non viene detto no per le loro posizioni su vita e famiglia.

Tra l’altro, se succedesse, ci sarebbero problemi con l’opinione pubblica. Per esempio, nel 2013 una minima esitazione del ministero degli Interni guidato allora da Manuel Valls lasciò credere che la Republique avesse bloccato la nomina di un vescovo di Metz, perché giudicato troppo tradizionalista. Lo scandalo, tuttavia, rientrò presto.

Dopo la comunicazione vaticana, il presidente dà la sua approvazione con un decreto che resta riservato. Ricevuto il decreto, viene emessa la bolla pontificia di nomina, e successivamente viene redatto un secondo decreto presidenziale che “riceve la bolla di istituzione canonica” tradotta in francese (l’originale è in latino) e questa viene poi sottoposta al Consiglio di Stato, che fa a volte qualche proposta di modifica del testo, soprattutto formale – per esempio l’uso del presente al posto del futuro.

Quindi, Santa Sede e governo concordano di pubblicare la notizia della nomina contemporaneamente sulla Gazzetta Ufficiale e sull’Osservatore Romano.

More in Storie

È una situazione, particolare, quella francese, l’unica che resiste in Europa – c’erano accordi simili con la Spagna, ma anche con il Perù, caduti però in disuso. Mentre procedure Stato – Chiesa per la nomina dei vescovi ci sono ora in situazioni difficili, come in Cina (con l’accordo riservato provvisoriamente in vigore) o in Vietnam, mentre accordi simili si fecero con l’Ungheria nel 1968.

Di certo, la Santa Sede ha progressivamente lavorato per evitare ogni tipo di interferenza nella nomina dei vescovi che resta una prerogativa del Papa e del Papa soltanto, e che dunque con il tempo sono stati messi da parte tutti i possibili coinvolgimenti degli attori statali nelle nomine.

Il caso francese resiste perché c’è anche una tradizione storica che si impone. Qualcosa di simile c’è in Germania, dove si applicano le disposizioni dei Concordati stipulati tra Chiesa e Stato che risalgono agli Anni Venti del XX secolo.

Secondo il Concordato della Baviera, ad esempio, ogni vescovo e ogni Capitolo cattedrale delle diocesi bavaresi sono chiamati a presentare ogni tre anni alla Santa Sede una lista di candidati ritenuti idonei all’episcopato. Quando una sede episcopale si rende vacante, il capitolo diocesano della cattedrale interessata è chiamato a presentare di nuovo il proprio elenco di candidati. Il Papa sceglie il vescovo da tutte queste liste.

Anche il Concordato di Baden e quello di Prussia stabiliscono che i vescovi e i Capitoli delle cattedrali presentino alla Santa Sede delle liste di candidati idonei alla carica di vescovo. In quel caso, il Concordato stabilisce che “valorizzando queste proposte, la Santa Sede presenta tre candidati al capitolo della cattedrale, da cui quest’ultimo dovrà scegliere il vescovo a scrutinio libero e segreto”.

Il Concordato di Baden stabilisce che tra i tre candidati presentati al Papa ci debba essere almeno un membro della diocesi interessata.

Insomma, è il Papa a nominare i vescovi, ma come si arrivi a quella nomina è un tema che riguarda piuttosto la storia di ogni Paese, e gli specifici accordi Stato e Chiesa.