Roma , venerdì, 9. febbraio, 2024 18:00 (ACI Stampa).
Il ragazzino chiuso nella sua stanza, acceso di febbre e di dolori, ascolta la voce cantilenante della “tata” che gli racconta favole e leggende e le misteriose figure evocate da quei racconti si confondono con le ombre delle candele sul muro, mentre fuori la pioggia e il vento fanno presagire un mondo tenebroso pronto a spalancarsi appena fuori dalla porta. Pensa al padre, che viaggia lungo coste e terre selvagge e progetta fari ovunque nel mondo. Il ragazzo ha paura, sì, ma anche una voglia pazza di correre incontro al mistero, all’avventura, a quel vasto mondo che, ormai lo ha compreso, contiene tutto, il bene e il male, che si fronteggiano perennemente, anche dentro l’anima di ciascuno. Il male esiste, ed è così che ha predisposto la misericordia divina, che il male esista e sia forte, ma che non abbia l’ultima parola.
Il ragazzo supererà le varie malattie, ma la sua salute non sarà mai buona e morirà poco più che adulto. Però avrà avuto il tempo di viaggiare in lungo e in largo e di diventare un grande scrittore, uno dei più grandi: Robert Louis Stevenson.
L’occasione per tornare ad occuparci di questo autore, un autentico classico, è la prossima uscita di un volume che raccoglie la maggior parte dei suoi romanzi e racconti, nella collana degli Oscar Mondadori. Di lui non si leggerà e non si scriverà mai abbastanza, dunque questa ennesima iniziativa editoriale non può che renderci felici. Ed è anche l’occasione per riflettere sul fatto che nella sua opera emerge con forza proprio il tema del bene e del male protagonisti nella Storia universale così come nella storia personale di ciascuno. Per Stevenson era esperienza concreta, non semplicemente una speculazione filosofica o una pratica devozionale. Mentre oggi questa realtà viene continuamente offuscata, diluita, fluidificata. Nessuno sceglie consapevolmente il male, siamo tutti vittime della società, del pregiudizi, di una cultura oppressiva, patriarcale – termine ormai entrato nel repertorio del politically correct – non è mai frutto di una libera scelta. Non ci sono responsabilità personali.
Una bella lettura stevensoniana aiuta senza dubbio a fugare queste nebbie ideologiche. A partire dai suoi romanzi sbrigativamente etichettati “per ragazzi”, come L’isola del tesoro, che Stevenson comincia a scrivere nel settembre 1881, Rapito. A questo proposito vorremmo citare quando dichiarato tempo fa dallo scrittore di best seller, Marcello Simoni in un’intervista: "Quando entro nelle librerie e vedo ‘L’isola del tesoro’ collocato sullo scaffale della narrativa per ragazzi mi viene da sorridere. Magari, dico tra di me, esistessero oggi scrittori dotati di uno stile così elegante e cristallino! Magari ci fossero ancora autori come Robert Louis Stevenson, con sufficiente onestà intellettuale e padronanza della scrittura da avere il coraggio di mettere su carta una storia leggera e al tempo stesso capace di scavare dentro l’animo umano, servendosi del ‘genere avventuroso’, oggi bistrattato".
Simoni poi spiega che oggi parlare di romanzi d’avventura sembra far paura a molti, ammettere di leggerli e di amarli, nel senso che è come che ci si vergognasse di amare un genere diverso, una volta tanto, dal profluvio di romanzi intrisi di disagi esistenziali, di famiglie disfunzionali e di storie di tradimenti multipli e continui.