Città del Vaticano , lunedì, 5. febbraio, 2024 11:00 (ACI Stampa).
Antonio Paolucci era sopratutto un personaggio. Ha concluso la sua vita ad 84 anni, ma certo la sua lezione sulla storia dell'arte sarà ancora un caposaldo per le nuove generazioni di appassionati non solo di arte in senso stretto ma di tutto qual vasto mondo che è la conoscenza umana.
L'ho conosciuto personalmente quando era Direttore dei Musei Vaticani. Non era un "homo vaticanus", non veniva da Roma, dai Musei, da dentro per così dire. E questo fu un bene, con qualche ombra. Bene perché portò idee innovative condite con quello che lui chiamava il pessimismo costruttivo. Se non si è pessimisti non si può fare nulla mi disse nelle prima intervista fatta nel suo studio.
Ma ha visto i Musei Vaticani come museo italiano. E non lo è. Il suo curriculum di studioso e di amministratore lo fecero sembrare perfetto per l'incarico. E certo ha fatto molto per i Musei Vaticani. Ma non erano i "suoi " Musei. Il suo cuore era a Firenze.
Funzionario del Ministero della Pubblica Istruzione, soprintendente prima a Venezia, poi a Verona, a Mantova e infine a Firenze, direttore regionale per i Beni culturali e paesaggistici della Toscana, ministro per i beni culturali e ambientai, commissario straordinario del governo per il restauro della Basilica di San Francesco ad Assisi.
Per quasi dieci anni direttore dei Musei Vaticani da novembre 2007 al luglio 2016, quando la sua vicedirettrice Barbara Jatta, ne prende il posto. Un uomo che si è dedicato a tante cose. Ma non un uomo per i Musei Vaticani, solo per i Musei. Ecco il grande Paolucci, grandioso quando ti accompagnava nella Cappella Sistina, quando ti mostrava la tabella di lavoro di Antonio Canova e parlava di Benedetto XVI come di un "collega intellettuale" che saliva sui ponteggi per vedere i restauri della Cappella Paolina, grandioso nell'organizzare convegni ed eventi.