“La chiesa di Aquileia, chiesa-madre del Nord-Est, ebbe nel IV secolo un indubbio ruolo di primo piano: polmone tra Roma e l’Oriente, fu un territorio sul quale si vissero tensioni e scontri, ma fu anche ponte di dialogo nella catena di trasmissione della fede.Guidata dai vescovi Teodoro, Fortunaziano, Cromazio, non rimase ai margini del dibattito teologico, come ci è testimoniato ad esempio dalla presenza di Atanasio nella Pasqua del 345”.
Per quale motivo era stato convocato il Concilio di Nicea?
“Sono molte le incertezze attorno alla convocazione e allo svolgimento del Concilio di Nicea. A riguardo delle motivazioni ce ne parla in maniera dettagliata Eusebio di Cesarea soprattutto nella ‘Vita Constantini’. L’imperatore, dopo la vittoria su Licinio, si trovò ad affrontare tre questioni: le liti dei vescovi generate dalla controversia teologica sorta ad Alessandria tra Ario e il suo vescovo, lo scisma meliziano che turbava l’Egitto e la Libia e la questione della data della Pasqua. La visione di Eusebio non viene contraddetta da nessuna fonte antica posteriore, possiamo dunque pensare che fu proprio la questione dottrinale chiamata “ariana” il motivo principale del Concilio. Di certo il problema sollevato da Ario, che metteva in discussione l’idea origeniana di ‘generazione eterna’ del Figlio, va preso seriamente, come dimostrano i molti vescovi che ne presero le difese. Non si esclude comunque che Costantino avesse già in mente una qualche manifestazione per celebrare i suoi vent’anni di regno, anche se non sappiamo di più su questo”.
Quanto è stato importante nei secoli il simbolo niceno?
“Per la prima volta un credo viene promulgato da un sinodo ecumenico e quindi può reclamare un’autorità universale. Essorimase sempre un documento a cui appellarsi e in cui identificarsi, al punto che ben presto il riferimento alla fede dei santi Padri di Nicea fu sentito come imprescindibile e autorevole e la formula del Simbolo, con le integrazioni stabilite dal Concilio costantinopolitano del 381, è tuttora l’espressione della fede condivisa tra tutte le chiese (almeno nell’originale greco privo del ‘Filioque’). Dal punto di vista contenutistico poi, si tratta di una professione di fede che riguarda non solo la storia della salvezza, ma anche il misterioso rapporto intradivino tra Padre e Figlio”.
Per quale motivo non si giunse ad una conciliazione?
“A Nicea si incontrarono tradizioni teologiche molto diverse, in un acceso clima di conflittualità. La conciliazione ottenuta (e l’autorità imperiale non è certo da sottovalutare per il raggiungimento di tale risultato) non fu in grado di risolvere immediatamente tali conflitti. La scelta di utilizzare il discusso termine dell’homoousios (della stessa sostanza) per definire il Figlio rispetto al Padre non nacque da una volontà di conciliazione ma piuttosto da quella di affermare la vittoria di una posizione sull’altra, che non avrebbe mai potuto accettare tale terminologia.Questo spiega l’abbandono dell’homoousios per almeno due decenni, la difficoltà si inserirlo nei simboli battesimali particolari, e la pluralità delle sue interpretazioni, che prolungarono conflitti, fraintendimenti, incomprensioni tra le chiese, almeno fino al 381”.
Quale importanza ebbe il Concilio di Nicea per la storia della Chiesa?
“Oltre all’importanza della proclamazione di una fede condivisa, il Concilio si trova nel momento di transizione da una fede perseguitata a una fede riconosciuta e favorita; segna quindi il passaggio verso il tempo successivo, di cui siamo figli. Esso ha importanza anche dal punto di vista culturale: nel formare una professione di fede religiosa, il mondo cristiano accosta e interpreta il contenuto della Scrittura attraverso la cultura e la filosofia diffuse nel mondo ellenistico del tempo”.
Che cosa ha significato per la trasmissione della fede il ‘simbolo’ niceno?
“Il simbolo di Nicea ha un ruolo importante come atto di tradizione, per la custodia e la trasmissione della fede nella chiesa. Ogni generazione ha bisogno di trasmettere la fede a quella successiva e di tradurla, anche se questa operazione necessaria non è mai scontata né facile. In questa fase cruciale della storia cristiana la formulazione di un simbolo comune è stata molto importante”.
Dopo 1700 anni quale è la 'sfida' del Concilio di Nicea per la Chiesa contemporanea?
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“Tra le molte sfide possibili ne evidenzio due. A Nicea le Chiese, divise nel tempo, trovano un punto di convergenza. Nonostante tutte le problematiche legate all’evento e alla sua ricezione, le decisioni del Concilio possono ancora illuminare l’attuale cammino ecumenico, che vede nella natura stessa dell’essere Chiesa che crede e professa la fede in Cristo la priorità sulla dimensione istituzionale e organizzativa. La seconda sfida riguarda la trasmissione della fede e il suo linguaggio. Ogni generazione ha bisogno di trasmettere la fede a quella successiva e di tradurla, anche se questa operazione necessaria non è mai scontata né facile. La fede, anche nella sua formulazione dogmatica, ha bisogno in ogni tempo di essere “raccontata” e spiegata all’interno delle diversificate comunità cristiane. La fede va rimessa al centro della vita cristiana ma deve continuamente anche entrare in relazione con le categorie culturali che mutano storicamente e geograficamente”.