Città del Vaticano , giovedì, 25. gennaio, 2024 18:08 (ACI Stampa).
Dal dottore della Legge che mette alla prova Gesù chiedendogli che deve fare per ereditare la vita eterna a San Paolo che ribalta la domanda e chiede semplicemente cosa fare. Dall’io al primo posto a Cristo al primo posto. Papa Francesco descrive attraverso questi due passaggi del Vangelo e degli Atti il necessario cambio di paradigma che dobbiamo vivere per arrivare all’unità dei cristiani. Perché l’unità dei cristiani può arrivare solo se si mette Gesù Cristo al centro.
Basilica di San Paolo Fuori le Mura, festa della Conversione di San Paolo. È il giorno che termina la Settimana di Preghiera per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, e il sussidio quest’anno è stato preparato dai cristiani del Burkina Faso. C’è l’arcivescovo di Canterbury Justin Welby, primate anglicano, che ha avuto con Papa Francesco un incontro durante la mattina e che stasera, insieme al Papa, invia cinquanta vescovi cattolici e anglicani con il mandato di conoscersi meglio gli uni con gli altri, di sviluppare una mentalità ecumenica. E poi, ci sono il metropolita Policarpo che rappresenta il Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli, i membri della Commissione mista internazionale per il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse orientali, che celebrano il XX anniversario del loro cammino, e ai Vescovi cattolici e anglicani che partecipano all’incontro della Commissione internazionale per l’Unità e la Missione.
L’omelia di Papa Francesco parte dal Vangelo, dal dottore della Legge che mette alla prova Gesù, chiedendogli cosa deve fare per ereditare la vita eterna. Commenta Papa Francesco: “Fare per ereditare, fare per avere. Ecco una religiosità distorta, basata sul possesso anziché sul dono, dove Dio è il mezzo per ottenere ciò che voglio, non il fine da amare con tutto il cuore”.
Gesù invita il dottore a trovare la risposta nella Legge che prescrive, e gli dice di amare Dio e amare il prossimo come se stesso. E il dottore, “volendo giustificarsi”, chiede chi sia il prossimo. Ancora, Papa Francesco commenta che “se la prima domanda rischiava di ridurre Dio al proprio ‘io’, questa cerca di dividere: dividere le persone in chi si deve amare e in chi si può ignorare”.
E però, nota Papa Francesco, “dividere non è mai da Dio, ma dal diavolo”. Gesù, da parte sua, risponde con “una storia concreta”, e cioè la parabola del Buon Samaritano, chiamando in causa anche noi, perché “a comportarsi male, con indifferenza, sono il sacerdote e il levita, i quali antepongono ai bisogni di chi soffre la tutela delle loro tradizioni religiose”, mentre a dare il senso alla parola “prossimo” ci pensa un eretico, un Samaritano, perché “si fa prossimo, prova compassione, si avvicina e teneramente si china sulle ferite di quel fratello”. La domanda, dunque, non è chi è il prossimo, ma se noi ci facciamo prossimi.