Roma , venerdì, 19. gennaio, 2024 18:00 (ACI Stampa).
Dalle prime luci dell’alba, quando ancora non è sotto il sole, file composte di pellegrini popolano il sagrato antistante la basilica. Arrivano per partecipare alla prima messa del mattino, per andare a pregare alla tomba del Santo. Poi le ore passeranno in attesa della grande processione che attraversa le vie del centro cittadino, tra la folla lungo le strade e tutti quelli che ai affacciano ai balconi, dove fanno bella mostra di se’ gli stendardi inneggianti al “festeggiato”. Sperando che il tempo sia clemente e risparmi la gente dall’essere bersagliata da temporali e persino grandine. Questo è un giorno di vera festa, il 13 giugno, il girono di Sant’Antonio, celebrato in tutto il mondo ma il centro dei festeggiamenti è Padova, dove si trova la tomba di quello che in città viene familiarmente chiamato “il Santo”. Una festa di popolo, una festa della città, una festa di fede e di speranza, di origini molto antiche, a cui accorrono a migliaia, che si rinnova ogni anno e che solo la pandemia o la guerra possono riuscire a fermare.
La festa in onore di sant’Antonio è una delle mille feste dedicate a Gesù, a Maria, a santi e patroni, incentrate su un santuario, un’abbazia, un monastero, una fitta rete di energia pura, che percorre il nostro Paese – e non solo, ovviamente – da nord a sud, da este a ovest, che irrora incessantemente del senso del sacro anche i nostri tempi così segnati dalla laicizzazione. Si va ripetendo, da diverso tempo, che si stanno svuotando progressivamente le chiese, le parrocchie, ma i santuari continuano ad attirare gente. E’ vero, una buona parte li frequenta per motivi più artistici che religiosi, insomma si comportano più da turisti che da pellegrini. Però il flusso è costante e a tratti anche molto forte.
Una bella testimonianza di quanto sia ricco, vario e radicato il sentimento della festa in nome di santi e patroni è data dal saggio appena arrivato in libreria di Veronica Giacometti – sì , la valente Veronica Giacometti di Acistampa – dal titolo “Santi e santuari d’Italia. Feste e devozioni popolari”, pubblicato da Città Nuova Editrice.
Il libro ci inviata ad un viaggio ricco di storia e di soprese, ma si tratta anche, com’è naturale, anche di un viaggio alle fonti della fede popolare , in definitiva, di "entrare nel cuore di un popolo", come spiega nella prefazione del volume, padre Massimo Fusarelli, Ministro Generale dell’Ordine Francescano. Certo un viaggio con le sue luci e le sue ombre, con le sue possibili “derive”, ricadute in una religiosità che sfiora il paganesimo o la superstizione, o l’eccessiva ritualizzazione. Rischi che si corrono, ma che si possono smascherare ed evitare -pensiamo alle polemiche anche feroci e le chiare disposizioni della Chiesa a proposito dell’uso perlomeno sconsiderato degli “inchini” delle statue di santi portati in processione davanti alle casi di boss e “uomini d’onore” – ma, come ricorda il padre stesso, "una solida evangelizzazione della religiosità popolare deve partire dalla realtà delle persone e non solo da idee pur buone, ma spesso distanti dalla vita".
Non è certo un caso che l’autrice, nell’introduzione del volume, citi l’esortazione apostolica Evangelii nuntiandi di Paolo VI, e in particolare il passaggio in cui il Pontefice sottolinea la positività sostanziale della pietà popolare, la sua autentica natura: "Se è ben orientata, soprattutto mediante una pedagogia di evangelizzazione, è ricca di valori. Essa manifesta una sete di Dio che solo i semplici e i poveri possono conoscere".