Da queste “radici” emergono due aspetti che vorrei evidenziare: il primo è l’esortazione a lavorare in rete. Oggi esistono nel mondo quasi duemila Università Cattoliche. Immaginiamo le potenzialità che potrebbe sviluppare una collaborazione più efficace e più operativa, rafforzando il sistema universitario cattolico. In un tempo di grande frammentazione, dobbiamo avere l’audacia di andare controcorrente, globalizzando la speranza, l’unità e la concordia, al posto dell’indifferenza, delle polarizzazioni e dei conflitti. Il secondo aspetto è il fatto che la Federazione – come scrisse Pio XII – viene istituita «dopo la guerra più terribile», come strumento che apporta «alla conciliazione e alla formazione della pace e della carità tra gli uomini» (Lett. ap. Catholicas studiorum Universitates, 27 luglio 1949). Purtroppo, questo centenario lo celebriamo ancora in uno scenario di guerra, la terza guerra mondiale a pezzi. Pertanto è essenziale che le Università Cattoliche siano protagoniste nella costruzione della cultura della pace, nelle sue molteplici dimensioni da affrontare in modo interdisciplinare.
Nella magna carta delle Università Cattoliche, la Costituzione Apostolica Ex corde Ecclesiae, San Giovanni Paolo II esordisce con l’affermazione piuttosto sorprendente che l’Università Cattolica nasce «dal cuore della Chiesa» (n. 1). Forse sarebbe stato più prevedibile che dicesse che essa scaturisce dall’intelligenza cristiana. Ma il Pontefice dà la priorità al cuore: ex corde Ecclesiae. In effetti, l’Università Cattolica, essendo «uno dei migliori strumenti che la Chiesa offre alla nostra epoca» (ivi, 10), non può che essere espressione di quell’amore che anima ogni azione della Chiesa, cioè l’amore di Dio per la persona umana.
In un tempo nel quale anche l’istruzione sta purtroppo diventando un business e grandi fondi economici senza volto investono nelle scuole e nelle università come si fa nella borsa, le istituzioni della Chiesa devono dimostrare di avere una natura diversa e di muoversi secondo un’altra logica.
Un progetto educativo non si basa solo su un programma perfetto, su un’efficiente dotazione di strumenti o su una buona gestione aziendale. Nell’università deve pulsare una passione più grande, si deve vedere una comune ricerca della verità, un orizzonte di senso, e tutto vissuto in una comunità di conoscenza dove la generosità dell’amore, per così dire, si tocca con mano. La filosofa Hannah Arendt, che ha studiato a fondo il concetto d’amore in Sant’Agostino, sottolinea che quel grande maestro descriveva l’amore con la parola appetitus, intesa come inclinazione, desiderio, tensione-verso. Per questo vi dico: non perdete l’appetito!
Mantenete l’intensità del primo amore! Che le Università Cattoliche non sostituiscano il desiderio con il funzionalismo o la burocrazia. Non basta assegnare titoli accademici: è necessario risvegliare e custodire in ogni persona il desiderio di essere. Non basta modellare carriere competitive: occorre promuovere la scoperta di vocazioni feconde, ispirare percorsi di vita autentica e integrare il contributo di ciascuno nelle dinamiche creative della comunità. Certamente bisogna pensare l’intelligenza artificiale, ma anche quella spirituale, senza la quale l’uomo rimane uno straniero per sé stesso.
L’università è una risorsa troppo importante per vivere soltanto “al passo coi tempi” e rinviando la responsabilità che i grandi bisogni umani e i sogni dei giovani rappresentano. Mi piace ricordare una favola raccontata dallo scrittore Franz Kafka, morto cent’anni fa. Il protagonista è un topolino che ha paura della vastità del mondo e cerca una comoda protezione tra due muri uno a destra e l’altro a sinistra. A un certo punto, però, si accorge che i muri cominciano ad avvicinarsi l’uno all’altro e lui rischia di rimanere schiacciato. Quindi inizia a correre ma, in fondo, intravede una trappola per topi che lo aspetta. È allora che ascolta il consiglio del gatto che gli dice: “Non devi fare altro che cambiare direzione”. Disperato, dà ascolto al gatto, che se lo mangia.
Non possiamo affidare alla paura la gestione delle nostre università; e sfortunatamente questo è più frequente di quanto si pensi. La tentazione di chiudersi dietro i muri, in una bolla sociale sicura, evitando i rischi o le sfide culturali, voltando le spalle alla complessità della realtà può sembrare la strada più affidabile. Questa è mera illusione! La paura divora l’anima. Non circondate mai l’università con muri di paura. Non permettete che un’Università Cattolica si limiti a replicare i muri tipici delle società in cui viviamo: quelli della disuguaglianza, della disumanizzazione, dell’intolleranza e dell’indifferenza, di tanti modelli che mirano a rafforzare l’individualismo e non investono nella fraternità.
Un’università che si protegge all’interno delle mura della paura può raggiungere un livello prestigioso, riconosciuto e apprezzato, occupando i primi posti nelle classifiche di produzione accademica. Ma, come diceva il pensatore Miguel de Unamuno, «il sapere per il sapere: questo è disumano». Dobbiamo sempre chiederci: a cosa serve la nostra scienza? Che potenziale trasformativo ha la conoscenza che produciamo? Di cosa e di chi siamo al servizio? La neutralità è un’illusione. Un’Università Cattolica deve fare delle scelte, delle scelte che riflettano il Vangelo. Deve prendere posizione e dimostrarlo con le sue azioni, in modo limpido; “sporcarsi le mani” evangelicamente nella trasformazione del mondo e al servizio della persona umana.
Di fronte a un’assemblea così qualificata, composta da Gran Cancellieri, Rettori e altre autorità accademiche, voglio ringraziare per tutto ciò che le Università Cattoliche stanno già facendo. Quanto impegno e innovazione, quanta intelligenza e studio mettete in quella che è la triplice missione dell’università: l’insegnamento, la ricerca e la restituzione alla comunità! Sì, voglio davvero ringraziarvi. Ma voglio anche chiedere il vostro aiuto. Sì, vi chiedo di aiutare la Chiesa, in questo momento storico, a illuminare le più profonde aspirazioni umane con le ragioni dell’intelligenza e le “ragioni della speranza” (cfr 1 Pt 3,15); di aiutare la Chiesa a condurre senza paura dialoghi sui grandi temi contemporanei. Aiutateci a tradurre culturalmente, in un linguaggio aperto alle nuove generazioni e ai nuovi tempi, la ricchezza dell’ispirazione cristiana; a identificare le nuove frontiere del pensiero, della scienza e della tecnologia e ad abitarle con equilibrio e saggezza. Aiutateci a costruire alleanze intergenerazionali e interculturali nella cura della casa comune, in una visione di ecologia integrale, che dia un’effettiva risposta al grido della terra e al grido dei poveri.
Cari amici della FIUC, in tante cappelle delle vostre Università si trova un’immagine della Madonna Sedes Sapientiae. Vi invito a guardarla con tenerezza e a tenere lo sguardo fissato su di lei. Qual è il segreto della Signora della Sapienza? È portare Gesù, che è la Sapienza di Dio e ci offre i criteri per costruire ogni sapienza. Fissate lo sguardo sul cuore di Maria; che lei possa accompagnare voi, le vostre comunità accademiche e i vostri progetti. Vi benedico di cuore. E per favore, non dimenticatevi di pregare per me.
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