Città del Vaticano , venerdì, 5. gennaio, 2024 10:00 (ACI Stampa).
L’11 settembre 1887 viene costituita la commissione cardinalizia Ad Pias Causas. È una commissione segreta, che si riunisce in un ufficio chiamato “il buco nero” perché era il luogo dove c’era una volta la censura dello Stato pontificio e per una amabile ironia della sorta lavorava, come impiegato, quel Gioacchino Belli che ci ha deliziato con una serie di sonetti irriverenti. Ed è una commissione figlia della Questione Romana, perché serve ad amministrare quei beni, lasciti, opere pie che arrivano alla Santa Sede e che la Santa Sede cerca di nascondere alla scura della confisca dello Stato italiano.
Quella commissione è il primo vagito di quello che, durante la Seconda Guerra Mondiale, si sarebbe costituito come Istituto delle Opere di Religione, che è quindi “pronipote della Questione Romana”, secondo una felice espressione di Francesco Anfossi. Anfossi ha appena pubblicato un libro, Ior. Luci e ombre della Banca vaticana dagli inizi a Marcinkus (Ares) ed è un libro prezioso, perché si avvale di documentazioni inedite, provenienti anche dal fondo archivistico del Cardinale Agostino Casaroli, il grande architetto della Ostpolitik e Segretario di Stato vaticano al tempo dello scoppio del caso IOR – Ambrosiano. Fu Casaroli a decidere per l’accordo di Ginevra, ovvero per la decisione dello IOR di dare un contributo volontario a mo’ di risarcimento per i risparmiatori colpiti dal crack del Banco Ambrosiano, pur alla fine non ammettendo alcuna responsabilità. Anche perché, carte alla mano, responsabilità non ce n’erano.
Ovviamente, il crack dell’Ambrosiano occupa molto spazio, così come le “relazioni pericolose” che lo IOR si trova ad intrattenere con personaggi della storia italiana come Roberto Calvi e Michele Sindona. E però non sono il centro della storia. Piuttosto, il libro è importante per comprendere alcuni temi che ancora oggi sono centrali.
Il primo: lo IOR è da sempre definito un ente centrale della Santa Sede, non un organismo di Curia, ma piuttosto uno strumento per aiutare, appunto, le opere di religione. Gli investimenti sono sempre fatti in maniera oculata, secondo la cosiddetta regola del 3 (patrimonio, oro, immobiliare) che garantisce una necessaria diversificazione del patrimonio. Nei momenti di crisi, l’oro viene portato oltre oceano, nei momenti di necessità si investe in immobili, e gli immobili sono anche parte dei benefit dei dipendenti, che possono ottenere case a prezzi calmierati. Lo IOR è un ente indipendente nella gestione, ma di fatto strumentale alla Santa Sede.
Questo equilibrio si è tenuto fino ad ora, quando il processo vaticano sulla gestione dei fondi della Segreteria di Stato ha fatto esplodere il più classico dei conflitti: lo IOR non solo ha rifiutato un aiuto economico alla Segreteria di Stato, ma la ha denunciata, di fatto spezzando sia la rete di mutuo aiuto da sempre pensata per gli organismi vaticani, sia creando una ribellione interna, ed economica, al governo centrale. Ma è questo in linea con le prerogative e il senso vero dell’Istituto? E cosa significa questo per il futuro stesso dell’Istituto?