Motu propri per la gestione finanziaria
Il 20 febbraio 2023, Papa Francesco promulga il motu proprio “Il diritto nativo”. Il motu proprio
ribadisce semplicemente che non c’è ente vaticano o collegato al vaticano che possa considerare i beni come propri, ma piuttosto che tutti gli enti debbano avere chiaro in mente quello che hanno è in realtà parte di un perimetro più vasto.
Perché allora serviva un motu proprio? Papa Francesco aveva cominciato una progressiva centralizzazione della gestione dei beni della Santa Sede, secondo un progetto che era già del Cardinale George Pell come Prefetto della Segreteria per l’Economia.
Già a dicembre 2020, Papa Francesco aveva deciso che la gestione dei beni generalmente amministrati dalla Segreteria di Stato doveva essere passata all’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica, una sorta di “banca centrale” del Vaticano.
Quindi, con la costituzione apostolica Praedicate Evangelium, Papa Francesco stabiliva un principio di centralizzazione, che poi veniva ulteriormente precisato con un rescriptum (una nota scritta di suo pugno dal Papa) dell’agosto 2023. In questo rescriptum si stabiliva che “tutte le risorse finanziarie della Santa Sede e di istituzioni collegate con la Santa Sede devono essere trasferite all’Istituto delle Opere di Religione, che è da considerarsi l’unico ed esclusivo ente intitolato ad attività di gestione patrimoniale e depositario del patrimonio mobiliare della Santa Sede e delle istituzioni collegate con la Santa Sede.
Una sola gestione, un solo istituto finanziario collegato (lo IOR, vale la pena di ricordare, non è una banca). In questo modo il Papa intendeva anche rispondere a varie situazioni che si erano create nel corso degli anni, e in particolare a quelle che sarebbero emerse durante il processo per la gestione dei fondi della Segreteria di Stato.
Prima, la Segreteria di Stato gestiva personalmente le sue risorse, come organo di governo, Propaganda Fide era dotato di totale autonomia finanziaria per gestire liberamente i soldi che andavano alle missioni, le risorse del Governatorato dello Stato di Città del Vaticano erano in un bilancio dedicato – e non ce n’è uno dal 2017.
Le perdite del bilancio di missione erano coperti dagli attivi di altri fondi, anche dell’Obolo di San Pietro, secondo un principio di collaborazione tra tutti gli organismi vaticani.
Secondo il motu proprio, i beni della Santa Sede “hanno natura pubblica ecclesiastica”, e sono considerati beni a destinazione universale, e “gli enti della Santa Sede li acquisiscono e utilizzano, non per loro stessi, come il privato proprietario, ma, nel nome e nell'autorità del Romano Pontefice, per il perseguimento delle loro finalità istituzionali, del pari pubbliche, e quindi per il bene comune e a servizio della Chiesa Universale".
Una volta che sono stati loro affidati, dice infine il Motu proprio, "gli enti li amministrano con la prudenza che la gestione della cosa comune richiede e secondo le regole e le competenze che la Santa Sede si è data, di recente, con la Costituzione Apostolica Praedicate Evangelium e, ancor prima, con il lungo cammino delle riforme economiche e amministrative".
Con questo motu proprio, è caduto un principio che aveva governato le finanze vaticane in epoca moderna, ovvero la diversificazione degli investimenti e delle risorse, delineato in modo da permettere l’autonomia della Santa Sede.
I motu propri per implementare riforme già in atto
Il 2 aprile 2023, Papa Francesco ha promulgato il motu proprio recante con cui si modificano i termini di ricorso del membro dimesso da un istituto di vita consacrata, mentre il 25 marzo c’era stato un aggiornamento della Vos Estis Lux Mundi, che nel 2019 aveva introdotto alcune norme per prevenire e contrastare gli abusi sessuali contro i minori e gli adulti vulnerabili.
L’aggiornamento ha luogo dopo quattro anni di sperimentazione. Molte modifiche sono state introdotte per armonizzare il testo delle procedure contro gli abusi con le altre riforme normative introdotte dal 2019 ad oggi, in particolare con la revisione del motu proprio “Sacramentorum sanctitatis tutela” (norme emendate nel 2021); con le modifiche al Libro VI del Codice di Diritto Canonico (riforma del 2021) e con la nuova Costituzione sulla Curia Romana, “Praedicate Evangelium” (promulgata nel 2022).
Il 16 aprile 2023, Papa Francesco pubblica la lettera apostolica in forma di motu proprio Iam Pridem, che muta alcune norme del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali sui vescovi che hanno raggiunto gli ottanta anni di età nel Sinodo delle rispettive Chiese sui iuris.
Con le modifiche quindi, anche per i Patriarchi, gli Arcivescovi Maggiori, i Vescovi eparchiali e gli Esarchi scatta al compimento dell’ottantesimo anno di età l’impossibilità di avere voce attiva all’interno del Sinodo dei Vescovi, e anche nell’elezione della terna da presentare al Romano Pontefice per la nomina dei Patriarchi, dei Vescovi e dei candidati agli uffici di Vescovo eparchiale, di Vescovo coadiutore, o di Vescovo ausiliare. È una equiparazione della norma che sottolinea come i cardinali ultraottantenni non possano eleggere il Papa.
Il 2 aprile, Papa Francesco con un motu proprio modifica i termini di ricorso del membro dimesso da un istituto di vita consacrata, che allunga i termini per la presentazione del ricorso da parte dei consacrati dimessi.
Con la Vocare Peccatores del 20 marzo 2023, Papa Francesco ha riformato il Diritto Penale delle Chiese Orientali, che armonizzava la disciplina orientale con quella latina. Un lavoro che era cominciato già con Benedetto XVI, con norme che determinano molto più chiaramente quando deve intervenire l’autorità ecclesiastica nel caso dei delitti, e anche le pene sono più chiare e meglio determinate.
Tra gennaio e febbraio dello scorso anno, infine, Papa Francesco ha promulgato un decreto per l’assegnazione dei settori, degli ambiti e servizi pastorali ai vescovi ausiliari della diocesi di Roma (6 gennaio) e il regolamento della Commissione Indipendente di Vigilanza del Vicariato (14 febbraio), due motu propri che sono una diretta conseguenza della riforma del Vicariato della Diocesi di Roma. Riforma, anche in quel caso, che accentrava il ruolo del Papa, facendo del Vicario solo un ausiliare tra i tanti.
Merita invece una menzione a sé la lettera apostolica in forma di motu proprio con la quale vengono modificati i canoni 295-296 relativi alle prelature personali dell’8 agosto 2023.
È un provvedimento che tocca l’Opus Dei, finora unica prelatura personale della Chiesa. Papa Francesco, con la Costituzione Praedicate Evangelium, aveva affidato al Dicastero per il Clero la competenza delle prelature personali, e poi il 14 luglio 2022, con un altro motu proprio chiamato Ad Charisma Tuendum, il Papa aveva stabilito delle norme per istituire la prelatura personale secondo la nuova organizzazione di Curia.
Con il decreto, la prelatura personale cambia il suo profilo. Diventa una prelatura solo di sacerdoti, mentre l’Opus Dei è una struttura composta da sacerdoti e laici, uniti da una vocazione comune e da una complementarietà di funzioni. Non si tratta, insomma, di un raggruppamento di sacerdoti che chiama alcuni laici a collaborare.
L’Opus Dei ora è chiamato ad una difficile riforma degli Statuti e una ulteriore trasformazione dopo quelle che lo avevano portato a costituirsi nella Chiesa come prelatura personale.