Roma , venerdì, 29. dicembre, 2023 14:00 (ACI Stampa).
Piccolo o grande che sia è immancabile in questo periodo natalizio, presente in molte case italiane soprattutto, è il Presepe, ossia la rappresentazione della Natività del Gesù Bambino. Montagne, ruscelli artificiali e piccoli laghetti (fatti di carta stagnola o addirittura, in alcuni casi, riprodotti grazie a piccole tecnologie idrauliche), capanne e grotte, statuine di terracotta o di plastica: una scenografia che ha tutto il calore del Natale; un “magico” scenario che ci invita a ritornare bambini, a provare stupore di fronte all’avvenimento che ha cambiato la Storia. Acistampa propone ai suoi lettori un viaggio all’interno di questo fiabesco paesaggio, alla scoperta dei vari significati (anche teologici) che si celano dietro ai personaggi che animano questo fantastico mondo fatto di silenziose presenze.
Immerso tra ruderi e capanne, tra oche e pecore, vi è un personaggio importantissimo che non deve mancare nel popoloso mondo dei personaggi del Presepe. E’ il pastore Benino, il pastorello che dorme, posizionato - di solito - sotto un pagliaio. Il suo volto è immerso nel sonno; sta sognando; i suoi occhi sono chiusi a gustare il meritato riposo dopo aver chissà quanto tempo camminato, lavorato. Ci sono molte tradizioni e leggende su di lui. Alcune raccontano che il Presepe stesso nasca proprio da un suo sogno e che cesserebbe di esistere nel momento in cui si dovesse destare dal sonno. Benino simboleggia l’attesa del Natale.
Continuiamo, in maniera immaginaria, a camminare all’interno del Presepe. Durante la strada incontriamo il cacciatore, armato di fucile. Non possiamo che provare timore per questo personaggio: il fucile puntato verso di noi, incute paura, ma sappiamo bene che non potrà farci del male. La figura del cacciatore racchiude una forte simbologia: rappresenta, infatti, la morte. E non è un caso che venga posizionato vicino al fiume, simbolo dei cicli dell'esistenza umana: vita-morte; giorno–notte; estate–inverno; la dualità del mondo celeste e di quello dell’ade.
E sempre vicino al fiume, troviamo un altro personaggio-chiave: il pescatore che ci ricorda San Pietro, “il pescatore di uomini”. Rimaniamo ancora vicino al fiume che scorre leggero, lento, di un azzurro adamantino. Si intravedono i pesci che nuotano felici. In questo caso abbiamo due simboli importantissimi: l’acqua, segno del Battesimo; e poi ci sono i pesci che ci riconducono alla simbologia dell’IXTHYC (ichtùs, in latino; pesce in italiano). Disposte verticalmente, le lettere di questa parola formano un acròstico: Iesùs Christòs Theòu Uiòs Sotèr, Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore.
Sulla riva del fiume troviamo una lavandaia intenta a lavare i panni. E’ in ginocchio. Rappresenta le levatrici che hanno assistito alla nascita di Gesù e che hanno prestato aiuto alla Vergine Maria durante il parto. Quei panni non sono altro che i teli che sono stati utilizzati per pulire il Bambino Gesù appena nato: bianchi, immacolati, miracolosamente puliti, rappresentano la verginità di Maria.