Carpi , domenica, 24. dicembre, 2023 10:00 (ACI Stampa).
In questa IV domenica di Avvento la Chiesa ci porta a meditare l’episodio dell’annuncio dell’Arcangelo Gabriele a Maria Santissima. Trova, così, compimento la profezia di Isaia: “Ecco la Vergine concepirà e partorirà un Figlio che chiamerà Emmanuele: Dio con noi”. Con questo episodio siamo introdotti nel cuore del Natale, che tra qualche giorno celebreremo nel suo evento storico, accaduto circa duemila anni fa. Dio, assumendo una carne come la nostra nel seno della Vergine Maria, da “Dio altissimo” e “onnipotente”, avvolto nello splendore di una luce che abbaglia, si è fatto uno di noi per parlarci; farci conoscere il suo volto; divenire nostro compagno di vita; salvarci dal peccato e dalla corruzione, svelarci chi è Dio e chi è l’uomo.
Senza Cristo l’uomo è smarrito, preda della paura e del non senso. E’ solo grazie a Lui, vero Dio e vero Uomo, che il cielo si apre sopra di noi e ci viene svelato che la nostra vita non è destinata alla distruzione e al nulla, ma verso una pienezza di gloria, di gioia e di amore, che si identifica con la comunione di Dio nel suo regno. Siamo invitati, in questi ultimi giorni di Avvento, a fare nostro l’invito di sant’Ambrogio: “Fate spazio al Signore!”. Si tratta di un’esortazione che merita di essere accolta per potere ritrovare il centro unificatore della nostra vita.
Il Dio con noi e per noi, che è apparso nel mondo circa 2000 anni fa, come posso io incontrarlo, oggi? Egli diventa nostro contemporaneo nei sacramenti, che i primi scrittori cristiani hanno qualificato “come le mani del Signore”. Tra essi ha grande importanza l’ Eucarestia nella quale le barriere del tempo sono superate dalla presenza del Signore. Per questa ragione diciamo “Oggi Cristo è nato!”. Nel mistero eucaristico la temporalità della vita di Cristo viene inserita nella nostra storia e così ci è dato di entrare in rapporto diretto con la Sua persona. Noi, nella celebrazione eucaristica, diventiamo i pastori che vanno e Betlemme per adorare Dio nella sua manifestazione visibile ma, anziché incontrare l’umanità piccola e fragile di un Bambino, troviamo un segno ancora più povero e umile: un po’ di pane e di vino che però tali non sono più, perché sono diventati corpo, sangue, anima e divinità del nostro Salvatore.
Il Vangelo di questa domenica fa pure un breve accenno anche alla figura di san Giuseppe, dal quale si impara, come ha affermato Papa Francesco a vivere la paternità. In san Giuseppe la paternità è vissuta come primato dell’amore, che si esprime nella sua disponibilità ad assumere la piena responsabilità di Maria e del dono che lei porta. E’ proprio a motivo di Gesù che Giuseppe è così legato a Maria e, in quanto custode e protettore, egli difende e salva la Madre insieme al Bambino. Si tratta di un impegno che svela quanto Dio si fidi dell’uomo. Egli, infatti, si mette nelle mani dell’uomo e a lui affida il compito di farlo conoscere, di essere suo testimone nel mondo, di divenire segno della Sua presenza. San Giuseppe ha svolto la sua missione con tanto impegno, generosità e spirito di sacrificio e obbedienza da giungere quasi ad identificarsi con il Figlio di Dio; tant’è che quando Gesù inizia la vita pubblica, è ritenuto da tutti il figlio del falegname. E così ha consumato tutta la sua vita in “un infinito silenzio di adorazione e di amore” del Mistero che gli era stato affidato. Nel dono di sé a Maria e a Gesù ha trovato la sua felicità. E’ quanto è chiesto ad ogni cristiano: vivere di Gesù, adorarlo, amarlo, donarlo perché solo in Lui l’uomo trova gioia e senso.