Città del Vaticano , martedì, 19. dicembre, 2023 16:00 (ACI Stampa).
Sembra incredibile, ma fino a 30 anni fa Budapest non era arcidiocesi. Non era nemmeno diocesi. La sede primaziale di Ungheria era Esztergom, mentre le parrocchie di Budapest era divisa tra diverse diocesi, cosa che rispecchiava, in fondo, il fatto che la città fino al XIX secolo era, in realtà, accorpamento di tre diversi villaggi, separati dal fiume Danubio. Entità anche diverse tra loro, perché alcune erano state più esposte alle invasioni tartare e turche di altre.
Fu così il 30 maggio 1993 che Giovanni Paolo II decise che la capitale di Ungheria dovesse avere il ruolo di centro amministrativo della Chiesa. “La gloriosa storia dei primi tempi rivive nella nostra memoria, ora che cerchiamo di riorganizzare i confini della diocesi del vostro Paese secondo le esigenze pastorali del tempo presente”, scriveva San Giovanni Paolo II nella Costituzione Apostolica Hungarorum Gens.
Con la costituzione vengono modificati significativamente i confini delle diocesi di cattoliche di Ungheria. Giovanni Paolo II stabilisce i vescovadi di Kaposvár e Debrecen-Nyyreház, eleva la diocesi di Veszprém al rango di arcidiocesi e nascono le arcidiocesi di Esztergom-Budapest e Kalocsa-Kecskemét.
Ma perché c’era stato bisogno di ridefinire i confini delle diocesi? Tutto nasce con il trattato di pace di Trianon del 4 giugno 1920, al termine del quale l’Ungheria si ritrova senza due terzi del territorio. Vengono distrutte strutture millenarie, non solo in termini economici e amministrativi, ma anche in termini di governo ecclesiastico. Molte diocesi vedono rompersi la loro unità territoriale, passata in altri confini e in altre nazioni.
Ai lavori per il Trattato aveva preso parte, a nome della Chiesa cattolica, il canonico Leopoldo Antal di Esztergom. Questi aveva chiesto, con tanto di dossier, che l’attuale organizzazione ecclesiastica fosse mantenuta invariata nonostante il cambiamento dei confini. Non fu ascoltato.