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Dicastero della Dottrina della Fede, “non definire matrimonio ciò che non lo è”

Il Dicastero ritorna sulla questione della benedizione alla coppie dello stesso sesso con un documento in 45 punti, Fiducia Supplicans. No alla parificazione delle unioni al matrimonio. Sì all’accompagnamento pastorale

Dottrina della Fede | Il palazzo del Sant'Uffizio, sede del Dicastero per la Dottrina della Fede | Vatican News Dottrina della Fede | Il palazzo del Sant'Uffizio, sede del Dicastero per la Dottrina della Fede | Vatican News

Si chiama Fiducia Supplicans ed è una dichiarazione in 45 punti in cui, sostanzialmente, il Dicastero per la Dottrina della Fede riprende la questione delle benedizioni alle coppie formate da persone dello stesso sesso e ribadisce che no, non si può definire matrimonio ciò che non lo è, né legittimarlo, ma che la cura pastorale è fondamentale. In effetti, la dichiarazione è definita una “dichiarazione sul senso pastorale delle benedizioni”, e include un approccio che permette una benedizione delle coppie irregolari senza, a detta del Cardinale Victor Manuel Fernandez, prefetto del Dicastero, andare a cambiare la dottrina tradizionale.

È un documento che – si spiega – è stato pensato, fatto insieme ad esperti, discusso al Congresso della Sezione Dottrinale del Dicastero, senza mai mancare di confrontarsi con il Papa, che ha poi esaminato la bozza finale e la ha approvata.

Ma è anche un documento che prova un rinnovato attivismo del Dicastero, mai così presente con responsi e documenti e mai così attivo nell’idea di voler dare una svolta, soprattutto di tipo pastoralista, all’applicazione della dottrina, con un linguaggio che traduce il latino responsum con lo spagnolo respuestas, di fatto prendendo in mano ciò che generalmente era lasciato alla sensibilità dei singoli episcopati, e andando ad affrontare anche questioni che sembrano in molti casi superati.

Riferendosi anche alle recenti risposte ai Dubia, la Dichiarazione dice di “restare ferma sulla dottrina tradizionale della Chiesa circa il matrimonio, non ammettendo nessun tipo di rito liturgico o benedizioni simili ad un rito liturgico che possano creare confusione”. Eppure, si tenta di “offrire un contributo specifico e innovativo al significato pastorale delle benedizioni, che permette di ampliarne e arricchirne la comprensione classica strettamente legata a una prospettiva liturgica”, con una visione teologica che non è basata sui Padri della Chiesa o sulla dottrina cristiana, ma “sulla visione pastorale di Papa Francesco”.

In questo approccio innovativo, si rientra anche “la possibilità di benedire le coppie in situazioni irregolari e le coppie dello stesso sesso, senza convalidare ufficialmente il loro status o modificare in alcun modo l’insegnamento perenne della Chiesa sul matrimonio”.

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Proprio stimolato dalla “fiducia supplicante” del popolo di Dio, il Dicastero dice di aver preso in considerazione “diverse domande, sia formali che informali, circa la possibilità di benedire coppie dello stesso sesso e circa la possibilità di offrire nuovi chiarimenti, alla luce dell’atteggiamento paterno e pastorale di Papa Francesco”.

Il riferimento è al responsum ad dubium del 2021 che negava ogni possibilità di benedizione per le coppie omosessuali e che “ha suscitato non poche e diverse reazioni”, perché alcuni ne hanno condiviso la “coerenza con il costante insegnamento della Chiesa”, mentre altri “non hanno condiviso la risposta negativa al quesito o non l’hanno ritenuta sufficientemente chiara nella sua formulazione e nelle motivazioni addotte nell’annessa Nota esplicativa”.

Il documento sottolinea l’importanza di “venire incontro a questi ultimi”, riprendendo il tema e partendo comunque dal presupposto di evitare di riconoscere come matrimonio qualcosa che non lo è, e quindi sono “inammissibili riti e preghiere che possano creare confusione tra ciò che è costitutivo del matrimonio” come unione esclusiva, stabile e indissolubile tra uomo e donna e ciò che lo contraddice, una visione “fondata sulla perenne dottrina cattolica del matrimonio”, ma anche sul Vangelo.

Per questo motivo, si legge ancora nel documento, “la Chiesa ha il diritto e il dovere di evitare qualsiasi tipo di rito che possa contraddire questa convinzione o portare a qualche confusione”, ed è questo il senso del responsum.

La risposta del Papa – scrive Fernandez – “invita a fare lo sforzo di ampliare ed arricchire il rischio delle benedizioni”, uno dei “sacramentali più diffusi e in continua evoluzione”, e hanno “per destinatari persone, oggetti di culto e di devozione, immagini sacre, luoghi di vita, di lavoro e di sofferenza, frutti della terra e della fatica umana, e tutte le realtà create che rimandano al Creatore, le quali, con la loro bellezza, lo lodano e lo benedicono”.

La benedizione, da un punto di vista liturgico – concede il prefetto del Dicastero della Dottrina della Fede – “richiede che quello che si benedice sia conforme alla volontà di Dio espressa negli insegnamenti della Chiesa”, e quindi c’è la preoccupazione che le benedizioni in riguardino cose in contrasto con il Vangelo.

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Per questo, come ricordato dal Responsum, “quando, con un apposito rito liturgico, si invoca una benedizione su alcune relazioni umane, occorre che ciò che viene benedetto sia in grado di corrispondere ai disegni di Dio iscritti nella Creazione e pienamente rivelati da Cristo Signore”, motivo per cui la Chiesa “ha da sempre considerato moralmente leciti soltanto quei rapporti sessuali che sono vissuti all’interno del matrimonio”, e non può dare una benedizione quando questa “possa offrire una forma di legittimazione morale a un’unione che presuma di essere un matrimonio oppure a una prassi sessuale extramatrimoniale”.

Allo stesso tempo, le benedizioni – ammonisce Fernandez – non si possono “ridurre solo a questo punto di vista”, perché c’è il pericolo che “un gesto pastorale, così amato e diffuso, sia sottoposto a troppi prerequisiti di carattere morale, i quali, con la pretesa di un controllo, potrebbero porre in ombra la forza incondizionata dell’amore di Dio su cui si fonda il gesto della benedizione”.

Il Dicastero riprende l’esortazione di Papa Francesco a non perdere la carità pastorale, ha rivisto le Sacre Scritture, dove in alcuni casi “benedire equivale così a lodare, celebrare, ringraziare Dio per la sua misericordia e fedeltà, per le meraviglie che ha creato e per tutto ciò che è avvenuto per sua volontà”.

Questa visione “discendente” della benedizione come dono si trova sia nell’Antico che nel Nuovo Testamento, perché “anche in Gesù la benedizione non è soltanto ascendente, in riferimento al Padre, ma anche discendente, riversata sugli altri come gesto di grazia, protezione e bontà”.

La benedizione – prosegue il documento – “esprime l’abbraccio misericordioso di Dio e la maternità della Chiesa che invita il fedele ad avere gli stessi sentimenti di Dio verso i propri fratelli e sorelle”.

Il documento propone una “comprensione teologico-pastorale delle benedizioni”, perché “cercare la benedizione nella Chiesa è ammettere che la vita ecclesiale sgorga dal grembo della misericordia di Dio e ci aiuta ad andare avanti, a vivere meglio, a rispondere alla volontà del Signore”, e “le persone che vengono spontaneamente a chiedere una benedizione mostrano con questa richiesta la loro sincera apertura alla trascendenza, la fiducia del loro cuore che non confida solo nelle proprie forze, il loro bisogno di Dio e il desiderio di uscire dalle anguste misure di questo mondo chiuso nei suoi limiti”.

Si deve, dunque, valorizzare questa pietà pastorale, e in questo modo “le benedizioni diventano così una risorsa pastorale da valorizzare piuttosto che un rischio o un problema”, in quanto vanno valutate come “atti di devozione” che trovano spazio al di fuori dell’Eucarestia. E tra l’altro, lamenta il Dicastero, “la Chiesa, inoltre, deve rifuggire dall’appoggiare la sua prassi pastorale alla fissità di alcuni schemi dottrinali o disciplinari”, motivo per il quale “quando le persone invocano una benedizione non dovrebbe essere posta un’esaustiva analisi morale come precondizione per poterla conferire. Non si deve richiedere loro una previa perfezione morale”.

Il documento si rifà a Papa Francesco, che ha aperto a forme di benedizione “che non trasmettano una concezione errata del matrimonio”, e sottolinea che “un’esperienza forte è quella di leggere questi testi biblici di benedizione in un carcere, o in una comunità di recupero. Far sentire a quelle persone che rimangono benedette nonostante i loro gravi errori, che il Padre celeste continua a volere il loro bene e a sperare che si aprano finalmente al bene”.

Inoltre, il dicastero sottolinea che le benedizioni del De Benedictionibus ­che riguardano varie categorie di persone, ma anche oggetti, case, cose - “sono rivolte a tutti, nessuno può essere escluso”.

Insomma, “dal punto di vista della dimensione ascendente, quando si prende coscienza dei doni del Signore e del suo amore incondizionato, anche in situazioni di peccato, particolarmente quando una preghiera trova ascolto, il cuore del credente innalza a Dio la sua lode e lo benedice. Questa forma di benedizione non è preclusa ad alcuno”.

Certo, “la prudenza e la saggezza pastorale possono suggerire che, evitando forme gravi di scandalo o confusione fra ai fedeli, il ministro ordinato si unisca alla preghiera di quelle persone che, pur in una unione che in nessun modo può essere paragonata al matrimonio, desiderano affidarsi al Signore e alla sua misericordia, invocare il suo aiuto, essere guidate a una maggiore comprensione del suo disegno di amore e verità”.

È in questo contesto che si arriva a parlare della benedizione delle coppie in situazioni irregolari o di coppie dello stesso sesso. In questi casi, dice il documento, “si impartisce una benedizione che non solo ha valore ascendente ma che è anche l’invocazione di una benedizione discendente da parte di Dio stesso su coloro che, riconoscendosi indigenti e bisognosi del suo aiuto, non rivendicano la legittimazione di un proprio status, ma mendicano che tutto ciò che di vero di buono e di umanamente valido è presente nella loro vita e relazioni, sia investito, sanato ed elevato dalla presenza dello Spirito Santo”.

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Sono benedizioni che “esprimono una supplica a Dio perché conceda quegli aiuti che provengono dagli impulsi del suo Spirito – che la teologia classica chiama ‘grazie attuali’ – affinché le umane relazioni possano maturare e crescere nella fedeltà al messaggio del Vangelo, liberarsi dalle loro imperfezioni e fragilità ed esprimersi nella dimensione sempre più grande dell’amore divino”.

Si tratta insomma di una benedizione che, “benché non inserita in un rito liturgico, unisce la preghiera di intercessione all’invocazione dell’aiuto di Dio di coloro che si rivolgono umilmente a lui. Dio non allontana mai nessuno che si avvicini a lui!

Il Dicastero afferma che “la sensibilità pastorale dei ministri ordinati dovrebbe essere educata anche ad eseguire spontaneamente benedizioni che non si trovano nel Benedizionale”, partendo dal presupposto che, come ha detto il Papa, il diritto canonico “non può coprire tutto”.

Conclude il Dicastero: “Non si deve né promuovere né prevedere un rituale per le benedizioni di coppie in una situazione irregolare, ma non si deve neppure impedire o proibire la vicinanza della Chiesa ad ogni situazione in cui si chieda l’aiuto di Dio attraverso una semplice benedizione. Nella breve preghiera che può precedere questa benedizione spontanea, il ministro ordinato potrebbe chiedere per costoro la pace, la salute, uno spirito di pazienza, dialogo ed aiuto vicendevole, ma anche la luce e la forza di Dio per poter compiere pienamente la sua volontà”.

Ma si chiede anche di evitare confusione così, “per evitare qualsiasi forma di confusione o di scandalo, quando la preghiera di benedizione, benché espressa al di fuori dei riti previsti dai libri liturgici, sia chiesta da una coppia in una situazione irregolare, questa benedizione mai verrà svolta contestualmente ai riti civili di unione e nemmeno in relazione a essi”, e lo stesso vale se la benedizione “è richiesta da una coppia dello stesso sesso”.

La benedizione invece “può invece trovare la sua collocazione in altri contesti, quali la visita a un santuario, l’incontro con un sacerdote, la preghiera recitata in un gruppo o durante un pellegrinaggio. Infatti, attraverso queste benedizioni che vengono impartite non attraverso le forme rituali proprie della liturgia, bensì come espressione del cuore materno della Chiesa, analoghe a quelle che promanano in fondo dalle viscere della pietà popolare, non si intende legittimare nulla ma soltanto aprire la propria vita a Dio, chiedere il suo aiuto per vivere meglio, ed anche invocare lo Spirito Santo perché i valori del Vangelo possano essere vissuti con maggiore fedeltà”.

Alla fine, si tratta di benedizioni private, come già succede in molti casi in cui i sacerdoti applicano cura pastorale. La dichiarazione sottolinea che “oltre alle indicazioni di cui sopra, non si debbono dunque aspettare altre risposte su eventuali modalità per normare dettagli o aspetti pratici riguardo a benedizioni di questo tipo”, mettendo una pietra tombale sulla questione.

Conclude il documento: “La Chiesa è così il sacramento dell’amore infinito di Dio. Perciò, anche quando il rapporto con Dio, è offuscato dal peccato, si può sempre chiedere una benedizione, tendendo la mano a lui”.