Greccio , lunedì, 18. dicembre, 2023 18:00 (ACI Stampa).
“Il presepe allestito in piazza san Pietro si propone di rievocare, dopo ottocento anni, il clima natalizio dell’anno 1223 nella Valle Reatina, dove San Francesco sostò. Nella sua mente era ancora vivo il viaggio fatto in Terra Santa e le grotte di Greccio gli ricordavano il paesaggio di Betlemme. Pertanto, chiese di rappresentare in quel piccolo borgo la scena del Natale: giunsero molti frati da varie parti e arrivarono anche uomini e donne dai casolari della zona realizzando un presepe vivente. Nasceva così la tradizione del presepe come lo intendiamo noi”.
Sabato scorso papa Francesco ha inaugurato in piazza san Pietro il presepe della Valle reatina e l’albero di Natale, proveniente dalla Valle Maira in provincia di Cuneo, chiedendo di pensare a Greccio, che rimanda a Betlemme, per rivivere il Mistero accaduto più di 2000 anni fa, fino al prossimo 7 gennaio.
A don Marco Tarquini, direttore dell’Ufficio delle Comunicazioni Sociali della diocesi di Rieti, grazie alla collaborazione di Raffaella Piz, segretaria della ‘Valle del Primo Presepe’, abbiamo chiesto di raccontarci il motivo per cui san Francesco volle fare un presepe proprio a Greccio: “Siamo a Greccio. Francesco viene in questo sperduto paesino, abitato da gente povera e affamata, perché ha in mente di rappresentare la nascita di Gesù. E’ il Natale del 1223, tre anni prima della sua morte. Convoca il paese e organizza un ‘presepe vivente’, portando anche un bue e un asinello. Tutto il quadro denota povertà e semplicità. Francesco ha avuto la lucidità spirituale di cogliere ‘il segno’ in quella nascita, ha intuito quanto fosse incisivo”.
Quale è il significato del presepe che volle dare il santo assisiate?
“San Francesco desidera far vedere con gli occhi la condizione di precarietà in cui il Figlio di Dio sceglie di nascere a Betlemme. Per questo sceglie di celebrare l’Eucaristia della notte di Natale del 1223 in una grotta, su un altare ai piedi del quale fa mettere la greppia del presepe ed accanto l’asino e il bue. In questo modo si coglie il mistero del Dio che si fa bambino e che sceglie di nascere nella povertà e nella piccolezza, l’Onnipotente che si mette indifeso nelle nostre mani. Tutti davanti a ciò che vedevano e sentivano in quella notte, potevano capire cosa era stato il Natale di Betlemme e cos’è ogni Eucaristia. Perché in ogni santa Messa il Figlio di Dio continua a donarsi nella povertà della sua carne. Guardando il presepe, possiamo anche noi farci piccoli come il bambino Gesù, farci più semplici e andare all’essenziale della nostra vita che è l’amore che si fa dono”.