Quale è stata l’attività principale della Commissione del corso dell’anno?
L’evento principale è stato senza dubbio la nostra plenaria a Roma nel marzo scorso, culminata con una udienza del Santo Padre. Il Papa ha riproposto in sintesi il messaggio che viene dalle origini e dalla storia dell’Unione Europea, nata dal sogno dei padri fondatori, un sogno di unità e di pace. Abbiamo avvertito le parole di papa Francesco come un richiamo a un impegno che deve essere dei membri della nostra Commissione e delle nostre Chiese, per contribuire così al cammino verso una unità e una pace sempre più grandi nella stessa Unione e in tutto il continente.
Quali sono i vostri obiettivi?
Siamo chiamati a rilanciare la nostra missione istituzionale, anche di fronte alle scadenze che la vita dell’Unione presenta, in particolare la prossima tornata elettorale europea del giugno 2024.
Sono in gioco, infatti, il destino dell’Unione e soprattutto la sua capacità di rispondere in maniera significativa alle attese non solo dei Paesi che le hanno dato vita ma anche alle attese di tanti altri in questo tempo. Il paradosso sta nel fatto che mentre si constata una disaffezione, se non una insofferenza, di non poco conto da parte di molti nelle popolazioni dell’Unione verso di essa, c’è una profonda attesa perché essa raggiunga la capacità di dare soluzione a una serie di nodi e di problemi ai quali i singoli Paesi devono comunque far fronte e che sperimentano di non essere nelle condizioni di sciogliere.
Come pensate di rispondere a queste sfide?
Le Commissioni che lavorano sotto la presidenza di un vescovo e sono passate da tre a sei: oltre a quelle per affari legali, affari socio-economici e azione esterna, ora anche quelle per immigrazione e asilo, etica ed educazione e cultura. Inoltre, si è appena costituito un nuovo gruppo di lavoro sulla sostenibilità, che si occupa di ambiente, energia e agricoltura. Inoltre, il rinnovo di don Manuel Barrios Prieto come Segretario generale della COMECE segna una volontà di continuità e di consolidamento del lavoro che si sta svolgendo.
I conflitti in corso hanno impatto sull’Europa?
Difficile dire gli effetti diretti e indiretti in Europa dei conflitti in corso, di cui auspichiamo, e per questo soprattutto una preghiamo, una soluzione giusta e pacificatrice. Certo, il clima attuale non è determinato solo dalla guerra in Ucraina, ma anche dalla guerra esplosa in Israele e Palestina dopo l’attacco terroristico del 7 ottobre scorso. È certo che ogni sforzo deve essere messo in campo per indirizzare diversamente discorsi e pensieri rispetto a una deriva rassegnata al peggio.
Quale è stata la risposta della COMECE?
Abbiamo diffuso il 10 novembre una Dichiarazione firmata da tutti i vescovi delegati, nella quale si segnala una grande preoccupazione per le vittime, per i popoli e i loro diritti, per gli effetti di deterioramento del clima sociale (si fa riferimento non a caso a diversi fenomeni di disgregazione della coesione sociale) e non ultimo dei rapporti tra le nazioni. Abbiamo notato che “la polarizzazione della comunità internazionale, alimentata da una rinnovata logica di competizione tra grandi potenze, insieme all’erosione della fiducia nei contesti di cooperazione multilaterale, lascia aperto anche lo scenario di un’escalation incontrollabile con conseguenze catastrofiche per l’intera umanità”.
Cosa farete in vista delle elezioni?
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Abbiamo definito un documento di lavoro che racchiude una rassegna delle più importanti questioni che stanno a cuore alla comunità ecclesiale e che sono comunque determinanti per il futuro della stessa Unione Europea. Questi i temi: stato di diritto e democrazia, dialogo basato sull’art. 17 TFUE, diritti fondamentali, diritto di famiglia e difesa della vita umana, guerra e pace, giustizia sociale - lotta alla povertà - difesa dei più vulnerabili, digitalizzazione e intelligenza artificiale, cura della casa comune, migrazione e asilo, allargamento dell’UE, relazioni esterne dell’Unione Europea – posto e missione dell’Europa nel mondo.
Ma come vede la situazione in Europa?
Penso si debba allargare lo sguardo per fissarlo su alcune dinamiche culturali che si muovono nel fondo della vita dei nostri popoli.
A cosa si riferisce?
Mi riferisco alla tendenza a chiudersi in difesa di una sicurezza che ci si illude di garantirsi istallandosi in un dorato isolamento, effetto in realtà di una paura che non riesce ad essere gestita perché mancano gli strumenti di lettura e di interpretazione della complessità, adattandosi a risposte semplicistiche ma proprio per ciò inutili. I segnali che arrivano dagli esiti delle tornate elettorali nazionali, come l’ultima nei Paesi Bassi, destano qualche preoccupazione almeno per tre fattori: l’affermarsi della tendenza populistica, l’incertezza degli esiti del voto spesso con l’effetto di produrre una situazione politica difficilmente governabile, la consistenza crescente dell’astensionismo.
Cosa segnalano questi fenomeni?