Panella punta il dito contro i rescripta del Papa, che avrebbero riportato le lancette della storia indietro a Canossa, al 1075, con il Papa re. “Questo – sottolinea Panella - è un processo storico: saremo giudicati per quello che diremo e per quello che faremo”.
Pannella affronta, uno ad uno, i 20 capi d’imputazione a carico del suo assistito, e quello, la truffa, a carico delle società riconducibili a Crasso, da HP Finance LLC a Prestige Family Office SA, fino a Sogenel Capital Investment. Crasso in realtà ha gestito i fondi della Segreteria di Stato prima come dipendente di Prime Consult e poi di Credit Suisse.
Panella contesta il fatto che Crasso fosse “un pubblico ufficiale”, come si definisce in dodici imputazioni, anche se poi in un’altra imputazione, del 30 marzo 2023, viene definito estraneo alla Pubblica Amministrazione Vaticana.
L’avvocato ha dunque gioco facile a sottolineare che il promotore di Giustizia “confonde la gestione degli investimenti della Segreteria di Stato e la gestione del cliente Segreteria di Stato per conto della società Credit Suisse”, che è quello che avrebbe fatto il suo assistito. Che “è sempre stato retribuito dalle banche e dalle società d’investimento, non dalla Segreteria di Stato”.
Non solo. Crasso controllava soprattutto che gli investimenti di Segreteria di Stato fossero compatibili con la sua classe di rischio, e l’avvocato mette in luce come quel tipo di investimenti immobiliari fossero operati dalla Segreteria di Stato già dagli anni Novanta.
Diverso il discorso delle presunte “tangenti”, che in realtà sono – spiega l’avvocato – le fees che Crasso riceveva per la sua attività di introducer.
Da Falcon Oil al Fondo Athena
Come si è arrivati all’investimento di Londra? Si partiva dall’ipotesi di investire sulla Falcon Oil, una società petrolifera in Angola, e Mincione era stato individuato come un esperto di commodities. Quando si decise di non investire più perché non ce n’erano le condizioni, fu lasciata a Mincione libertà di investire. Ma cosa sapeva Crasso di come Mincione gestisse l’investimento? Nulla, secondo l’avvocato, che contesta così molti dei reati già nei presupposti.
Panella poi sottolinea che "è un'assurdità anacronistica pensare che la Chiesa debba liberarsi dei sui beni, dei suoi immobili per darli ai poveri: anche secondo il Codice di Diritto canonico, la Chiesa può possedere, gestire e amministrare i suoi beni per ottenere i suoi fini” pastorali e di evangelizzazione. “La stessa destinazione delle offerte dei fedeli – per Panella - può essere il mantenimento della Sede apostolica e il complesso delle sue attività, cosa sfuggita al promotore di giustizia, che ha confuso l'impiego dei beni con la loro amministrazione".
Gli investimenti di Crasso
Considerando che gli investimenti sono sempre stati in linea a partire dagli anni Novanta, dice l’avvocato, è “grave dire, come ha fatto la parte civile Segreteria di Stato, che grazie al Cardinale Becciu i mercanti sono entrati nel tempio”. Anzi, anche il “credit Lombard” – una particolare forma di prestito - utilizzato nel 2012 per reperire le risorse per Falcon Oil “ha fruttato 16 milioni di sterline di plusvalenze” e dunque è stata una ottima soluzione per la Segreteria di Stato.
Per quanto riguarda invece il coinvolgimento di Crasso nell’acquisto del palazzo di Londra, questi non aveva “prima di tutto idea del valore dell’immobile”. Poi, è vero, partecipò alle riunioni a Londra per il passaggio delle quote dalla GOF di Mincione alla GUTT di Torzi, ma non solo non fu parte di “alcun accordo fraudolento”, ma era stato anche escluso dalle riunioni dopo aver messo in luce alcune criticità. Insomma, Crasso, non aveva partecipato alla definizione dell’accordo che conferiva a Torzi le uniche mille azioni con diritto di voto, e non ha mai “dettato” il famoso memorandum del novembre 2018, richiesto dal nuovo sostituto, l’arcivescovo Edgar Peña Parra, all’avvocato Squillace, un altro degli imputati.
Secondo l’avvocato Panella, il processo è stato costruito su “elementi privi di fondamento”. Crasso è coinvolto anche in un incontro con l’officiale di Segreteria di Stato Fabrizio Tirabassi (anche lui sotto processo) e il broker Torzi all’Hotel Bulgari di Milano nel dicembre 2018. Lo stesso Crasso registrò la conversazione, e l’avvocato dice che dalla conversazione integrale si nota chiaramente come Crasso sia estraneo alle vicende, piuttosto marginale, mentre sono attivi gli officiali di Segreteria di Stato che cercano di convincere Torzi a cedere le sue quote alla Santa Sede.
L’obiettivo di Torzi – secondo il suo avvocato – era quello di “fare fuori” Crasso dalla gestione degli investimenti e prendere il suo posto.
La riunione era “molto tesa” – spiega il legale – ma dalla registrazione non risulta nemmeno che nessuno abbia mai offerto a Torzi 9 milioni, e dunque né l’estorsione di Torzi né la corruzione potrebbero sussistere.
Anzi, il momento in cui viene proposto di far transitare le azioni attraverso il fondo Centurion riconducibile a Crasso viene considerato da Torzi un “atto di guerra”, ed è in quello stesso giorno che si apre la chat di gruppo “I magnifici tre” con Torzi, Giuseppe Milanese (ovvero l’amico di Papa Francesco chiamato dal Papa a fare il negoziato con Torzi per rilevare l’immobile, che poi uscirà di scena) e l’avvocato Manuele Intendente. Torzi escluderà l’officiale di Segreteria di Stato Fabrizio Tirabassi dal board GUTT.
Era stato Perlasca, continua la difesa, a consigliare, per uscire dall’impasse, la sottoscrizione di quote del fondo Centurion. Panella sottolinea che la Segreteria di Stato “non ha tratto alcun dalle operazioni” svolte con le società di Crasso Hp Finance, Prestige e Sogenel, anzi come sottoscrittore di Centurion la Santa Sede ha goduto di una plusvalenza di 5,5 milioni di euro.
L’avvocato Panella sottolinea che non ci sono prove nemmeno della corruzione di Crasso e Tirabassi compiuta dal broker Raffaele Mincione, tra gli imputati, come sostenuto da Torzi (in una dichiarazione non utilizzabile nel processo) e il testimone Fabio Perugia, che riferisce accuse sentite da Alessandro Noceti e che “aveva solo l’interesso di prendere il posto di Crasso come consulente della Segreteria di Stato”.
L’avvocato nega l’accusa di autoriciclaggio. La società Aspigam, che veniva usata come veicolo ed era di proprietà del broker Simetovic e non di Crasso, ha ricevuto dal Fondo Athena 2 milioni 259 mila dollari americani, e 3,5 milioni di euro sono stati versati a Divanda, società di Crasso. Ma questa cifra sarebbe quelle delle commissioni da Credit Suisse attraverso Apsigam a Crasso, per la sua attività di introducer, esercitata dal 2014, una volta lasciata la banca svizzera da pensionato.
Le parti civili
Panella ha contestato anche le richieste di risarcimento delle parti civili. L’avvocato nota che la Segreteria di Stato ha chiesto 128 milioni di danni non patrimoniali, ma di immagine, sulla base di una perizia che era piuttosto – dice Panella – “una rassegna stampa del processo”. Dunque, il danno di imagine lo avrebbe fatto il clamore mediatico del processo, non le accuse. “È legittimo chiedere un danno – ha insistito Panella – se c’è un nesso di casualità diretto con i fatti che vengono contestati”.
Per quanto riguarda l’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica (APSA), questa non sarebbe nemmeno intitolata a chiedere un risarcimento, perché l’eventuale perdita finanziaria riguardava la Segreteria di Stato, e solo successivamente le competenze amministrative furono trasferite alla Segreteria per l’Economia. Era un tema sollevato all’inizio del processo, anche se poi il presidente del Tribunale Pignatone aveva ammesso la presenza della parte civile APSA
Lo IOR è addirittura arrivato a chiedere alla Segreteria di Stato i soldi versati come contributo volontario dal bilancio perché siano restituiti al Papa. Si tratta di un contributo dal profitto dello IOR, nell’ultimo bilancio definito dividendo, che ha sempre aiutato la Santa Sede a coprire il bilancio e che veniva dato dallo IOR senza vincolo di destinazione, versati alla Segreteria di Stato.
Panella sottolinea che quelli sono “soldi della Segreteria di Stato”, e “non erano sufficienti alla gestione della Curia Romana e che nulla dimostra che siano state investite a Londra”.
Nel corso della requisitoria, Panella ricorda anche che non sono mai stati usati soldi dell’Obolo di San Pietro, come era la narrativa iniziale, ma altri fondi.
Enrico Crasso
Al termine dell’udienza dell’11 novembre, Enrico Crasso ha voluto leggere una lunga dichiarazione spontanea. Rotto dall’emozione, ha ripercorso i passi della sua vita, la sua carriera, i suoi inizi da famiglia modestissima, e la sua crescita di “un ragazzo che si è fatto da solo”, passo dopo passo. Crasso ha rivendicato di aver sempre operato per la Segreteria di Stato e di aver fatto il massimo per il cliente.
Ora si trova anche con una richiesta del fisco svizzero, che ha valutato la sua società Sogenel dieci volte quanto ascritto a bilancio, e con fondi congelati che non gli permettono di ottemperare alle richieste delle autorità svizzere. L’avvocato chiede per lui l’assoluzione con formula piena, ma anche la revoca della confisca e, nel momento della sentenza, una rapida trasmissione della stessa alle autorità svizzere.