Sua Beatitudine si è soffermato sulla necessità di poter ricollocare i profughi, e in particolare di superare alcuni problemi per il trasferimento di rifugiati ucraini che si trovano in strutture di accoglienza nel Centro-Nord Italia anche in altre zone, specialmente a Sud (caso recentemente accaduto a Firenze). Questi trasferimenti, infatti, creano un ulteriore sradicamento nelle famiglie, che già hanno dovuto lasciare le loro case. La richiesta di Sua Beatitudine è che i profughi, una volta collocati, non vengano più trasferiti proprio per favorire a loro l’inculturazione nel tessuto sociale italiano.
Per l’arcivescovo maggiore della Chiesa Greco Cattolica Ucraina, la priorità è quella della cura dei traumi della guerra, e infatti il tema del Sinodo della Chiesa Greco Cattolica Ucraina di quest’anno, che si è tenuto a Roma dal 3 al 13 settembre, è stato “L’accompagnamento pastorale e la cura delle ferite di guerra”. D’altronde, sin dall’inizio del conflitto, con l’annessione della Crimea e le autoproclamate repubbliche di Donetsk e Luhansk che nel 2014 hanno creato una situazione di costante guerra a bassa intensità, la Chiesa Greco Cattolica Ucraina, insieme alle altre confessioni religiose del Consiglio Pan-Ucraino delle Chiese e Organizzazioni religiose di Ucraina, ha portato avanti progetti per il supporto psicologico e pratico alle vittime dei traumi di guerra. Uno di questi progetti fu anche tra quelli finanziati con l’iniziativa “Il Papa per l’Ucraina”.
Nel corso del colloquio, il presidente del Consiglio Meloni ha definito l’appoggio dell’Italia all’Ucraina come “una scelta di convinzione, una battaglia giusta del popolo ucraino perché gli ucraini difendono i valori europei”, e sottolineato come aiutare l’Ucraina “sia anche nell’interesse nazionale italiano”, perché l’aggressione russa avrebbe messo a rischio le condizioni per la pace intaccando l’integrità di un Paese indipendente.
Meloni ha anche sottolineato che la guerra in Medio Oriente è figlia della guerra in Ucraina e si deve lavorare molto per mantenere viva l'attenzione sull'Ucraina. Per quanto riguarda la futura ricostruzione dell’Ucraina, il presidente del Consiglio italiano ha detto che l’Italia si è già impegnata per la ricostruzione di Odessa e ha elogiato la resistenza ucraina.
Sua Beatitudine Shevchuk ha invece descritto la guerra in Ucraina come una guerra “genocida e neocoloniale”.
Secondo un comunicato di Palazzo Chigi, “il Presidente Meloni ha ribadito che l’Italia continuerà ad essere al fianco dell’Ucraina e del suo popolo da ogni punto di vista, da quello politico a quello umanitario, e che proseguirà senza sosta nel suo impegno a 360° per arrivare ad una pace giusta, duratura e complessiva. Il Presidente del Consiglio ha ribadito che l’Italia intende dare il suo massimo contributo per il processo di ricostruzione, sottolineando anche la disponibilità già offerta per i siti culturali della città di Odessa e la Cattedrale della Trasfigurazione”.
Il Cardinale Parolin sull’Ucraina
Lo scorso 28 e 29 ottobre si è tenuta la terza riunione della Peace Formula dell’Ucraina. La riunione ha avuto a luogo a Malta e ha visto la partecipazione di più di 65 Stati. Per la Santa Sede, era presente l’arcivescovo Savio Hon, nunzio apostolico, mentre il Cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, ha inviato un videomessaggio.
Parlando alla conferenza, il Cardinale Parolin ha detto di sostenere il “Piano di pace” presentato dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky, specialmente per quanto riguarda le questioni umanitarie. Il segretario di Stato vaticano si è anche impegnato a continuare a lavorare per riportare prigionieri e bambini in Ucraina.
Nel videomessaggio, il Cardinale ha anche sottolineato che questa iniziativa per la pace è stata al centro di numerose discussioni sin da quando è stata introdotta al G20 del novembre 2022.
Il piano di pace di Zelensky è strutturato in dieci punti, e il Cardinale Parolin lo definisce “uno sforzo commendevole, che merita supporto non solo perché punta a offrire una risposta concreta a vari tipi di danno causati dalla guerra, ma anche perché incoraggia a non considerare il confronto armato come uno strumento inevitabile per risolvere i conflitti”.
Proprio questa necessità di superare la logica dello scontro è “la verità che la Santa Sede ha ripetutamente proclamato di fronte alle guerre che hanno lacerato il mondo nei periodi più recenti della nostra storia”.
Il Cardinale Parolin ha ricordato che lo stesso Papa Francesco ha chiesto pace a più riprese, “sia nei suoi innumerevoli interventi, sia in azioni svolte a favore dell’Ucraina”, e ha chiesto ai presenti di chiedersi “Cosa sto facendo oggi per la popolazione ucraina”?
Il capo della diplomazia vaticana ha anche sottolineato che il fatto che ci siano così tanti attori internazionali mostra che “non siamo rassegnati ad accettare la tragedia che ci si dipana di fronte agli occhi e che abbiamo il coraggio di affrontarla”, e ha affermato che “trovare una soluzione non è solo la responsabilità dell’Ucraina: è una responsabilità comune”.
Il Cardinale ha anche chiesto un impegno “più grande e più creativo”, per “superare gli ostacoli e aprire percorsi che attualmente sembrano inaccettabili o impossibili”.
La Santa Sede, ha aggiunto il Cardinale Parolin, chiede il rispetto della legge internazionale, specialmente riguardo l’integrità territoriale, e “incoraggia tutte le iniziative che puntano a cercare una pace giusta e stabile in Ucraina”.
Oltre al lavoro per la restituzione dei bambini, oggetto particolare della missione speciale del Cardinale Matteo Zuppi, la Santa Sede supporta l’Ucraina anche nella conservazione dell’ambiente naturale. In effetti, l’inquinamento delle falde acquifere a causa delle mine e di altri materiali esplosivi è da tempo un problema nell’Ucraina orientale, e rischia di diventare ache un problema umanitario.
FOCUS AUSTRALIA
L’arcivescovo Gallagher in Australia per i 50 anni di relazioni diplomatiche
Dal 4 al 10 novembre, l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati, sarà in Australia per festeggiare i cinquanta anni di relazioni diplomatiche tra la Santa Sede e il Paese down under.
L’arcivescovo Gallagher inizierà la sua visita domenica 5 novembre con la celebrazione della messa nella cattedrale di St. Mary a Sydney. Il 6 novembre, il “Ministro degli Esteri” vaticano sarà ancora a Sydney per tenere un corso presso l’Università cattolica australiana, incontrare la Conferenza episcopale cattolica australiana e tenere un incontro con il Consiglio delle Chiese orientali dell’Australia.
Il 7 novembre, l'Arcivescovo Gallagher si recherà nella capitale, Canberra, dove sarà accolto nella Nunziatura Apostolica. L’8 novembre, invece, incontrerà Don Farrell, Ministro del Commercio, del Turismo e degli Investimenti; e David Hurley, governatore generale dell'Australia.
Il 9 novembre, l’arcivescovo Gallagher sarà a Melbourne, dove incontrerà la comunità aborigena e celebrerà Messa con il clero locale nella cattedrale di San Patrizio.
Il 10 novembre, è previsto l’incontro dell’arcivescovo Gallagher con il suo omologo Penny Wong. Nello stesso giorno, il segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati terrà una lecture all’università di Notre Dame a Perth.
Circa il 20% della popolazione australiana si è identificata come cattolica nel censimento del 2021.
Secondo l’arcidiocesi di Melbourne, la visita dell’arcivescovo Gallagher mira a riconoscere i forti legami tra la Santa Sede e l’Australia, nonché il contributo della Chiesa cattolica alle questioni nazionali e internazionali, in particolare nel sostenere la pace e il dialogo nelle zone di conflitto.
FOCUS ASIA
Cina, verso una nuova missione della Santa Sede?
Il viaggio del Cardinale Matteo Zuppi in Cina per aprire nuove vie per la pace in Ucraina ha solo rimandato il viaggio di una delegazione della Santa Sede nel Paese. Ogni anno, c’è una delegazione del Paese che visita la Cina, prima per vedere se c’erano spazi per un eventuale accordo, e – dopo l’accordo del 2018 – per fare il punto sull’accordo, definire possibili modifiche, rinegoziare situazioni e soprattutto garantire una presenza che la Segreteria di Stato vorrebbe più costante, magari con la nomina di un rappresentante della Santa Sede residente a Pechino.
La particolarità di questa prossima eventuale spedizione è che avrà luogo a Pechino, dove è già stato il cardinale Zuppi, e che si profila più come una delegazione di dialogo che non come una delezione di accordi. A guidarla dovrebbe essere, come sempre, l’arcivescovo Claudio Maria Celli, formalmente in pensione da incarichi operativi ma in realtà con il “Dossier Cina” saldamente nelle mani, studiato dagli anni Ottanta del secolo scorso quando era un semplice officiale della Segreteria di Stato vaticana.
Come sempre, non ci sono informazioni ufficiali sulla delegazione, né ci saranno comunicazioni. Oltre all’arcivescovo Celli, la delegazione dovrebbe includere monsignor Miroslaw Wachowski, sottosegretario vaticano per i rapporti con gli Stati, monsignor Samuele Sangalli, sottosegretario del Dicastero dell’Evangelizzazione.
Sri Lanka, la Chiesa si appella all’Alto Commissario ONU per i diritti umani
Dalle stragi di Pasqua 2019, quando i terroristi si fecero saltare in aria in tre chiese causando centinaia di morti, la Chiesa Cattolica dello Sri Lanka ha chiesto incessantemente giustizia, lamentando anche l’inazione del governo di fronte alle informazioni di un possibile attentato che non erano state “processate” a dovere.
Ora, la Chiesa Cattolica si è appellata all’Alto Commissario ONU per i diritti umani per avere un sostegno che garantisca una indagine trasparente sulle stragi di Pasqua. La richiesta è stata reiterata dal Cardinale Malcolm Ranjith, arcivescovo di Colombo, quando ha incontrato la scorsa settimana a Ginevra Nada al-Nashif, vice Alto Commissario per i Diritti Umani.
Il cardinale Ranjith ha chiesto di incontrare il vice commissario proprio per lamentare che il processo giudiziario per trovare le responsabilità degli attacchi di Pasqua 2019 sia ora in fase di stallo. Il Cardinale ha espresso la sua totale fiducia nel meccanismo internazionale che porti giustizia per gli oltre 260 civili uccisi il 22 aprile 2019.
Il Cardinale si è rivolto alle autorità internazionali perché il presidente Ranil Wickermesinghe ha rifiutato di offrire una alternativa interna credibile, addirittura smentendo le accuse di un coinvolgimento dei servizi srilankesi negli attentati che invece sono state “ragionevolmente dimostrate” in una indagine della tv inglese Channel Four, sia che si parli di un coinvolgimento attivo che del fatto che almeno avessero avuto notizia degli attacchi.
Il presidente, insieme al ministro della Difesa, hanno deciso così non portare avanti una indagine che fosse totale, trasparente e credibile, e nemmeno nominato un altro comitato. Il presidente ha anche criticato il cardinale in una intervista con una tv tedesca, quasi dicendo che la sua richiesta di giustizia è diversa da quella di altri membri del clero. La Conferenza Episcopale Srilankese ha rifiutato fortemente questa affermazione del presidente.
FOCUS MULTILATERALE
La Santa Sede all’ONU, sull’eliminazione del razzismo
Il 30 ottobre, si è tenuto alla Nazioni Unite di New York una discussione su “Eliminazione del razzismo, discriminazione razziale, xenofobia e intolleranza correlata”.
Intervenendo nel dibattito, l’arcivescovo Gabriele Caccia, osservatore permanente della Santa Sede alle Nazioni Unite, ha affermato che il razzismo è un male che resta nella società nonostante gli apparenti progressi e cambiamenti nelle legislazioni, e può suscitare tensioni nelle comunità e a livello internazionale.
La Santa Sede ha sottolineato che tutti i membri della razza umana condividono gli stessi diritti e doveri fondamentali perché tutti in possesso della stessa dignità che è data da Dio. Il razzismo, d’altra parte, si attacca all’idea sbagliata che una persona, ridotta ad una mera caratteristica, sia superiore ad un'altra. Ma questo – ha affermato l’arcivescovo Caccia – è “un affronto alla dignità inerente di ogni essere umano, e si manifesta in razzismo, xenofobia e discriminazione contro migranti, rifugiati e cercatori di asilo”.
La Santa Sede, ha aggiunto l’arcivescovo, è preoccupata riguardo “la continua crescita di casi di intolleranza religiosa, discriminazione e persecuzione”. I governi, ha concluso il nunzio, hanno “il dovere di proteggere il diritto dei loro cittadini alla libertà religiosa considerando i molti posti in cui la libertà religiosa subisce restrizioni.
La Santa Sede all’ONU, contro la pirateria nel mare
Parlare di pirateria marittima può sembrare anacronistico, eppure questa ora accade, seppure non secondo le modalità romantiche che sono tramandate. Per questo, il 31 ottobre, si è discusso alle Nazioni Unite degli “Accordi su dispute che hanno come parti le organizzazioni internazionali e prevenzione e repressione della rapina armata in mare”.
L’arcivescovo Caccia ha sottolineato che definizioni chiare e precise “sono necessarie per garantire una applicazione appropriata delle linee guida e l’efficacia del meccanismo di risoluzione delle controversie, e ha apprezzato l’approccio della commissione di basare le sue linee guida e raccomandazioni sulla pratica esistente delle organizzazioni internazionale nella risoluzione dei conflitti.
L’arcivescovo Caccia ha anche notato che “a livello internazionale, la Santa Sede è riconosciuta come Stato, e non come un soggetto sui generis di legge internazionale”, e ha dunque chiesto di correggere il rapporto della Commissione Legislativa Internazionale.
La Santa Sede apprezza anche il lavoro di prevenzione e repressione di pirateria e rapina a mano armata nel mare, considerando che le tradizionali forme di pirateria hanno continuato ad evolvere. Per quello, era necessario che ci fossero nuovi approcci e sanzioni legali. Il suggerimento della Santa Sede è di continuare a seguire lo sforzo attuale di chiarire e basarsi su standard esistenti, e in particolare sulla pratica degli Stati.
La Santa Sede alle Nazioni Unite, le operazioni di mantenimento della pace
L’1 novembre, l’arcivescovo Gabriele Caccia, osservatore permanente della Santa Sede alle Nazioni Unite, ha parlato nell’ambito del Quarto Comitato, che è conosciuto come il Comitato di Politica Speciale e Decolonizzazione. Si parlava di operazioni di mantenimento della pace, peacekeeping.
La Santa Sede ha messo in luce che, a causa dei crescenti livelli di conflitti armati in tutte le regioni del globo, c’è anche un crescente bisogno di operazioni di peacekeeping per assistere nella salvaguardia della pace in quelli Stati che richiedono assistenza per la sicurezza. La Santa Sede nota anche che le operazioni di pace devono sempre partire dalla dignità inerente della persona umana e proteggere i civili come una massima priorità.
La Santa Sede alle Nazioni Unite, alcune questioni legali
Il 2 novembre, l’arcivescovo Gabriele Caccia, Osservatore permanente della Santa Sede, è intervenuto durante una discussione del Sesto Comitato, che riguarda questioni legali, e che riguardava diversi aspetti, dalla sussidiarietà alla responsabilità degli Stati.
L’arcivescovo Caccia ha spiegato cosa significhi la sussidiarietà allorquando vanno determinate le regole della legge internazionale. La formulazione delle linee guida della Commissione sull’uso di mezzi sussidiari, che richiede una approfondita analisi scientifica, “sarebbe un importante contributo allo sviluppo della legge internazionale”.
Il nunzio ha incoraggiato la commissione ad incorporare diverse fonti e riferimenti da regioni, tradizionali legali e linguaggi differenti.
L’arcivescovo Caccia ha anche sottolineato che sussidiario “significa servire una funzione ausiliare”, e dunque che le fonti sussidiarie non sono “loro stesse fonti di legge”, e che non vanno confuse le fonti diritto internazionale vincolanti con quelle non vincolanti.
La Santa Sede all’ONU, questioni legali sulle migrazioni
Il 2 novembre, l’arcivescovo Gabriele Caccia, Osservatore Permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, ha parlato al Sesto Comitato, che parla con questioni legali, sul tema dell’espulsione di alieni, ovvero di persone provenienti dal di fuori die confini nazionali.
L’arcivescovo Caccia ha notato che le bozze degli Articoli della Commissione di Diritto Internazionale non chiamano in questione il diritto degli Stati di regolare la migrazione, ma che allo stesso tempo enfatizzano il primato dei diritti umani e della dignità umana sugli interessi nazionali.
La Santa Sede supporta l’estensione del principio di non-refoulment, ovvero quello di non rimpatriare persone che provengono da Stati in conflitto, e anche lo sviluppo progressivo della limitazione della pena di morte.
L’arcivescovo Caccia ha enfatizzato che le persone che vengono deportate devono essere sempre trattate con dignità, e che la priorità più alta deve essere data al diritto a vivere in famiglia. È importante che gli stranieri che vengono espulsi godano sia dei diritti sostanziali che dei necessari meccanismi procedurali che permettono di esercitare quei diritti.
La Santa Sede ha notato che “dato che i conflitti in varie parti del mondo esacerbano il numero di persone marginalizzate e stressate, c’è bisogno di decisioni critiche”.