Roma , venerdì, 3. novembre, 2023 18:00 (ACI Stampa).
Perché, ci si chiede, perché proviamo sempre, in qualunque tempo e condizione, un’irresistibile attrazione per lui, per quell’ "uomo versatile e scaltro", ma anche capace di suscitare compassione e immedesimazione anche in noi, disillusi e anaspirituali uomini e donne del ventesimo secolo… Il soggetto in questione è ovviamente Ulisse, l’eroe eternamente in viaggio, eternamente perduto ed eternamente trionfante, su tutto e su tutti, persino sui suoi stessi limiti e sue disgrazie.
Che Ulisse e il racconto delle sue avventure abbiano un fascino inossidabile lo dimostra anche il fatto che proprio in queste ultime settimane se ne è discusso molto anche grazie alla pubblicazione di due volumi: un saggio-memoire di Alessandro D’Avenia, dal titolo Resisti, cuore, in cui lo scrittore ripercorre i ventiquattro canti del poema non solo con il piacere che provoca come capolavoro, ma come una sorta di breviario per imparare a vivere.
Del resto, D’Avenia è uno studioso di Lettere classiche e un insegnante, che da anni propone ai suoi studenti la lettura dell’opera anche ad alta voce. Nel raccontare le peripezie di Ulisse percorre la propria esperienza personale e quello di ogni uomo verso il proprio originale compimento esistenziale. Può capitare di perdere la gioia di vivere la nostra personale odissea, perciò rileggere il poema omerico potrebbe essere una buona occasione per "fare ritorno".
Del resto, l’autore ha più volte sottolineato che rileggere il poema gli ha fatto pensare e concepire il suo nuovo libro proprio come un viaggio alla scoperta di alcune verità fondamentali su se stesso e sulla sua vita, perché in fondo "la letteratura ha questo compito: smascherarci, farci venire alla luce, farci vivi a noi stessi".
Questo potrebbe essere il filo conduttore per cominciare ad andare in giro per il mondo – e nel tempo - insieme ad Ulisse. Soprattutto ritrovare noi stessi quando tutto sembra perduto, quando ci ritroviamo spogliati di tutto, abbandonati, esuli, senza nessuno che ci riconosca, che sia pronto a offrirci aiuto. Allora ecco che prendiamo le sembianze dell’Ulisse che approda nella sua Itaca come un mendicante, uno straniero male in arnese che nessuno riconosce (tranne il cane Argo, simbolo di una fedeltà senza limiti e del tutto gratuita), messo alla prova fino all’ultimo respiro. Ed è in questo che consiste la nostra umanità più profonda, essere mendicanti, mendicare l’amore. In definitiva, come diceva don Giussani, essere mendicanti è la vera condizione umana e del vero cristiano, "il mendicante è il vero protagonista della storia". Così diventa Ulisse, il re, il condottiero, l’astuto orditore di inganni, l’affascinante avventuriero che riesce a far innamorare di se’ principesse, maghe, dee..sì. è tutto questo, ma alla fine è come mendicante che riesce a tornare a casa.