Cosa dice Papa Francesco nel motu proprio? Il Papa ricorda che l’Accademia ha “costantemente incarnato l’esigenza di porre la teologia a servizio della Chiesa e del mondo, modificando quando necessario la propria struttura e ampliando le proprie finalità”, e infatti gli statuti sono stati più volte aggiornati, fino all’approvazione degli ultimi da parte di San Giovanni Paolo II nel 1999.
Ma oggi, aggiunge Papa Francesco, “ad una Chiesa sinodale, missionaria ed in uscita non può che corrispondere una teologia in uscita”. Il Papa ammonisce tuttavia che “l’apertura al mondo, all’uomo nella concretezza della sua situazione esistenziale, con le sue problematiche, le sue ferite, le sue sfide, le sue potenzialità, non può però ridursi ad atteggiamento ‘tattico’, adattando estrinsecamente contenuti ormai cristallizzati a nuove situazioni, ma deve sollecitare la teologia a un ripensamento epistemologico e metodologico.
Un cambio di paradigma
Ci vuole, dunque, “una svolta, un cambio di paradigma” nella riflessione teologica, un percorso verso una “teologia fondamentalmente contestuale, capace di leggere e interpretare il Vangelo nelle condizioni in cui gli uomini e le donne quotidianamente vivono, nei diversi ambienti geografici, sociali e culturali e avendo come archetipo l’Incarnazione del Logos eterno, il suo entrare nella cultura, nella visione del mondo, nella tradizione religiosa di un popolo”.
Il Papa delinea una teologia che si sviluppa “in una cultura del dialogo e dell’incontro tra diverse tradizioni e diversi saperi, tra diverse confessioni cristiane e diverse religioni, confrontandosi apertamente con tutti, credenti e non credenti”, in una dimensione razionale che “connota e definisce, dal punto di vista epistemico, lo statuto della teologia”.
Per Papa Francesco, ci vuole una teologia non autoreferenziale, perché questo “conduce all’isolamento e all’insignificanza”, ma piuttosto transdisciplinare, che il Papa definisce “un’interdisciplinarità in senso forte, distinta dalla multidisciplinarità, intesa come interdisciplinarità in senso debole”, cosa che secondo lui favorisce “una migliore comprensione dell’oggetto di studio considerandolo da più punti di vista, che tuttavia rimangono complementari e separati”.
Una teologia in dialogo con gli altri saperi
Papa Francesco chiede alla teologia di “essere in grado di avvalersi di categorie nuove elaborate da altri saperi” (e in effetti fu l’esperimento latino-americano, con le categorie marxiste mutuate nella Teologia della Liberazione), ma con lo scopo di “penetrare e comunicare le verità della fede e trasmettere l’insegnamento di Gesù nei linguaggi odierni, con originalità e consapevolezza critica”.
Dialogo, insomma, sia con gli altri saperi, che con la comunità ecclesiale, perché “il teologo non può che vivere in prima persona la fraternità e la comunione, a servizio dell’evangelizzazione e per arrivare al cuore di tutti”.
Una teologia sapienziale
Al punto 7, Papa Francesco ricorda però che la teologia non è solo disciplina scientifica, ma deve guardare anche all’aspetto sapienziale, e nel sostenerlo guarda indietro a Tommaso d’Aquino e al concetto di carità intellettuale del Beato Antonio Rosmini. Secondo il Papa, “l’Idea di Sapienza stringe interiormente in un ‘circolo solido’ la Verità e la Carità insieme, sicché è impossibile conoscere la verità senza praticare la carità”.
Guardare alla Sapienza, dunque, per non “disumanizzarsi e impoverirsi”, contribuendo così al dibattito di “ripensare il pensiero, mostrando di essere un vero sapere critico in quanto sapere sapienziale, non astratto e ideologico, ma spirituale, elaborato in ginocchio, gravido di adorazione e di preghiera; un sapere trascendente e, al contempo, attento alla voce dei popoli, dunque teologia ‘popolare’, rivolta misericordiosamente alle piaghe aperte dell’umanità e del creato e dentro le pieghe della storia umana, alla quale profetizza la speranza di un compimento ultimo”.
Il timbro pastorale
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È una caratteristica che Papa Francesco descrive come “timbro pastorale”, e che significa non contrapporre “teoria e pratica”, ma piuttosto di partire “dai diversi contesti e dalle concrete situazioni in cui i popoli sono inseriti, lasciandosi interpellare seriamente dalla realtà, per divenire discernimento dei ‘segni dei tempi’ nell’annuncio dell’evento salvifico del Dio-agape, comunicatosi in Gesù Cristo”.
Il dialogo con il popolo
Papa Francesco sottolinea che si deve prima di tutto – ed è un concetto che mutua dalla Teologia del Popolo, l’alternativa alla Teologia della Liberazione che Bergoglio abbracciò – “privilegiare il sapere del senso comune della gente che è di fatto luogo teologico nel quale abitano tante immagini di Dio, spesso non corrispondenti al volto cristiano di Dio, solo e sempre amore”.
Il Papa ricorda che “la teologia si pone al servizio della evangelizzazione della Chiesa e della trasmissione della fede, perché la fede diventi cultura, cioè ethos sapiente del popolo di Dio, proposta di bellezza umana e umanizzante per tutti”.
Sono tutte sfide che la Pontificia Accademia di Teologia è chiamata a sviluppare, anche “creando una comunità accademica di condivisione di fede e di studio, che intessa una rete di relazioni con altre istituzioni formative, educative e culturali e che sappia penetrare, con originalità e spirito d’immaginazione, nei luoghi esistenziali dell’elaborazione del sapere, delle professioni e delle comunità cristiane”.
A questo servono i nuovi statuti, con cui – secondo il Papa- “la Pontificia Accademia di Teologia potrà così più facilmente perseguire le finalità che il tempo presente richiede”.