Sono parole che portano l’eco di vari dibattiti che ci sono stati al Sinodo. Sono stati particolarmente apprezzati gli interventi che mettevano Gesù Cristo al centro, e che sostenevano con forza la collegialità episcopale. Di fronte a quella che veniva definita come “vaghezza”, c’era voglia di una maggiore concretezza di Chiesa, racconta un padre sinodale. Forse è una visione parziale della situazione, ma rappresenta anche un umore generale differente dalla narrativa sul Sinodo.
Le tre parti del documento di sintesi
La prima parte del documento di sintesi è intitolato “Il Volto di una Chiesa Sinodale”. È diviso in sette paragrafi. Di particolare interesse l’enfasi che viene data alle tante differenze presenti nella Chiesa Cattolica, come pure alle tradizioni dell’Oriente cristiano e della tradizione latina. Al Sinodo, i delegati fraterni, ma anche i vescovi delle Chiese orientali, hanno spesso parlato di come la sinodalità ad Oriente sia diversa da quella che si sta definendo nel mondo occidentale.
I Sinodi delle Chiese di Oriente non sono para-democrazie cui partecipano tutti, ma organi che riguardano solo i vescovi. Il rischio che viene segnalato da alcuni è quello di avere una Chiesa senza corpi intermedi: da una parte, il Papa e i vescovi, dall’altra i laici. Guardare alla tradizione orientale significa cercare un equilibrio, e non è facile.
La seconda parte dovrebbe avere come tema: “Tutti discepoli, tutti missionari”. È diviso in sei paragrafi, e uno dovrebbe anche riguardare il ruolo del vescovo di Roma nel collegio dei vescovi. Tra l'altro, va notato che la rifroma della Curia definisce la Curia come al servizio del Papa e dei vescovi e perché la sua attuazione potrebbe favorire una maggiore sinodalità tra i dicasteri di Curia. Insomma, si pensa ad un cambiamento del ruolo del vescovo di Roma - ma di un nuovo esercizio del primato petrino parlava, in fondo, anche la Ut Unum Sint di San Giovanni Paolo II - e questo potrebbe riguardare anche il modo in cui si coinvolgeranno i cardinali. Un tema, quest'ultimo, interessante, considerando che Papa Francesco ha convocato solo tre concistori su discussioni generali. L’ultimo è stato nel 2022, dedicato alla riforma della Curia, con modalità che però non hanno permesso a tutti di esprimersi.
Sembra che il Sinodo voglia anche chiedere di stabilire una accountability dell’operato dei rappresentanti pontifici. In pratica, i nunzi potrebbero essere messi sotto il controllo delle Chiese locali. Questo potrebbe avere conseguenze sull’indipendenza dei nunzi, che sono invece i diretti rappresentanti del Papa, e che dunque solo al Papa devono rispondere.
La Parte Terza del Documento di Sintesi ha come titolo “Tessere legami, generare comunità”, ed è composto da sei paragrafi.
La settimana
L’ultima settimana di Sinodo ha visto diversi cambiamenti nel calendario e nelle discussioni. I circoli minori hanno eletto un altro segretario (ce ne era uno diverso per ogni inizio di discussione), chiamato a verbalizzare le proposte di emendamento e le conferme dei modi.
È un Sinodo in cui le testimonianze e l’emotività sono protagoniste. Alla fine della scorsa settimana, ci sono state testimonianze provenienti da Paesi e regioni in guerra o in sofferenza, come il Medio Oriente, l’Ucraina e l’Amazzonia.
Nelle discussioni si è affrontata anche la comunione con il successore di Pietro, e si è sottolineato che chi non si sente in comunione ferisce il corpo della Chiesa. La lettera al popolo di Dio, licenziata in questa settimana, ha avuto 336 voti a favore e 12 contrari.
Qualche highlight dai briefing a margine del Sinodo.
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Il Cardinale Kurt Koch ha ribadito l’importanza della dimensione ecumenica, “molto visibile all'inizio del processo sinodale, quando c'è stata la veglia di preghiera, una veglia ecumenica, per me è stato impressionante. È una visione davvero forte, la sinodalità ha anche una dimensione liturgica. Ci deve essere reciprocità tra ecumenismo e sinodalità”.
L’arcivescovo Stanisław Gądecki di Poznan in Polonia, ha affermato che il metodo di questo sinodo ha permesso di “evitare le discordie”, perché il metodo permette di “esprimere le proprie idee, affrontare quelle degli altri e riscoprire il silenzio. Questa è stata una scoperta per noi, parlare con l'aiuto dello Spirito Santo. La sinodalità adoperata da noi ci fa vedere che esiste un metodo con cui si può progredire non soltanto sulla sinodalità, ma anche con le guerre, i conflitti mondiali”.
La sinodalità, dunque, come metodo per la pace. E chissà che il Papa non ci pensi, scrivendo una nuova enciclica proprio sul metodo sinodale per la risoluzione dei conflitti.