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Sinodo 2023, Cardinale Bo, “Il Sinodo non è una odissea nello spazio preprogrammata"

L’arcivescovo di Yangon porta la voce dell’Asia, le sfide della Chisa in Myanmar hanno così voce nello spazio sinodale. E tratteggia le tre vie della riconciliazione nel pontificato di Francesco.

Cardinale Bo | Il cardinale Bo alla Messa nella Basilica di San Pietro, 23 ottobre 2023 | Vatican Media / You Tube Cardinale Bo | Il cardinale Bo alla Messa nella Basilica di San Pietro, 23 ottobre 2023 | Vatican Media / You Tube

È la voce dell’Asia, territorio di antica evangelizzazione e dalle molte religioni, quella che il Cardinale Charles Maung Bo, arcivescovo di Yangon, porta al Sinodo dei vescovi, nell’omelia che apre l’ultima settimana della XVI assemblea generale del Sinodo. Il Cardinale Bo parla anche delle sfide della Chiesa in Myanmar, della Chiesa in Asia, dell’impatto ambientale, ma sottolinea anche l’importanza di un cammino sinodale che “non è un’odissea nello spazio preprogrammata”, e che ha l’intenzione di “guarire e riconciliare il mondo in giustizia e pace”.

Oggi i padri sinodali cominceranno a discutere della Lettera al Popolo di Dio in Circoli minori, dopo che il programma dei lavori è stato cambiato per permettere di avere due giorni per meditare il testo che verrà licenziato oggi. Si comincia con una Messa, come di consueto, e a celebrarla è l’arcivescovo di Yangon, che parte dalle Scritture del giorno, da Adamo ed Eva che scelgono le tenebre, all’Esodo in cui si ritrae Dio come “liberatore di un popolo oppresso” e dà inizio al mistero pasquale, dando un messaggio chiarissmo: “Dio non abbandona mai il suo popolo”, e Dio “mantiene sempre le sue promesse”.

Per questo, sottolinea il Cardinale, “il nostro cammino sinodale non è un'odissea nello spazio preprogrammata con equazioni matematiche fisse”, ma è piuttosto il risultato di una chiamata di Dio, consapevoli che “la fede illumina il cammino attraverso i momenti più bui e tumultuosi della vita, permettendoci di vedere la grazia di Dio che penetra nelle ombre”. E allora, “come Abramo, anche la Chiesa è chiamata a essere giusta, a incarnare un cammino sinodale di fede con la certezza che Dio non delude mai”.

Il cardinale Bo comprende che “questo percorso sinodale è intergenerazionale, che è stato avviato dalla Chiesa e che inaugura un lungo cammino di speranza per tutta l'umanità, anche in mezzo a disordini globali, come testimoniano i recenti avvenimenti nell’Asia occidentale e in altre regioni del mondo”, e sottolinea che il grande tema è quello del Vangelo di oggi, che “affronta l'insaziabile avidità che alberga nel cuore umano e che porta all'egoismo egocentrico, il peccato originale che è alla base di molte sofferenze e conflitti umani”.

L’arcivescovo di Yangon sottolinea che la parabola del ricco proprietario terriero, lettura del giorno, è “una metafora del mondo presente, dove le guerre e l'industria delle armi accumulano grandi ricchezze a spese della sofferenza di milioni di persone”. E ricorda che “l'avidità umana ha già inflitto ferite profonde al nostro pianeta e ha privato milioni di persone della loro dignità, come ha sottolineato Papa Francesco nei suoi recenti e importanti documenti”.

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Il cardinale rilegge i documenti di Papa Francesco nell’ottica di “una triplice riconciliazione per salvare l'umanità e il pianeta: la Riconciliazione con Dio (Evangelii gaudium), la Riconciliazione con la natura (Laudato si') e la Riconciliazione tra di noi (Fratelli tutti)”.

Per questo, aggiunge, “il nostro cammino sinodale riguarda la guarigione e la riconciliazione del mondo nella giustizia e nella pace. L'unico modo per salvare l'umanità e creare un mondo di speranza, pace e giustizia è la sinodalità globale di tutte le persone”.

Nel Sinodo, aggiunge il cardinale, “una delle nostre grandi preoccupazioni è l'eredità che lasceremo alla prossima generazione. L'ambiente è stato preso in prestito dai giovani, e l'eredità che spetta loro, un mondo più pacifico in cui l'integrità della creazione è intatta, è in pericolo. Il riscaldamento globale ha devastato le comunità e i mezzi di sussistenza di milioni di persone, minacciando di sfuggire alla prossima generazione”.

Il tema è quello di giustizia intergenerazionale, un tema che colpisce in particolare l’Asia, dove si trova “una popolazione significativa di comunità cristiane indigene, in particolare nel Mar Cinese Meridionale, nell'India centrale, in Vietnam e in Myanmar”, le quali “hanno protetto la natura, ma hanno anche sofferto per le ideologie moderne, la colonizzazione e lo sfruttamento delle risorse”.

Il cardinale Bo ricorda che “l'Asia è il luogo di nascita delle principali religioni del mondo ed è in questa regione che il messaggio di Gesù ha messo le prime radici. La Chiesa in Asia ha affrontato diverse sfide nel corso della storia, ma rimane vibrante e giovane. Il nostro cammino di fede in Asia non è privo di difficoltà, ma questo incontro sinodale ci ha spronati a tornare ai grandi giorni dell’evangelizzazione da parte degli apostoli”.

Infine, il cardinale ricorda la situazione nella sua terra, il Myanmar, dove “il nostro piccolo gregge è attualmente disperso per via di disastri naturali e crisi provocate dall'uomo, che causano crisi multidimensionali e immense sofferenze. Il nostro popolo è in esodo. Le case sono scomparse, le chiese hanno sopportato il peso della crudeltà e la Via Crucis è una realtà dolorosa in molte parti dell'Asia”.

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Come le donne che hanno seguito “Gesù lungo la Via Crucis, la Chiesa in Myanmar e in Asia investe nella speranza della riconciliazione”, così noi – aggiunge il cardinale – “continuiamo il nostro cammino sinodale pieno di lacrime, confidando che, come quelle donne, vedremo guarite tutte le ferite, e che una nuova alba di speranza, pace e giustizia risplenderà su ogni nazione a lungo sofferente”.

Il cardinale conclude: “Preghiamo perché la Chiesa cattolica, sotto la guida di Papa Francesco, conduca l'intera famiglia umana nel lungo cammino di guarigione del nostro mondo e del nostro pianeta, guidandoci infine a un nuovo cielo e una nuova terra”.