Il 25 ottobre c’è la Congregazione generale, e in quell’occasione sarà presentato e consegnato lo schema della relazione di sintesi da parte del relatore generale. Nel pomeriggio, di nuovo congregazione generale, con vari interventi liberi, e poi il rosario nei giardini vaticani.
Il 26 ottobre si discute nei circoli minori di eventuali “emendamenti” allo schema della relazione di sintesi, e poi nel pomeriggio ci si riunisce di nuovo in Congregazione generale, per una raccolta su metodi e tappe per la fase successiva del processo sinodale, prima della seconda sessione.
Quindi, di nuovo vacanza il 27 ottobre, e il 28 ottobre, il sabato, si leggerà in aula la relazione di sintesi, in sessioni mattutine e pomeridiane, prima dell’approvazione che terminerà con il canto del Te Deum.
Il dialogo teologico
Siamo, dunque, al rush finale dell’appuntamento sinodale. Il Papa ha voluto riservatezza, e a dire la verità i dibattiti sono rimasti molto all’interno del Sinodo. Ma è anche vero che i dibattiti hanno riguardato principalmente situazioni interne, con preghiere per la pace e occasionali sguardi al mondo reale. L’impressione è che il dibattito manchi di concretezza. Soprattutto, non sembrano venire fuori temi fondamentali, come quello della mancanza di vocazioni, o del crollo di cattolici praticanti anche in nazioni tradizionalmente cattoliche. Quali sono i rimedi che si vogliono mettere in campo? Cosa significa, in questo caso, comunione, partecipazione e missione?
Intanto, il Sinodo cerca di darsi una cornice teologica. Lo scorso 20 ottobre, si è tenuto il secondo dei due appuntamenti serali nella Basilica di San Pietro che sono anche parte di un impegno di dare un quadro teologico al sinodo in corso. L’evento aveva un titolo emblematico: “Fermo restando il primato della cattedra di Pietro: l’esercizio del ministero petrino in una Chiesa Sinodale”.
Il titolo è emblematico perché da una parte sembra voler mantenere la centralità della cattedra petrina, ma dall’altra punta a aprire un dibattito per una riforma di tutta la Chiesa in senso sinodale.
Moderatore dell’incontro era Don Dario Vitali, coordinatori degli esperti teologi all’assemblea sinodale. Vitali ha detto che il primato della cattedra di Pietro salvaguarda “la diversità al servizio dell’unità”, e poi ha dato il via agli interventi. Gli interventi riguardavano la storia e l’evoluzione del dogma dell’infallibilità del Magistero di Pietro.
Don Leonardo Pelonara ha parlato di “un fruttuoso richiamarsi a vicenda di primato e collegialità” negli eventi che hanno portato poi Pio IX a proclamare il dogma dell’infallibilità. Un dogma che il Papa volle in un periodo in cui “si assisteva al tentativo degli Stati di eliminare dal loro interno l’influenza della Chiesa”, anche per “suscitare un’unità reale, visibile e operativa di tutto l’episcopato”.
Don Luca Massari, docente di Teologia dell’Istituto superiore di scienze religiose Sant'Agostino di Pavia, ha parlato del possibile dissenso delle decisioni papali. Secondo Massari, il primato petrino va considerato “come fattore costitutivo di una Chiesa sinodale, occorre immaginarne una modalità di esercizio che non impedisca, anzi, autorizzi altre voci a parlare, a portare il proprio contributo all’oneroso compito di discernere la volontà di Dio”.
Don Massari ha fatto riferimento anche alla volontà di Papa Francesco di dare più peso alle Conferenze Episcopali, i cui documenti sono diventati parte delle encicliche papali, con ampie citazioni. Il teologo ha sostenuto che la recezione dei documenti papali da parte del popolo di Dio “non è semplicemente passivo”, perché invece l’insieme dei battezzati è chiamato a verificare “la plausibilità di una posizione adottata nel contatto con la propria esperienza credente: coglie la fruttuosità di un pronunciamento, ne patisce i limiti, soprattutto ne declina le potenzialità a contatto con la propria cultura e con le categorie che ne strutturano l’apertura al reale”.
Il ruolo dei vescovi sarebbe dunque quello di “vigilare sul processo”, perché “l’applicazione di uno stesso provvedimento magisteriale potrà portare anche ad interpretazioni differenti a latitudini diverse della galassia ecclesiale, a patto che non venga meno il riconoscimento reciproco tra esiti non uniformi”.
Iscriviti alla nostra newsletter quotidiana
Ricevi ogni giorno le notizie sulla Chiesa nel mondo via email.
Nell'ambito di questo servizio gratuito, potrete ricevere occasionalmente delle nostre offerte da parte di EWTN News ed EWTN. Non commercializzeremo ne affitteremo le vostre informazioni a terzi e potrete disiscrivervi in qualsiasi momento.
Insomma, se un dissenso produce “un dinamismo positivo”, allora è propizio, mentre se il discernimento “conduca a divisione e polarizzazione”, va considerato infruttuoso”.
Va – ha detto Massari – “innanzitutto esclusa la possibilità che sia un pastore a farsi interprete in prima persona di un atto di dissenso dal magistero pontificio”, per evitare che la pubblica contestazione “alimenti fenomeni di polarizzazione all’interno del popolo di Dio”. Diverso è il caso del dissenso manifestato da “altre componenti del popolo di Dio” o da teologi, “che hanno il compito di rischiarare alla luce della ragione teologica le radici dell’inattualità o dell’opportunità di un provvedimento o insegnamento magisteriale”.
Infine la professoressa Rosalba Manes, docente di Nuovo Testamento alla Pontificia Università Gregoriana ha commentato il brano del Vangelo di Giovanni sull’ultima cena, la Pasqua del Signore, nella quale Gesù si consegna, nel pane e nel vino, completamente innanzitutto ai dodici apostoli e insegna a donarsi agli altri e purifica la mentalità dei suoi discepoli spiegando loro che chi comanda è come colui che esegue e che serve.
La studiosa ha poi ricordato che Giovanni mostra Gesù e Pietro, il maestro e l’apostolo. “Pietro è il destinatario del dono di Cristo, ma è anche quello che deve darsi da fare, deve spogliarsi delle sue ambizioni, deve diventare una roccia per avviare questo processo di fraternizzazione e deve custodire gli altri”, ha affermato la professoressa.
La settimana che verrà