Città del Vaticano , giovedì, 12. ottobre, 2023 15:00 (ACI Stampa).
Oggi i partecipanti al Sinodo sono pellegrini alle catacombe di Roma. Ma perché questa scelta? Perché il pellegrinaggio alle antiche tombe cristiane è tanto importante? Certo alcuni di loro sono dei martiri, anche famosi. Ma cosa fa nascere questa idea nella pietà popolare cristiana di Roma? E' presto detto, tutto nasca da San Filippo Neri. Non che prima non si onorassero i morti e soprattutto si celebrassero i martiri, ma il santo fiorentino più romano che c'è ne ha fatto un vero rito che seguiamo di fatto ancora oggi.
Le prime fonti arrivano dalla fine del '500 quando si iniziò la causa di canonizzazione di Filippo. Il domenicano Francesco Cardoni, frequentatore del santo, ricordava di come egli, nei primi anni della sua presenza a Roma (1533-1537), fosse solito raccogliersi in preghiera nella catacomba di San Sebastiano sulla via Appia: per "dieci anni (...) era stato nelle grotte di S. Sebastiano, dove viveva di pane et di radiche d'herbe" (Il primo processo per san Filippo Neri nel Codice Vaticano Latino 3798 e in altri esemplari dell'archivio dell'Oratorio di Roma, I, a cura di Giovanni Incisa della Rocchetta e Nello Vian, Città del Vaticano 1957, p. 133).
E i suoi biografi, primo fra tutti Antonio Gallonio scrive che spessissimo si soffermava a pregare presso quel cimitero chiamato San Calisto. E sempre al processo di canonizzazione padre Germanico Fedeli, oratoriano e intimo di padre Filippo racconta di come spesso il santo gli raccontasse che da giovane "andava spessissime volte, solo, di notte, alle Sette Chiese, pernottando nelle dette Chiese, et, anco nel cemeterio di Calisto, et, che, quando trovava le chiese serrate, si fermava nelli porticati di dette chiese, a far oratione, et (...) alle volte a leggere qualche libro al lume della luna".
Sono tanti gli episodi della vita del Santo legati alle catacombe, luogo per lui di ispirazione e raccoglimento. Lo ricorda il professore Fiocchi Nicolai del Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana in un articolo su L' Osservatore Romano del 2010. E tanti gli aneddoti spirituali. Ad esempio "quello della tentazione da parte di tre diavoli, dalle sembianze di giovani, avvenuta, secondo la testimonianza del Gallonio - il primo a riferirla - presso Capo di Bove (cioè il sepolcro di Cecilia Metella) e arbitrariamente trasferita, nella Roma Sotterranea dell'Aringhi (1651), nelle catacombe, dove, tra l'altro, i tre diavoli, per spaventare san Filippo, si sarebbero cimentati nello scuotere le lapidi che chiudevano le tombe.
Così, soprattutto, l'episodio miracoloso della frattura del costato, che ancora Gallonio e altre autorevoli fonti ricordano avvenuto, nel 1544, senza una localizzazione precisa, e che solo successivamente viene ambientato negli ipogei di san Sebastiano".