Aleppo , venerdì, 8. gennaio, 2016 9:00 (ACI Stampa).
Durerà 12 mesi, e avrà il compito di creare una mobilitazione mondiale per richiedere la fine di una guerra che da cinque anni distrugge il Paese. Caritas Internationalis lancia una campagna per la Siria, nella nazione dove si è creata la più grande crisi di rifugiati degli ultimi anni.
Già lo scorso settembre, il Pontificio Consiglio Cor Unum aveva ospitato un summit sulla situazione della Siria. Una situazione particolarmente difficile. Il summit era servito a definire le priorità degli interventi in loco, e a fare il punto della situazione. Una situazione che si fa sempre più difficile, e anche confusa. Il recente rapimento del francescano padre Aziz (che già era stato rapito lo scorso luglio) e l’incapacità di definire da chi e perché sia stato rapito sono un termometro della situazione nella regione.
Da sempre, Caritas Internationalis è impegnata sul territorio in Siria, e funge da coordinamento con le varie Caritas locali dei Paesi limitrofi, che con grande difficoltà stanno facendo fronte alla crisi dei rifugiati.
La guerra sembra non avere fine. Il primo gennaio, il vescovo di Aleppo Antoine Audo, che è anche presidente della Caritas siriana, ha sottolineato: “Non vogliamo pane, vogliamo pace! Sì alla pace come condizione di vita”. Il vescovo Audo ha anche affermato che “i leader mondiali devono riconoscere che non c’è possibilità di una soluzione militare in Siria, ma solo la possibilità di una soluzione politica. La comunità internazionale deve supportare i colloqui di pace che portino a costruire un governo di unità nazionale che venga dalla Siria”.
La soluzione politica è stata sempre perseguita dalla Santa Sede. All’inasprirsi della crisi dei rifugiati, nel 2013, Papa Francesco chiese una giornata di digiuno e preghiera per la pace. Questa giornata fu preceduta da un incontro di Dominique Mamberti, allora “ministro degli Esteri” vaticano, con gli ambasciatori accreditati presso la Santa Sede. In quell’incontro, l’allora arcivescovo Mamberti (oggi cardinale) delineò la road map della Santa Sede per la risoluzione del conflitto siriano: la cessazione della violenza come primo passo per instaurare un neegoziato, il ripristino del dialogo e della riconciliazione e la “conservazione dell’unità del paese, evitando costituzioni di zone diverse per le varie comunità e conservando l’unità territoriale”, la “tutela di tutte minoranze, compresi i cristiani, e della libertà religiosa”, e ancora la garanzia della “pari dignità a tutti i cittadini”, e, non da ultimo, la richiesta “ai membri opposizione di prendere le distanze dagli estremismi”.