Papa Francesco arriva ad una conclusione drastica: “L’economia che uccide, che esclude, che inquina, che produce guerra, non è economia: altri la chiamano economia, ma è solo un vuoto, un’assenza, è una malattia, una perversione dell’economia stessa e della sua vocazione”.
È l’economia, aggiunge il Papa, delle “armi prodotte e vendute per le guerre, i profitti fatti sulla pelle dei più vulnerabili e indifesi, come chi lascia la propria terra in cerca di un migliore avvenire, lo sfruttamento delle risorse e dei popoli che rubano terre e salute”. E tutto questo “non è economia, non è un polo buono della realtà da mantenere”, ma “è solo prepotenza, violenza, è solo un assetto predatorio da cui liberare l’umanità”.
Papa Francesco propone dunque il cammino della economia della terra e dell’economia del cammino. La prima “viene dal primo significato della parola economia, quello di cura della casa”, non intesa come “luogo fisico dove viviamo”, ma “il mondo intero, l’unico che abbiamo, affidato a tutti noi”. Per questo “fare economia significa prenderci cura della casa comune, e questo non sarà possibile se non avremo occhi allenati a vedere il mondo a partire dalle periferie: lo sguardo degli esclusi, degli ultimi”.
Questo significa superare il modello dello sguardo degli uomini, maschi occidentali, del Nord del mondo, lasciando da parte “lo sguardo delle donne: se fossero stati presenti, ci avrebbero fatto vedere meno merci e più relazioni, meno denaro e più redistribuzione, più attenzione a chi ha e a chi non ha, più realtà e meno astrazioni, più corpo e meno chiacchiere”.
Oggi, ammonisce Papa Francesco, “non possiamo più continuare ad escludere sguardi diversi dalla prassi e dalla teoria economica, così come dalla vita della Chiesa”, dato che “l’economia integrale è quella che si fa con e per i poveri - in tutti i modi in cui si è poveri oggi - gli esclusi, gli invisibili, quelli che non hanno voce per farsi sentire”. Serve, dice Papa Francesco, essere “alle periferie della scienza economica”, non studiando i poveri, ma “studiando con i poveri”, facendo di loro “soggetti della scienza, perché ogni persona ha un mondo da raccontare”, e considerando che “la prima povertà dei poveri è essere esclusi dal dire la loro, esclusi dalla stessa possibilità di esprimere un pensiero considerato serio. Si tratta di dignità e rispetto, troppo spesso negati”.
L’economia del cammino è quella che ci porta a cercare la strada di una nuova via economica, perché “il cammino dei pellegrini è da sempre rischioso, intessuto di fiducia e di vulnerabilità. Chi lo intraprende deve presto riconoscere la sua dipendenza dagli altri, lungo il percorso: così, voi comprendete che anche l’economia è mendicante delle altre discipline e saperi”.
Nota Papa Francesco: “Come il pellegrino sa che il suo viaggio sarà impolverato, così voi sapete che il bene comune richiede un impegno che sporca le mani. Solo le mani sporche sanno cambiare la terra: la giustizia si vive, la carità si incarna e, solidali nelle sfide, in esse si persevera con coraggio”.
Per il Papa, essere economisti ed imprenditori di Francesco “oggi significa necessariamente essere donne e uomini di pace”. Da qui, l’invito a “non avere paura delle tensioni e dei conflitti”, di “abitarli e umanizzarli ogni giorno”.
Papa Francesco affida dunque ai giovani “il compito di custodire la casa comune ed avere il coraggio del cammino. È difficile, ma so che voi potete farcela perché ce la state già facendo. So che non è immediato inserire i vostri sforzi e condividere i vostri sogni all’interno delle vostre Chiese e tra le realtà economiche dei territori che abitate. La realtà sembra già configurata, spesso impermeabile come un terreno su cui non piove da troppo tempo”.
Per questo, ci vogliono “pazienza e intraprendenza”, consapevoli che “il desiderio di uno mondo nuovo è più diffuso di quanto appaia, e dunque c’è bisogno di non chiudersi in se stessi, rimanendo aperti e “dando voce e forma a un popolo, perché la concretezza dell’economia e delle soluzioni che state studiando e sperimentando coinvolgono la vita di tutti”.
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