Il secondo nodo critico riguarda la costruzione delle accuse. Si è detto di Milanese, inviato dal Papa a risolvere il problema. Sia il promotore di Giustizia nella sua requisitoria che la Segreteria di Stato citano Milanese, mettono in luce che Milanese avesse interessi con Torzi, e in una delle testimonianze del processo è venuto anche fuori che la Segreteria di Stato aveva comprato dalla cooperativa OSA di Milanese 6 milioni di crediti sanitari. Perché, allora, Milanese non è stato coinvolto nel processo, se non per una testimonianza?
Il terzo nodo critico è quello degli imputati. Oltre a Milanese, compaiono spesso nelle ricostruzioni altri personaggi, a volte in combutta con Gianluigi Torzi, a volte presenti per i loro interessi. Ci sono chat in comune, scambi di informazioni, leak al momento giusto per aiutare a concludere le operazioni. Alcune delle persone menzionate sono state sentite come testimoni, ma nessuna è dalla parte degli imputati. Così, alcune possibili responsabilità che emergono dallo stesso quadro accusatorio non si rispecchiano, poi, nel processo stesso.
Il quarto nodo critico riguarda le attività dell’Autorità di Informazione Finanziaria. L’ASIF lamenta che i suoi ex dirigenti avrebbero agito fuori dai criteri del loro ufficio sin dall’inizio, per non aver informato il promotore di Giustizia della segnalazione di attività sospetta della Segreteria di Stato. L’AIF, però, è autorità di intelligence. Non segnala subito tutte le attività sospette. Fa le indagini – e infatti ha attivato diversi canali UIF di tutte le nazioni coinvolte – e poi, in caso queste fattispecie di reato si concretizzino secondo la sua valutazione, presenta un rapporto al promotore di Giustizia. La presentazione delle email inviate proprio alle UIF con le ipotesi di truffa non stanno a certificare una indagine fatta e finita, ma una indagine in corso.
C’è, insomma, una prospettiva diversa da cui vedere la situazione. La Segreteria di Stato si trova a dover risolvere un problema, l’AIF cerca di trovare per la Segreteria di Stato una soluzione che sia legale – da qui quello che viene chiamato “nulla osta”, che è un modo di sostenere che l’operazione in questione è fattibile senza problemi – e che sia efficace. È ovvio che ci sia una interlocuzione, perché l’AIF sta aiutando l’organo di governo e ponderando le situazioni possibili. È ovvio che ci sia una interlocuzione con lo studio di avvocati della Segreteria di Stato. Più che agire fuori dalle prerogative, l’AIF sembra aver agito per difendere la stabilità finanziaria della Santa Sede.
Quinto nodo critico: il ruolo dello IOR. Lo IOR destina ogni anno alla Santa Sede un contributo volontario dai profitti, che solo nell’ultimo rapporto è definito “dividendo”. Non si stanno distribuendo soldi all’azionista di riferimento. Si dà alla Santa Sede un surplus perché la Santa Sede lo possa usare a sua discrezione. Ora ne chiede la restituzione, come se poi quel denaro non sia stato già utilizzato per ripianare i bilanci o per fare altre iniziative.
La tesi dello IOR, in generale, è che lo IOR ha denunciato per evitare di finire nei guai, vedendo le operazioni altamente speculative che si stavano facendo. Lo IOR aveva ricevuto richiesta di una anticipazione di denaro alla Segreteria di Stato per risolvere alcuni debiti sul palazzo di Londra, e aveva inizialmente dato assenso alla richiesta, per poi fare incredibilmente marcia indietro. Dato che l’assenso alla richiesta non era stato immediato, perché lo IOR ha cambiato idea? E perché poi i vertici IOR hanno voluto una riunione con la Segreteria di Stato, a denuncia già fatta, per spiegare il loro punto di vista, senza però mai rivelare che avevano segnalato le operazioni al revisore generale?
Infine, la questione Becciu. L’APSA lo ritiene innocente sul caso di Cecilia Marogna, o comunque non troppo responsabile, ma poi è l’unico ente a considerare un dolo. Eppure tutte le testimonianze concordano che il Cardinale ha solo proposto l’investimento in Angola, non ha avuto altro ruolo, e poi fu decisione dell’amministrazione della Segreteria di Stato a decidere di mantenere l’impegno con Mincione, coinvolto dal consulente Enrico Crasso perché esperto di acquisizioni nel ramo petrolifero e rimasto perché si era guadagnato la fiducia di Perlasca.
A questi cinque nodi si aggiungono varie domande, che toccano anche il ruolo dell’officiale dell’amministrazione Fabrizio Tirabassi, colui per il quale è stata richiesta dal promotore di Giustizia la pena più alta. Tirabassi, però, era un esecutore, non era a capo della gestione. Quali possono essere le responsabilità?
La crisi istituzionale
Poi c’è la crisi istituzionale generata dal processo stesso. Nelle parole dello IOR, è stato “messo in ridicolo il sistema finanziario vaticano”, nelle parole dell’ASIF il problema dei vertici in abuso di ufficio è giunto persino nel rapporto sui progressi 2021 di MONEYVAL, il Comitato del Consiglio d’Europa che valuta l’aderenza agli standard internazionali antiriciclaggio dei Paesi che vi si sottopongono.
La narrativa su quel rapporto è che il rapporto è stato particolarmente positivo. Ma quel rapporto non solo era un rapporto con più luci ed ombre di quelle che si vuole dire, ma metteva in luce che c’era una crisi, ma riguardava il sistema giudiziario vaticano.
MONEYVAL metteva infatti in luce le anomalie delle indagini. “Durante le ricerche – si legge al punto 234 – un numero di apparati e documenti sono stati sequestrati, alcuni dei quali contenevano informazioni che l’Unità di Informazione Finanziaria aveva ricevuto da altre cinque controparti europee”, e che includevano più di 15 comunicazioni tra AIF e le altre UIF europee.
A seguito di questa anomalia, che avrebbe messo a rischio gli scambi di intelligence, il Gruppo Egmont, che raggruppa le Unità di Informazione Finanziaria di tutto il mondo, ha sospeso l’accesso all’intranet per lo scambio di informazioni.
“Da discussioni con le autorità della Santa Sede / Stato di Città del Vaticano – si legge ancora nel rapporto – non è chiaro se le autorità giudiziarie abbiano valutato il rischio in relazione alle potenziali conseguenze internazionali per le Unità di Informazione finanziaria che potevano venire fuori da queste perquisizione”.
La crisi è rientrata solo con la firma di un protocollo tra AIF e Promotore di Giustizia per “assicurare che la confidenzialità delle informazioni ricevute dalle UIF straniere sia protetta in casi simili in futuro”.
Non solo. Il punto 257 del rapporto segnalava “come una vulnerabilità il fatto che non tutti i promotori di giustizia lavorano esclusivamente per la Santa Sede / Stato di Città del Vaticano. La valutazione ha notato che ‘non si possono escludere’ potenziali conflitti professionali e incompatibilità’. I valutatori possono comprendere la preoccupazione espressa nella valutazione”.
Interessante è che con l’ultimo cambiamento dell’ordinamento giudiziario di Papa Francesco sia caduto l’obbligo per almeno uno dei giudici del tribunale di essere full time al servizio del tribunale stesso. Che conseguenze avrà questa decisione a livello internazionale?
Vero è che la Segreteria di Stato è stata profondamente danneggiata, perdendo la gestione degli investimenti e l’autonomia, mentre lo IOR si è incredibilmente rafforzato: il Segretario di Stato non è più membro del board, tutti gli enti in Vaticano sono tenuti ad investire solo con lo IOR secondo la costituzione apostolica Praedicate Evangelium, e sembra che nessuno possa fermare questa incredibile crescita di autonomia.
Ma lo IOR è sempre un organo di Stato che ha rifiutato la richiesta di un organo di governo, che ha prima acconsentito ad un anticipazione e poi la ha cancellata – e ci sono almeno altri due casi negli ultimi anni in cui l’istituto ha aiutato a ripianare debiti: il prestito di 11 milioni alla diocesi di Terni, contabilizzato nel rapporto IOR 2014 ma precedente alla gestione De Franssu, e quindi la questione che riguarda il monastero benedettino di Dalia, nella diocesi di Porec-Pula, che risolveva un contenzioso tra l’abbazia e la vecchia proprietà del monastero. La vicenda era del 2011, l’aiuto IOR era stato ottenuto nel 2018-2019, quando era già arcivescovo Dražen Kutleša, ora arcivescovo di Zagabria.
Perché lo IOR ha detto di no, se poi l’ultimo rapporto IOR certifica che l’istituto avesse in pancia il denaro necessario?
È un processo con più luci che ombre alla fine, che lascia poi una domanda di fondo: ma se davvero Segreteria di Stato e IOR saranno risarciti per il danno reputazionale e davvero utilizzeranno i fondi ottenuti per campagne di promozione per sistemare la narrativa, come faranno? Si faranno degli spot? Si promuoveranno degli articoli sui giornali? Oppure semplicemente il denaro andrà a rifondare un bilancio che non sembra essere più tanto florido, specialmente dopo il COVID?