Roma , venerdì, 15. settembre, 2023 18:00 (ACI Stampa).
Essere geniali, brillanti, ricevere riconoscimenti di ogni genere, servire la scienza e credere nei progressi della medicina e della tecnologia. Quel che si dice riuscire nella vita, appartenere alla categoria dei vincenti, di quelli che lasciano un’impronta addirittura lungo la strada della storia. Eppure nonostante tutto questo, non credere di essere superiori, di avere in mano il proprio destino, di essere migliori e destinati alla realizzazione di se’, non credere al successo mondano. "L’intelligenza di uno è un dono per tutti". Jérôme Lejeune lo credeva e lo ha seguito come precetto personale e filo conduttore della propria esistenza.
Pioniere della genetica moderna, abbagliato dalla bellezza di ogni vita umana e della natura, il professor Lejeune ha segnato la storia prendendo le difese dei più piccoli, dei più deboli, dei senza voce. Seguendo la sua coscienza di medico fedele al giuramento di Ippocrate e di cristiano fedele al proprio battesimo, ha mostrato brillantemente come scienza e fede possano crescere insieme e ha messo il suo sconfinato talento al servizio dei bambini con handicap mentale. Un uomo veramente libero e per nulla preoccupato degli attacchi subito così come delle onorificenze accumulatisi intorno alla sua opera.
Una storia straordinaria e poco conosciuta, purtroppo, che ora si potrà scoprire e approfondire grazie all’attesa traduzione italiana, ora in libreria, della sua biografia definitiva: Jérôme Lejeune. La libertà dello scienziato, alla quale l’autrice Aude Dugast ha lavorato per ben undici anni. Consultando migliaia di archivi, ha incontrato a lungo Birthe Lejeune, primo e indispensabile sostegno di suo marito, i suoi parenti più stretti, molte famiglie di pazienti e di collaboratori francesi e stranieri. Ne emerge un ritratto a tutto tondo di Lejeune scienziato geniale, pieno di umorismo, marito e padre di cinque figli, vicino ai grandi di questo mondo e difensore dei più piccoli.
Un uomo innamorato della vita in ogni sua espressione, della meraviglia che scaturisce dallo studio dei meccanismi perfetti che la regolano in tutte le sue fasi, dimostrando, una volta di più, che scienza e fede non si contrappongono e non si contraddicono, anzi convivono nel tratteggiare il meraviglioso arazzo dell’esistenza, del mondo creato e abitato da infinite creature. "Da sempre – affermava Lejeune – la medicina si batte per la salute e per la vita, contro la malattia e contro la morte: non può cambiare schieramento". E pensare che la sua vocazione scientifica lui la scopre da ragazzo (è nato nel 1926) grazie alla letteratura, dopo la lettura del "Medico di campagna" di Honoré de Balzac, da voler diventare pure lui medico condotto, a qualunque costo. Per questo si iscrive a Medicina, anche se nel 1951, il giorno stesso della laurea, le difficoltà economiche lo costringono ad accettare la proposta di un suo insegnante, il professor Turpin, a collaborare ad una ricerca in grande stile che questi sta conducendo sul “mongolismo”. Inizia la sua ricerca scientifica partendo dalle conclusioni cui era arrivato circa 90 anni prima il professor Down: una teoria che lui reputa scientificamente improvvisata e fondamentalmente razzista. Fino a quel periodo, infatti, il “mongolismo” è ancora considerato una tara razziale, oppure da addebitare a genitori alcolisti o sifilitici.
Lejeune invece arriverà ad affermare che la causa di una malattia genetica è determinata da una mutazione di ordine quantitativo, cioè da un eccesso o da un difetto di alcune proporzioni del codice genetico.
Nessuna tara, nessuna degenerazione razziale, nessuna contagiosità come si credeva.
Lo scienziato si impegna per individuare anche la terapia per una possibile prevenzione della sindrome, si accorge che i risultati dei suoi studi sono utilizzati dagli abortisti, con la proposta di legge “Peyret”, per promuovere la soppressione in utero dei feti diagnosticati come “malformati”; del resto lui è da sempre un convinto antiabortista. A questa grande attività scientifica e sperimentatrice fa da sostrato e fondamento, nonché sostegno un pensiero certo, chiaro, irrorato da una fede forte. Apprezzato da diversi pontefici, fino al punto che san Giovanni Paolo II lo nomina presidente della neocostituita Pontificia Accademia per la Vita. Muore il 3 aprile 1994, mattino di Pasqua, come lui stesso ha preannunciato. Il 21 gennaio 2021 Lejeune è stato dichiarato venerabile. La causa di beatificazione e canonizzazione, promossa dall’Associazione Amici del Professor Lejeune, è stata aperta il 28 giugno 2007 e si è conclusa a Notre-Dame di Parigi l’11 aprile 2012. Lo studio della sua causa sta proseguendo, con Aude Dugast proprio come postulatrice. Il suo libro permette di percorrere le vie luminose di questa vita tutta spesa per il bene dei più piccoli, alla luce del Vangelo e della convinzione che ogni vita, anche la più misera, imperfetta, sofferente, oscura, sia nobile e importante, frutto dell’amore di Dio. Una lettura consolante e vivificante, oggi più che mai.