A ripercorrere la storia degli Ulma ci ha pensato Mateusz Szpytma, uno storico che è anche un nipote di Wiktoria Ulma. Ha ripercorso la storia della famiglia che conosceva, ma anche quella di tutte le famiglie di Markowa, e le ha inserite nel volume “Il libro dei Giusti e il loro mondo”.
Parlando con ACI Stampa, Szpytma racconta anche la sua ricerca riguardo gli esecutori materiali dell’eccidio, Eilert Dieken, che aveva dato l’ordine di sparare anche ai bambini, e Jòzef Kokott, che aveva eseguito la sentenza.
Kokott, gendarme della polizia di Łańcut, fu processato nel 1958 a Rszeszow e condannato a 25 anni di prigione per l’eccidio della famiglia Ulma e di decine di altre persone, e morì in custodia nel 1980. Fu condannato a morte Włodzimierz Leś, ricattatore e poliziotto blu, che fu colui che aveva tradito gli Ulma, e che fu ucciso sulla base di una sentenza emessa dallo Stato clandestino polacco il 10 settembre 1944.
Kokott, nella sua testimonianza, aveva detto chiaramente che fu Dieken, l’allora comandante della postazione, ad aver dato l’ordine di compiere l’eccidio degli Ulma.
Eppure, Dieken continuò la sua carriera nella polizia, e nessuno si pose dubbi sul suo passato. Aveva attraversato per tre volte il cosiddetto “processo di denazificazione”, lo aveva superato senza problemi. Non aveva mai nascosto di aver prestato servizio in Polonia durante la Seconda Guerra Mondiale e di aver diretto una stazione di gendarmeria, ma non ha detto niente dei suoi crimini. Fu anche promosso, e morì nel 1960. Una indagine era stata successivamente avviata, ma non portò a nulla.
Szpytma racconta di aver ricevuto un giorno un messaggio via Facebook che gli indicava un concorso di polizia in Germania, ad Esens, ed è stato allora che ha visto per la prima volta la carriera che aveva fatto Dieken.
“Ho rintracciato – continua lo storico - sua figlia, le ho detto del Museo, e lei ha detto che era contenta che suo padre fosse ricordato nel Museo, perché sa che aveva fatto tanto bene quando era soldato in Polonia. La andai a trovare, ci parlai, ma era molto anziana, non me la sentii di dirle la verità di persona. Gliela lasciai in una busta, in caso avesse voluto sapere. Lei disse che non aveva bisogno di sapere, perché sapeva già quello di cui aveva bisogno”.
Tra le altre cose, si sa che Dieken aveva abiurato la fede cristiana, mentre Kokott era parte dei gruppi himmleriani di matrice satanista ed esoterica, come scritto nella postulazione. Gli Ulma non furono solo uccisi per aver dato ospitalità a due famiglie di ebrei, ma anche per le ragioni evangeliche di quella ospitalità. E lo dimostra la decisione di uccidere anche i bambini, così come il fatto che il massacro fu festeggiato – scrive il dicastero delle Cause dei Santi – “con sghignazzi e bevute di vodka, come in un macabro rituale”.
Quella degli Ulma non è la sola storia raccolta di Szpytma. A Markowa c’erano diverse famiglie di ebrei. Di loro, solo 120 sopravvivono dopo la guerra, e 21 sono state salvate dagli abitanti, in condizioni proibitive.
La casa degli Ulma è stata ricostruita nel Museo di Markowa, che raccoglie le storie di questi giusti e degli ebrei del villaggio. Era piccolissima, in due stanze, e un attico, dove dovevano vivere in otto, e in sedici quando furono nascoste le due famiglie ebree. C’era un tavolino in una stanza, ed è lì dove Wiktoria insegna ai bambini a leggere e scrivere. Ma ci sono anche due macchine fotografiche. Le aveva costruite Jozéf, che ama fotografare e che documenta la vita del Paese, la sua famiglia, le persone a lui care, in ritratti a volte di primo piano altre volte più ampi. Si hanno le foto dei bambini Ulma, così come si sa molto della vita di Markowa, proprio perché Jozéf osservava, raccontava, fotografava.
Da oggi, le reliquie degli Ulma sono tornate nella parrocchia che ha visto la loro famiglia crescere. La loro tomba nel cimitero, però, rimane dove era, vuota, segno comunque di devozione e luogo di pellegrinaggio.
Markowa diventa così un momento fondante per la storia polacca: è la cesura con il passato, con le accuse di antisemitismo, con la campagna e il periodo comunista, con l’occupazione nazista.
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È il momento di guarire le ferite, e la presenza del Rabbino Capo di Polonia alla beatificazione ne è una prova. Come è un segno forte che il presidente polacco, Andrzej Duda, sia stato presente sia alla beatificazione che ad un momento toccante di preghiera nel cimitero ecumenico dove sono sepolti gli otto ebrei nascosti dagli Ulma e uccisi con loro e ricordati dal Cardinale Semeraro per nome nell’omelia della celebrazione. È stato un momento di preghiera ecumenico intenso. Gli Ulma sono stati martiri. Con la loro testimonianza, hanno aperto un capitolo nuovo della storia.