Markowa , domenica, 10. settembre, 2023 14:00 (ACI Stampa).
Il matrimonio come sacramento che unisce tutta la famiglia, anche nel martirio. Un bambino che vede la luce forse per un solo secondo (non lo sappiamo) e che per questo riceve il Battesimo del sangue ed è oggi un beato senza nome. Una famiglia martire perché ha vissuto l’esperienza del Buon Samaritano. Gli Ulma, Jozef, Wiktoria e i loro figli Stanisława di 8 anni, Barbara di 7 anni, Władysław di 6, Franciszek di 4, Antoni di 3, Maria di 2, e il bimbo senza nome che vedeva la luce forse nel momento del martirio della madre, sono beati.
È una beatificazione eccezionale. È la prima volta che una famiglia viene beatificata insieme. Ed è una beatificazione che rinsalda anche il dialogo tra cattolici ed ebrei. Perché gli Ulma sono martiri per aver ospitato il popolo dell’Alleanza. Sapevano sarebbero potuti morire. Non hanno esitato a comportarsi come il Buon Samaritano. E il fatto che la beatificazione ricordi anche le famiglie ebree uccise con loro rappresenta, forse più di ogni cosa, il legame profondo tra il Popolo dell’Alleanza e i cristiani.
Infatti, ci sono anche i rappresentanti della comunità ebraica alla beatificazione, incluso il Rabbino Capo di Polonia. Sono arrivate circa 30 mila persone, da Polonia, Germania, Ucraina, anche Bielorussia, a piedi da ogni dove, con i bambini, nella grande spianata dietro il cimitero di Markowa, che a sua volta si trova a pochi passi dalla parrocchia di Santa Dorotea. Costruita negli anni Dieci del secolo scorso, la parrocchia è stata testimone della vita degli Ulma, attivi in parrocchia, vicini ai poveri. Una famiglia normale, cattolica, a suo modo brillante – Jozéf aveva sviluppato un particolare sistema di arnie, che vinse un premio e che ancora viene usato; Wiktoria insegnava, conosceva il tedesco – forgiata nella fede cristiana, che in quella chiesa a pochi passi dall’altare dove si celebra la beatificazione si è sposata, ha battezzato i bambini, ha preso parte ogni domenica alla Messa.
Nel cimitero c’è la tomba degli Ulma. C’erano quattro bare, i bambini messi a due a due, i genitori in una ciascuno, quando i corpi furono recuperati di nascosto e in fretta dopo che, quella terribile notte tra il 23 e il 24 marzo 1944, erano stati uccisi da un commando tedesco insieme alle due famiglie ebree che nascondevano. “Uccidete anche i bambini”, era stato l’ordine, tremendo, arrivato dai tedeschi. Uccisero anche il bambino che Wiktoria portava in grembo, in stato avanzato di gravidanza, la cui testa si trovò parzialmente uscita dal corpo della madre quando questo fu recuperato. Non sappiamo per quanto abbia visto la luce. Ma anche lui è beato.
Il Cardinale Marcello Semeraro, prefetto del Dicastero per le Cause dei Santi, celebra sull’altare. Se si sporgesse, vedrebbe le case con il tetto di paglia del vecchio villaggio di Markowa, conservate per non dimenticare. In quelle case, altri ebrei venivano nascosti, in locali segreti dietro la paglia in attici caldissimi di estate e freddissimi di inverno. Tutti, a Markowa, sapevano. Eppure, c’era solidarietà, nonostante il pericolo della guerra e dell’occupazione nazista. Dei 120 ebrei di Markowa sopravvissuti dopo la guerra, ben 21 erano stati salvati dalle famiglie del posto. Viene da chiedersi perché gli Ulma siano stati traditi.