Città del Vaticano , mercoledì, 6. settembre, 2023 9:20 (ACI Stampa).
Perché Papa Francesco è andato in Mongolia? È lo stesso Papa a rispondere alla domanda, nella catechesi di oggi, spiegando che “è proprio lì, lontano dai riflettori, che spesso si trovano i segni della presenza di Dio, il quale non guarda alle apparenze, ma al cuore”.
Come di consueto, Papa Francesco dedica la catechesi del mercoledì successiva ad un viaggio apostolico al viaggio stesso, ripercorrendone i momenti salienti. E in questa catechesi, il Papa racconta la storia “toccante” di questa comunità mongola, i cui 1435 potrebbero stare tutti quanti nella Basilica di San Pietro, e che però ha una grande storia di carità.
La Mongolia, dunque, con il suo “popolo nobile e saggio, che mi ha dimostrato tanta cordialità e affetto”, dice Papa Francesco. Un piccolo gregge di fedeli, dove si trovano i segni della presenza di Dio perché, aggiunge Papa Francesco, “il Signore non cerca il centro del palcoscenico, ma il cuore semplice di chi lo desidera e lo ama senza apparire, senza voler svettare sugli altri”, e lui ha “avuto la grazia di incontrare in Mongolia una Chiesa umile e lieta, che è nel cuore di Dio, e posso testimoniarvi la loro gioia nel trovarsi per alcuni giorni anche al centro della Chiesa”.
Il Papa quindi ripercorre la storia della comunità mongola, sorta “dallo zelo apostolico di alcuni missionari”, arrivati trenta anni fa “in un Paese che non conoscevano”, e poi “ne hanno imparato la lingua e hanno dato vita ad una comunità unita e veramente cattolica”, vale a dire “universale”.
Ma – ammonisce Papa Francesco – l’universalità del cattolicesimo non è “una universalità che omologa”, piuttosto è una universalità “che si incultura”, ovvero “una universalità incarnata, che coglie il bene lì dove vive e serve la gente con cui vive”.