E invece, nota Papa Francesco, “le religioni quando si rifanno al loro originale patrimonio spirituale e non sono corrotte da devianze settarie, sono a tutti gli effetti sostegni affidabili nella costruzione di società sane e prospere, dove i credenti si spendono affinché la convivenza civile e la progettualità politica siano sempre più al servizio del bene comune, rappresentando anche un argine al pericoloso tarlo della corruzione”.
La corruzione, aggiunge il Papa, “costituisce a tutti gli effetti una seria minaccia allo sviluppo di qualsiasi gruppo umano, nutrendosi di una mentalità utilitaristica e spregiudicata che impoverisce Paesi interi. È indice di uno sguardo che si allontana dal cielo e fugge i vasti orizzonti della fraternità, chiudendosi in sé stesso e anteponendo a tutto i propri interessi”.
Papa Francesco quindi ricorda che l’impero mongolo tributava “un atteggiamento rispettoso e conciliante” per le molteplici tradizioni sacre, cosa che ha reso “quasi naturale” per il popolo mongolo “arrivare alla libertà di pensiero e di religione, sancita dalla vostra attuale Costituzione; superata, senza spargimento di sangue, l’ideologia atea che credeva di dover estirpare il senso religioso, ritenendolo un freno allo sviluppo, vi riconoscete oggi in quel valore essenziale dell’armonia e della sinergia tra credenti di fedi diverse, che – ognuna dal proprio punto di vista – contribuiscono al progresso morale e spirituale dei popoli”.
Papa Francesco mette in luce che la comunità cattolica, arrivata nel Paese poco più di trenta anni fa, è “lieta di continuare ad apportare il proprio contributo”, partecipando “con entusiasmo e impegno al cammino di crescita del Paese, diffondendo la cultura della solidarietà, del rispetto per tutti e del dialogo interreligioso, e spendendosi per la giustizia, la pace e l’armonia sociale”.
In una nota molto significativa, il Papa auspica anche che “grazie a una legislazione lungimirante e attenta alle esigenze concrete, i cattolici locali, aiutati da uomini e donne consacrati necessariamente provenienti per lo più da altri Paesi, possano sempre offrire senza difficoltà alla Mongolia il loro contributo umano e spirituale, a vantaggio di questo popolo”. Significativa, perché c’è in corso il negoziato per un accordo tra Santa Sede e Mongolia, che dovrebbe riconoscere personalità giuridica alla Chiesa nel Paese. Il Papa lo menziona subito dopo. Senza personalità giuridica, la Chiesa è considerata una Ong, ed è dunque costretta a rispettare alcune norme, comque quella di una percentuale predefinita di lavoratori mongoli da assumere.
Papa Francesco ricorda che il motto scelto per il viaggio è “Sperare insieme”, e questo “esprime proprio la potenzialità insita nel camminare con l’altro, nel rispetto reciproco e nella sinergia per il bene comune. La Chiesa cattolica, istituzione antica e diffusa in quasi tutti i Paesi, è testimone di una tradizione spirituale nobile e feconda, che ha contribuito allo sviluppo di intere nazioni in molti campi del vivere umano, dalla scienza alla letteratura, dall’arte alla politica”.
Insomma, dice il Papa, “sono certo che anche i cattolici mongoli sono e saranno pronti a dare il proprio apporto alla costruzione di una società prospera e sicura, in dialogo e collaborazione con tutte le componenti che abitano questa grande terra baciata dal cielo”.
Papa Francesco consegna ai religiosi il mandato della missione
Gesù non ha inviato i suoi a diffondere un pensiero politico, ma piuttosto a testimoniare un incontro: è il mandato del Papa per i missionari e i sacerdoti che sono in Mongolia, ai quali chiede anche di “spendere la vita per il Vangelo”.
Nel secondo incontro della giornata, Papa Francesco dice di voler “assaporare il gusto della fede” della Mongolia, ricorda il primo prefetto apostolico Wenceslao Selga Padilla, mette in luce che la fede non si può far risalire solo agli anni Novanta del secolo scorso, ma ha radici molto antiche, che cominciano con l’evangelizzazione di tradizione siriaca del primo millennio, e proseguono con l’impegno missionario delle missioni diplomatiche del XIII secolo, e anche la nomina, nel 1310, di Giovanni da Montecorvino come primo Vescovo di Khān Bālīq, e dunque responsabile di tutta quest’ampia regione del mondo sotto la dinastia mongola Yuan, il quale fece la prima traduzione in mongolo del libro dei salmi.
Nel 1992, questa storia riprese, arrivarono prima i missionari del Cuore Immacolato di Maria, e poi tutti gli altri, venuti a spendere la vita per il Vangelo proprio perché “si è gustato, si è sentito il buon sapore, si è sperimentata nella propria vita la tenerezza dell’amore di Dio”, che è pura luce che trasfigura il volto e lo rende a sua volta luminoso”.
Papa Francesco ricorda le molteplici attività caritative compiute dalla Chiesa in Mongolia in 31 anni di presenza, e chiede di ripartire sempre da “quello sguardo originario da cui tutto è nato”, perché “senza di esso, le forze vengono meno e l’impegno pastorale rischia di diventare sterile erogazione di servizi, in un susseguirsi di azioni dovute, che finiscono per non trasmettere più nulla se non stanchezza e frustrazione”.
C’è bisogno, dice il Papa, di persone che vedono nel povero Gesù, e “non di persone indaffarate e distratte che portano avanti progetti, con il rischio talvolta di apparire amareggiate per una vita certamente non facile”.
Papa Francesco nota che “i fratelli e le sorelle della Mongolia, che hanno uno spiccato senso del sacro e – come è tipico nel continente asiatico – un’ampia e articolata storia religiosa, attendono da voi questa testimonianza e ne sanno riconoscere la genuinità”.
Il Papa ricorda che Gesù, inviando i suoi nel mondo, non li mandò a diffondere un pensiero politico, ma a testimoniare con la vita la novità della relazione con il Padre suo, diventato Padre nostro’, innescando così una concreta fraternità con ogni popolo”.
Nasce così una Chiesa povera, che poggia “solo su una fede genuina, sulla disarmata e disarmante potenza del Risorto, in grado di alleviare le sofferenze dell’umanità ferita”. È il motivo – rassicura Papa Francesco – per cui “i governi e le istituzioni secolari non hanno nulla da temere dall’azione evangelizzatrice della Chiesa, perché essa non ha un’agenda politica da portare avanti, ma conosce solo la forza umile della grazia di Dio e di una Parola di misericordia e di verità, capace di promuovere il bene di tutti”.
Papa Francesco si sofferma anche sulla struttura della Chiesa, che ha a capo Cristo, che ha l’ordine sacerdotale “segnato da un’intima associazione a lui, buon Pastore che dà vita per il gregge. Il Papa invita a vedere nel vescovo non un manager, ma l’immagine viva di Cristo buon pastore, e il fatto che il vescovo, il prefetto apostolico Giorgio Marengo, sia anche cardinale, è “una ulteriore espressione di vicinanza”.
Ma la Chiesa, afferma il Papa, “non si comprende in base ad un criterio puramente funzionale, secondo cui il Vescovo fa da moderatore delle diverse componenti, magari basandosi sul principio della maggioranza, ma in forza di un principio spirituale, per cui Gesù stesso si fa presente nella persona del Vescovo per assicurare la comunione nel suo Corpo mistico”.
Insomma, “l’unità nella Chiesa non è questione di ordine e rispetto, e nemmeno una buona strategia per ‘fare squadra’”; è questione di fede e di amore al Signore, è fedeltà a Lui”.
Papa Francesco esorta anche missionari e missionarie a vivere il dono che sono, coltivando la comunione, ma anche nella semplicità di una vita sobria. E rimanendo “sempre vicini alla gente”, rimanendo lì con semplicità, “senza stancarvi di portare a Gesù i volti e le storie che incontrate, i problemi e le preoccupazioni, spendendo tempo nella preghiera quotidiana.
La Chiesa si presenta al mondo come “voce solidale con tutti i poveri e i bisognosi, non tace di fronte alle ingiustizie e con mitezza s’impegna a promuovere la dignità di ogni essere umano”.
Papa Francesco conclude affidando i seminaristi alla Madre Celeste che “ha voluto darvi un segno tangibile della sua presenza discreta e premurosa lasciando che si trovasse una sua effigie in una discarica. Nel luogo dei rifiuti è comparsa questa bella statua dell’Immacolata: lei, senza macchia, immune dal peccato, ha voluto farsi così vicina da essere confusa con gli scarti della società, così che dallo sporco della spazzatura è emersa la purezza della Santa Madre di Dio”.
Infine, Papa Francesco parla “dell’interessante tradizione mongola della suun dalai ijii, la mamma dal cuore grande come un oceano di latte. Se, nella narrazione della Storia segreta dei Mongoli, una luce discesa attraverso l’apertura superiore della ger feconda la mitica regina Alungoo, voi potete contemplare nella maternità della Vergine Maria l’azione della luce divina che dall’alto accompagna ogni giorno i passi della vostra Chiesa”. Maria, con la sua storia, dimostra “che la piccolezza non è un problema, ma una risorsa”.