Da qui, il coraggio di padre Arrupe, che si trovò “una compagnia impantanata”, dopo l’Epitome del generale Lédochowski, una sorta di riassunto pratico di Costituzioni e Regole che plasmò per un certo tempo la formazione dei gesuiti, tanto che alcuni nemmeno lessero le costituzioni. Il Papa la chiama “la Compagnia dell’Epitome”, una spiritualità che lo stesso Francesco ha ricevuto nel noviziato, e che poi Arrupe decise di “mettere in movimento”.
E certo “qualcosa gli sfuggì di mano, com’è inevitabile, come per esempio la questione dell’analisi marxista della realtà”, e dovette precisare alcune cose, ma Arrupe – sostiene Papa Francesco – è stato “un uomo che ha saputo guardare avanti”, affrontando la realtà a partire dagli Esercizi Spirituali di Sant’Ignazio e lasciando come testamento quello della preghiera, in un discorso ai gesuiti che si occupavano di rifugiati in Thailandia.
L’esperienza dei gesuiti, anche di oggi, è fondamentale per il Papa. Francesco sottolinea che in tanti “mettono in discussione il Vaticano II senza nominarlo”, ma si deve seguire lo Spirito, e in questo senso apprezza il documento che fa il punto sullo stato della Compagnia di Gesù, che “parla dell’oggi, ma sempre con apertura”. E sì, il punto è la preghiera, perché con quella “il gesuita va avanti, non ha paura di nulla, perché sa che il Signore gli ispirerà a tempo debito ciò che deve fare”.
Papa Francesco sottolinea anche la sua preoccupazione per una “società mondanizzata”, ma avverte che “bisogna dialogare con il mondo, perché non potete vivere sottaceto”, o meglio “non dovete essere religiosi introvertiti, che sorridono verso dentro, parlano verso dentro, proteggono il proprio ambiente senza convocare nessuno”.
Il Papa ricorda che c’è il problema della vita facile, borghese, eroticizzata, e che lui parlando ai preti che lavorano in Curia lo scorso anno mise in luce il problema di chi guardava pornografia del cellulare, e sottolinea che oggi non c’è motivo che i problemi fossero nascosti, come una volta.
E il problema serio – aggiunge il Papa – è dato dai “rifugi nascosti della ricerca di sé, che molte volte riguardano la sessualità, ma anche altro”. Ci vuole “esame di coscienza”, prima di tutto, perché il Papa “non ha paura della società sessualizzata”, ma il modo in cui ci si rapporta a questa sessualità. È il motivo per cui il Papa parla di società mondana, termine che abbraccia anche “la smania di promuoversi”.
Papa Francesco ribadisce l’importanza dell’impegno tra i poveri, cruciale, perché “l’inserimento tra i poveri aiuta noi stessi, ci evangelizza”, anzi “i poveri hanno una sapienza speciale, la sapienza del lavoro, e anche la sapienza di assumere il lavoro e la sua condizione con dignità”.
Così, aggiunge Papa Francesco, “quando il povero si ‘incattivisce’ perché non sopporta la sua situazione – ed è comprensibile –, allora possono farsi strada il rancore e l’odio. Anche quello è il nostro lavoro: nell’accompagnarlo, bisogna evitare che il povero se ne faccia travolgere, nella prospettiva di aiutarlo a camminare, a progredire e a riconoscere la sua dignità. Nei quartieri poveri ci sono problemi seri, che non sono più seri di quelli che a volte ci sono nelle zone residenziali, salvo il fatto che questi restano nascosti”.
Papa Francesco sottolinea anche, come sempre, i problemi sulla mondanità e il clericalismo, e rimarca che “i laici clericalizzati sono spaventosi”. L’antidoto è “un esame di coscienza serio”, che deve “mettere in guardia dai demoni che suonano il campanello”.
C’è spazio anche per una domanda per gli omosessuali nella Chiesa, e sul fatto che magari loro non sentano le loro relazioni come peccaminosi. Papa Francesco sottolinea che “non c’è discussione” sulla chiamata rivolta a tutti, nota che “è evidente che oggi il tema dell’omosessualità è molto forte, e la sensibilità a questo proposito cambia a seconda delle circostanze storiche”, argomenta però che non ama che “si guardi al cosiddetto peccato della carne con la lente di ingrandimento”, e così “se sfruttavi gli operai, se mentivi o imbrogliavi, non contava, e invece erano rilevanti i peccati sotto la cintola”.
Papa Francesco invita dunque ad “applicare l’atteggiamento pastorale più opportuno per ciascuno, e fa l’esempio di un gruppo di persone trans, portate da una cappellana del Circo di Roma, una suora di Charles de Foucauld”, che “la prima volta che sono venute piangevano”, ma poi “hanno preso l’abitudine a venire”. Insomma, “tutti sono invitati! Mi sono reso conto che queste persone si sentono rifiutate, ed è davvero dura”.
Infine, gioie e dolori. Papa Francesco dice che ha più presente “la gioia della preparazione al Sinodo”, che non “è una sua invenzione”, anche se ha avuto un percorso con delle “imperfezioni”. E ribadisce che “la sinodalità non è andare in cerca di voti, come farebbe un partito politico, non è una questione di preferenze, di appartenere a questo o a quel partito. In un Sinodo il protagonista è lo Spirito Santo. È lui il protagonista. Quindi bisogna far sì che sia lo Spirito a guidare le cose. Lasciare che si esprima come fece al mattino di Pentecoste. Credo che quello sia il cammino più forte”.
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La preoccupazione del Papa, invece, è data dalle guerre, perché “dalla fine della Seconda guerra mondiale, in tutto il mondo le guerre sono state incessanti”.
Infine, il Papa invita i gesuiti ad accogliere “l’inquietudine dei giovani e aiutarli a svilupparla, affinché quell’inquietudine non si trasformi in un ricordo del passato. In altre parole, l’inquietudine deve potersi sviluppare a poco a poco”.