Amicizia sociale narrata dal prof. Agostino Giovagnoli, docente di Storia contemporanea all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, ricordando l’amicizia dello statista Aldo Moro con i giovani: “Quando avevano una trentina d’anni ha dato un contributo fondamentale per la Costituente e si rapportava direttamente a figure che avevano una grande esperienza politica come Togliatti, La Pira, Nenni, Calamandrei; aveva una capacità di sintetizzare le posizioni più diverse, di trovare i punti di convergenza, con fatica. Riusciva a costruire dei 'ponti' dal punto di vista giuridico e politico e per questo serviva una ‘umanità’, quella che avvicina gli esseri umani. Gli altri riconoscevano questa profonda autorevolezza”.
Però l’amicizia nasce anche dalle ‘occasioni’, anche drammatiche, come la recente alluvione in terra emiliana, come ha testimoniato il parroco di Lugo, don Leonardo Poli: “Ciò che è accaduto in maggio è stato un dramma ma non una tragedia perché non ha vinto la disperazione, c’è stata un’onda di bene. Quando il 16 maggio prima di addormentarmi ho visto un video con l’acqua che a Faenza era arrivata al terzo piano, gli appartamenti senza luce, e le voci che gridavano aiuto, mi sono detto: non si può dormire, bisogna vegliare e giudicare… Appena l’acqua è defluita le persone sono scese nella strada e iniziato ad aiutarsi, spazzando via l’estraneità di tanti anni, o vecchi rancori”.
Veronica Missoni è di Forlì, giovane mamma e sposa: “Da un momento all’altro mi sono trovata dall’avere la mia casa perfetta a non avere più niente. Siamo passati dal ridere, al pianto delle bambine, a un silenzio incredulo. I vicini, con cui c’era un rapporto formale, buongiorno-buonasera, ci hanno accolti. L’essenziale c’è; per me l’essenziale è la Sua compagnia che permette una dimensione nuova: la pazienza”.
Mentre l’ultimo incontro di questa edizione è stata dedicata ad esperienze di speranza in luoghi difficili, come il monastero trappista di Azer, in Siria, su cui è stata costruita una grande mostra in questa edizione. La comunità esiste dal 2005, ed è formata da quattro sorelle provenienti dalla comunità di Valserena, in provincia di Pisa, e una dall’Angola, secondo il racconto della Madre superiore, Marta Luisa Fagnani, invitando alla speranza anche nelle situazioni più difficili: “Perché Dio non guarda solo le macerie il nostro cammino di fede lascia sempre viva la scintilla di bene, occorre cercarla e valorizzarla”.
Infine Alissar Caracalla, direttrice della ‘Orientalist Dance Company’ e ‘Caracalla School of Dance’ in Libano, ha raccontato il collasso del suo Paese, iniziato il 4 agosto 2020 quando a Beirut sono esplose 2750 tonnellate di nitrato d’ammonio “e noi spargiamo semi di umanità attraverso la danza, che è la nostra missione. Attraverso la danza cerchiamo di trasmettere al nostro popolo la bellezza, la civiltà e l’ispirazione”.
Vorrei concludere il racconto di questa settimana riminese con alcune storie reali di ‘amicizia sociale’. La prima è quella di Nico Acampora, nel ristorante di ‘PizzaAut’ (veramente buona!), interamente gestito da persone autistiche, che ha raccontato la storia di questa pizzeria: “Mi dicevano, Acampora, lei non riuscirà mai ad aprire ristoranti o pizzerie con quelle persone. Oppure: se pensa di riuscirci lei è più handicappato dei suoi ragazzi! Sapete che siamo l’unico caso in Europa? Diamo lavoro a 35 persone autistiche impegnate su due ristoranti, a Cassina de’ Pecchi, nel 2021, ed a Monza, quest’anno. Abbiamo solo due … diciamo così, persone normali e sono una minoranza assoluta! I 35 fanno i pizzaioli, i camerieri, i barman. Abbiamo prodotto 260.000 pizze ed al Meeting abbiamo fatto già numeri da record”.
L’altra storia è quella raccontata da Silvio Cattarina, che con la comunità terapeutica per minorenni ‘L’imprevisto’, fondata a Pesaro nel 1990, in oltre 30 anni ha già accolto più di 1200 ragazzi, dando lavoro attraverso una cooperativa sociale: “Per loro il dolore più grande non è il male ma è il bene, è l’amore. Se non c’è l’amore, se non lo conosci, se non lo incontri, se non ti chiama, succedono sicuramente guai molto grossi e, infine il ragazzo si arrabbia, diventa aggressivo e violento. Sono così, duri, cattivi, perché hanno paura. Di che cosa? Del loro cuore e della vita, dell’immensità della vita, della realtà”.
Ed infine da Napoli la storia della cooperativa ‘La Paranza’, raccontata da Vincenzo Porzio: “Con la cooperativa ‘La Paranza’, dal 2006, insieme con un gruppo di fraterni amici, gestisco le Catacombe di Napoli nel Rione Sanità di Napoli. Per molti, la nostra esperienza è diventata un ‘modello’ virtuoso da replicare in altri contesti italiani per avviare percorsi di auto sviluppo e riscatto sociale”. La cooperativa dà lavoro a tante persone in difficoltà; il 70% di loro provenienti dal rione Sanità, ma si avvale della collaborazione di esperti e studiosi dei beni culturali. Un’amicizia che dà sostegno ad un territorio difficile: “Una storia di riscatto, nata dal basso e che punta all’essenza”.
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