Khartoum , mercoledì, 16. agosto, 2023 12:30 (ACI Stampa).
“Quando due elefanti litigano tutta l’erba viene calpestata: dice un proverbio africano. Nel caso del Sudan i due elefanti sono i due generali al-Burhan e Dagalo e l’erba è l’intero Sudan. ‘I due cretini’ sospira Walid Ahmed, che sta seduto su un letto, guarda in basso, con una mano si tiene la fronte e con l’altra stringe il polso di sua moglie. Quel giorno al mercato del Darfur è andato a fuoco quasi l’intero raccolto di un territorio grande quanto la Francia… Non è una ‘guerra civile’ poiché non nasce da contrapposizioni ideologiche o da contrasti etnici nel popolo sudanese, ma è una violenza che si è scatenata quando il capo delle forze speciali si è reso conto di poter aumentare il suo potere a Karthoum anche a prezzo del sangue”.
Così inizia l’articolo ‘Martirio Sudan’, apparso sul numero luglio/agosto del ‘Bollettino Salesiano’, curato da Antonio Labanca, addetto stampa di ‘Missioni don Bosco’ che descrive la situazione del Paese africano dove dal 15 aprile scorso si combatte una guerra fratricida. E ribadisce con le parole del direttore della Casa di Karthoum che i figli di don Bosco vogliono ‘continuare a fornire aiuto materiale e spirituale a ogni persona’.
Fa eco l’appello di ‘Missioni Don Bosco’ per la raccolta di aiuti per questa emergenza: “Il Sudan, sconvolto da diverse guerre da decenni, tra queste il conflitto in Darfur nel 2003 e la conseguente devastante crisi umanitaria, si trova in una regione molto instabile: molti Paesi vicini hanno subito importanti sconvolgimenti politici e conflitti, e questo continua a causare milioni di profughi in tutta quell’area”.
La voce, raccolta dal giornalista, che proviene dal teatro di guerra è quella di p. Mathew Job, direttore della comunità salesiana della città di Al Ubayyid (El Obeid), nel sud ovest del Paese, che chiede al mondo di parlare di quanto accade poiché questo ‘non è il momento del silenzio’. Però, nonostante tutto, i missionari hanno deciso di restare a Karthum e a El-Obeid fino a che le condizioni politico-militari lo consentono.
Lì sono apprezzati per la loro capacità di formare i giovani ai lavori dei quali il Sudan ha necessità per perseguire lo sviluppo economico. Alle due scuole professionali - la cui presenza risale a più di 40 anni fa - accedono anche i figli di famiglie musulmane, in un rispetto reciproco del quale sono consapevoli garanti le istituzioni pubbliche del Paese, caratterizzato da una progressiva presa di fiducia reciproca.