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Linguaggi pontifici, i riti scomparsi: lo stocco e il berrettone

A Natale, dal XIV al XIX secolo, si benedicevano lo stocco e il berrettone. Per ricordare la fonte e il fine del potere

Stocco e berrettone | Stocco e berrettone di Giovanni III Sobieski, Re di Polonia, donatigli dal beato Innocenzo XI dopo la vittoria sul Turco a Vienna del 12 settembre 1683 | dal blog tradidiaccepi.blogspot.com Stocco e berrettone | Stocco e berrettone di Giovanni III Sobieski, Re di Polonia, donatigli dal beato Innocenzo XI dopo la vittoria sul Turco a Vienna del 12 settembre 1683 | dal blog tradidiaccepi.blogspot.com

Tra il XIV e il XIX secolo si usava a donare a sovrani e capitani benemeriti della Chiesa lo stocco e il berrettone, ovvero il Gladium et Pileum, o l’Ennis et Galerus. Era un uso che successe a quello, più antico, di inviare ai sovrani lo stendardo di San Pietro, decorato della sua immagine e delle chiavi pontificie. Ma aveva una grande portata simbolica. Serviva a ricordare la fonte e il fine del potere.

Lo stocco e il berrettone venivano benedetti nel periodo natalizio, ed è uno dei riti ormai scomparsi della Chiesa cattolica. Ne resta, però, la portata simbolica, e resta quello che volevano dire al mondo. Ogni rito, in fondo, è un linguaggio, racconta una storia profonda.

Ne parliamo con Monsignor Stefano Sanchirico, officiale dell’Archivio Apostolico Vaticano e già prelato di anticamera di Sua Santità, esperto del cerimoniale pontificio. Monsignor Sanchirico racconta che fu Papa Innocenzo VI (1352 – 1362) ad aver iniziato la tradizione della benedizione dello stocco e del berrettone ad Avignone.

La prima notizia certa della benedizione – aggiunge – risale comunque al 1386, quando Urbano VI (1378-1389) li donò a Lucca a Fortiguerra Fortiguerri.

Ma cosa erano stocco e berrettone? “Era una distinzione molto ambita dai sovrani e dai militari – racconta monsignor Sanchirico – se l’imperatore era a Roma durante il periodo natalizio, il dono dell’arma benedetta era destinato a lui. L’arma benedetta (lo stocco) veniva sempre accompagnato dal berretto ducale di velluto cremisi su cui era ricamata in perla la colomba dello Spirito Santo”.

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Diverso lo stocco. Questi “era realizzato prevalentemente, ma non solo, da botteghe orafe romane o toscane e recava inciso sulla lama il nome del Papa e l’anno di pontificato nel quale veniva benedetto. Sul fodero campeggiavano le armi della Santa Sede e del pontefice”.

Dobbiamo ad Agostino Patrizi Piccolomini la descrizione minuziosa della benedizione e della consegna dello stocco e del berrettone.

“Se il Papa vi partecipava – racconta monsignor Sanchirico – la benedizione avveniva nel primo mattutino di Natale, o in alternativa prima della Messa della notte. Il Patrizi indica come luogo abituale della benedizione la sala dei Paramenti detta del Pappagallo, oppure la sagrestia della Basilica di Santa Maggiore, ad Presepe, qualora il pontefice vi celebrasse o assistesse la Messa della notte, assegnata tradizionalmente dalla liturgia stazionale romana a quella basilica”.

Quindi, dopo la costruzione del Quirinale, il rito poteva anche celebrarsi nelle sale di quel palazzo.

La sequenza rituale – continua monsignor Sanchirico – “è rimasta praticamente immutata fino alla metà del XIX secolo”.

Funzionava così: il Papa veste i paramenti fino alla stola, impone l’incenso che gli viene offerto dal Cardinale primo prete, pronuncia la preghiera di benedizione, asperge o incensa lo stocco e il berrettone. Questi erano presi da un tavolo rivestito di candide tovaglie, illuminato da ceri ed erano sorretti da un chierico di camera genuflesso in cotta e rocchetto, io in cappa qualora il Papa non celebrasse, ma assistesse alla messa successiva e al mattutino.

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E ancora – spiega Monsignor Sanchirico – “la spada veniva sorretta dalla sua impugnatura e il berrettone era collocato sulla punta della medesima. Spada e berrettone erano portate dal chierico di Camera, precedendo la croce papale fino al luogo della celebrazione del mattutino o della Messa. Quindi, arrivato di fronte all’altare, consegnava spada e berrettone a un mazziere che li avrebbe sostenuti fino al termine della celebrazione, mentre lo stesso chierico si andava a porre o a fianco del decano della Rota, o prendeva posto degli altri chierici di Camera”.

Ricordate la Rosa d’Oro? Anche questa veniva benedetta e inviata a un principe o a qualche benemerito attraverso legazione pontificia. E anche questa aveva visto il suo rito modificato durante la cattività avignonese. In maniera del tutto analoga, anche stocco e berrettone vivono di questi cambiamenti. E, come la Rosa d’Oro, questi venivano inviati al destinatario a mezzo di una speciale legazione apostolica.

Ma cosa succedeva se nella notte di Natale era presente il Sacro Romano imperatore o qualche altro sovrano cui spettava il dono pontificio?

Sempre sfogliando l’amato Patrizi Piccolomini, monsignor Sanchirico ricorda che “l’imperatore, rivestito di cotta e di piviale, indossato alla maniera dei vescovi e cinto dello stocco benedetto, cantava l’Exit Edicutum a Caesare Augusto, e cioè la settima lettura del mattino. Prima della lettura, e prima di avvicinarsi al Papa per chiedere la benedizione, l’imperatore vibrava per tre volte lo stocco in aria, dopo averlo fatto toccare per terra. Era un gesto che dimostrava la prontezza dell’imperatore a difendere il Vangelo”.

Lo stesso gesto compivano sovrani e principi, che però avevano riservata la quinta lettura a conflictu. Questi fino al Sei – Settecento indossavano il piviale alla maniera degli avvocati concistoriali, cioè con l’apertura verso il braccio destro.

Come si spiegava il rito? C’è una omelia di Sisto IV (1471 – 1484), riportata da Patrizi Piccolomini, che lo spiega: si ricorda al principe che riceve il dono che non ha potestà secolare e jus della spada né da se stesso, né dai suoi popoli, bensì da Cristo Re e supremo monarca.

Ma più di ogni cosa, sottolinea monsignor Sanchirico, è “il testo stesso della benedizione che suggerisce il senso più profondo del rito”.

Eccolo: “Ti chiediamo, Signore Gesù Cristo, di degnarti di benedire questa spada in difesa della Santa Romana Chiesa e della Repubblica Cristiana, costituita a mezzo della nostra benedizione per il castigo dei malfattori, a onore invero dei buoni, affinché per mezzo di essa colui che ne sarà cinto, con tua ispirazione, eserciti la forza con giustizia ed equità, rovesci l’iniquità e protegga e difenda da ogni pericolo la tua Santa Chiesa e i suoi fedeli, che per redimere con il tuo sangue prezioso oggi ti sei degnato di scendere sulla terra e assumere la nostra carne”.

Molte di queste armi pontificie sono custodite in vari musei del mondo: a Venezia ce ne sono tre, mentre nella Sagrestia pontificia sono tuttora conservati uno stocco ed un berrettone benedetti nel 1824 da Leone XII (1823-1829), la cui destinazione è incerta e lo stocco mutilo del berrettone destinato da Pio IX (1846-1878), dopo la fine dello Stato Pontifico al generale Hermann Kanzler, ultimo comandate dell’esercito pontificio.

(2 – continua)