Lisbona , sabato, 5. agosto, 2023 14:00 (ACI Stampa).
Don Vincenzo Guastella è il direttore della pastorale giovanile di Ragusa e ha accompagnato i suoi ragazzi a questa GMG di Lisbona. Attesa, gioia, riflessione, allegria e voglia di condividere sono i sentimenti provati dai giovani durante queste giornate di feste. Ma il cammino verso la GMG è iniziato già qualche tempo fa, Don Vincenzo lo racconta ad ACI stampa.
Come sì sono preparati i giovani di Ragusa alla GMG?
Durante quest’anno pastorale, in tutte le parrocchie della nostra diocesi, sono state ospitate le riproduzioni dei segni della GMG: la Croce ed il quadro della Salus Populi Romani. Il Vescovo Giuseppe, nella Chiesa Cattedrale, ha affidato questi segni ai giovani. Questi, poi, dal 30 novembre fino al 10 giugno, si sono “passati il testimone”. È stata un’idea che, come Servizio di Pastorale Giovanile diocesano, abbiamo pensato non solo finalizzata in preparazione per la GMG di Lisbona ma è stata concepita anche come un "defibrillatore”: accogliere per qualche giorno la Croce ed il quadro della Salus, creare momenti di preghiera per i giovani e con i giovani, ha permesso alle nostre parrocchie di ritrovare la “scossa” giusta per fare ripartire il cuore pulsante di ogni attività pastorale: la preghiera. Alla fine di questo pellegrinaggio i nostri ragazzi sono stati pronti, entusiasti e trepidanti per andare a condividere, con altri giovani di tutto il mondo, la loro fede e fare esperienza di essere tutti figli dello stesso Padre.
Come vi siete organizzati alla GMG? Avete eventi in particolare che seguirete, oltre naturalmente a Papa Francesco?
Come gruppo di Ragusa siamo stati ospiti nella città di Entroncamento. Lì abbiamo vissuto alcuni omenti importanti come i “Rise up”, cioè momenti di catechesi accompagnati dai vari vescovi che vivono con noi questi giorni pieni di gioia e di grazia. Una delle esperienze più emozionanti per i ragazzi, secondo me, è al Parco del Perdono, dove possono vivere e sperimentare il dono grande della Misericordia di Dio, l’essere liberati dal peso del peccato e ripartire carichi di Speranza.
Secondo lei cosa possiamo fare, cosa può fare la Chiesa per avvicinare i giovani di oggi alla fede e a Gesù?
Questa è una domanda complessa anche se la risposta appare semplice. Innanzitutto dovremmo imparare ad ascoltare i giovani prima ancora di parlare con loro. Accogliere i loro desideri, le loro paure, le loro contraddizioni. Capisco che questo non è un processo facile, né immediato, ma è necessario. I giovani hanno bisogno di essere amati e non giudicati, loro sono la freschezza dello Spirito che fa bene alla Chiesa. A volte possono infastidire perché, con la loro novità, destabilizzano la tranquillità dove, molto spesso, ci accomodiamo. Inoltre, prima di ogni progetto e piano pastorale, secondo me, dovremmo tornare ad annunciare semplicemente il Vangelo di Cristo. Forse, nel corso di questi ultimi decenni, col voler attirare i giovani, abbiamo fatto tanto escludendo un po’ il centro nevralgico della nostra missione: l’annuncio del Vangelo. Ritornare ad annunciare il Vangelo, vorrebbe dire aiutare i nostri giovani a scoprire che la risposta a tutti i loro “perché” ed alla loro ricerca di felicità esiste ed è una persona: il Dio di Gesù Cristo.