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San Bonaventura, fede ragione e francescanesimo

La lettura ratzingeriana nelle parole del professor Letterio Mauro

Il Professore Letterio Mauro |  | Eco di Bergamo Il Professore Letterio Mauro | | Eco di Bergamo

Bonaventura da Bagnoregio quanto era francescano? Una domanda che abbiamo rivolto a Letterio Mauro, studioso di Bonaventura che ha anche collaborato alla preparazione del Dizionario bonaventuriano (Edizioni Francescane, Padova 2008). Soprattutto per parlare del rapporto con la bellezza: 

“Bonaventura richiama l'attenzione sull'importanza dei nostri sensi, perché il contatto col mondo è dato immediatamente dai 5 sensi. Ma poi su questo noi dobbiamo riflettere, domandarci, ma questa bellezza si è fatta da sola oppure è frutto di qualche altra cosa? Qui si capisce che l'itinerario è anche un lavoro. Itinerarium in mentis è un lavoro delle nostre facoltà più alte, la ragione, la volontà, i sensi, cioè tutto l'uomo che viene in qualche modo invitato, sollecitato a concentrarsi, a non distrarsi. Potrebbe essere inutile richiamo all'uomo contemporaneo che spesso e volentieri si distrae nel mondo. Bonaventura ci dice stiamo pure nel mondo, ma senza distrarci”. 

Qualcuno pensa che San Bonaventura sia come un “secondo fondatore” dei francescani, è vero? 

Senza dubbio il francescanesimo, era un fenomeno in grande sviluppo, in grande crescita e come tutte le crescite, gli sviluppi che sono positivi in sé, aveva anche un elemento negativo. In fondo Francesco aveva già creato delle opposizioni mentre era ancora in vita. Il problema era di far convivere le diverse anime. In questo senso Bonaventura è stato giustamente chiamato il secondo fondatore perché ha cercato di ottenere questo risultato: da un lato mantenere fermi i punti più importanti di Francesco, quindi per esempio il concetto della povertà, il concetto del legame con la Chiesa, con la Chiesa istituzionale, col Papato – però al tempo stesso di essere sensibile a altre esigenze che diventavano in un certo senso inevitabili. Il tentativo di trovare un punto di equilibrio tra queste realtà, senza tradire l'ideale di Francesco è stato il compito di Bonaventura e in questo senso sono pienamente d'accordo è stato un secondo fondatore, senza tradire Francesco, ma al tempo stesso, tenendo conto delle mutate circostanze. 

Papa Benedetto XVI, che a Bonaventura aveva dedicato uno studio che oggi è pubblicato nell’ Opera Omina, ha parlato di come San Bonaventura ha contribuito all'armonia tra fede e ragione, cosa significa?

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“Per Benedetto XVI il problema è nel rapporto tra la visione cristiana, teologia, e cultura contemporanea, una cultura spesso chiusa al messaggio della rivelazione e quindi la questione è come dialogare con chi si pone su posizioni molto distanti.  

Ratzinger ha trovato che anche  Bonaventura si era trovato a confrontarsi con una cultura, quella pagana, che non era fatta per incontrarsi col cristianesimo, perché Aristotele, Platone, avevano scritto indipendentemente dalla Bibbia o dalla rivelazione. Quindi quel mondo si era costruito una visione della realtà senza categorie bibliche. 

Dialogare con i Pagani voleva dire, un po’ come Papa Benedetto, dialogare con gli atei, con i non credenti. Probabilmente quello che ha colpito in Bonaventura, e che colpisce anche me – lo dico da studioso Bonaventuriano – è che Bonaventura ha un grande rispetto della ragione umana, senza fare riferimento alla Bibbia. Quindi, la ragione umana – è lui questo lo dice apertamente – ha la possibilità di conoscere, almeno in parte, la verità. Quindi ha delle capacità naturali che giudica molto positivamente. Naturalmente, quando poi la ragione umana deve sforzarsi di capire, al di là di quelli che sono le sue capacità di indagine, i grandi temi dell'esistenza: dove andiamo a finire ? Che senso ha la nostra vita? C'è un dopo la nostra vita? A questo la ragione, diceva Bonaventura – ma diceva anche Papa Benedetto – non può dare una risposta.

Ecco la necessità del dialogo. Per Bonaventura la questione era: se sei veramente interessato a cercare la verità sulla tua vita sul mondo, devi consultare tutti, parlare con tutti e non rifiutarti preventivamente di ascoltare, tra questi anche la voce della Bibbia, perché ha qualcosa da dire. Poi tu valuterai se accettarla o non accettarla, e lo farai con la tua ragione, ma devi ascoltare tutte le voci. Quindi è una atteggiamento non solo molto inclusivo, ma molto dialogico e dialogante e quindi anche qui, tutt'altro che una visione – dicevo monolitica prima – in qualche modo autoritaria o impositiva. Noi alle volte abbiamo del Medioevo un'idea non corretta, pensiamo fosse un'età di rifiuto del dialogo, un'età che iimponeva semplicemente e non discuteva. Bonaventura potrebbe essere un buon argomento per dimostrare esattamente il contrario”.