Erbil , mercoledì, 8. aprile, 2015 13:59 (ACI Stampa).
Erano circa mille le persone che hanno partecipato alla veglia di Pasqua ad Erbil, la capitale del Kurdistan iracheno. Quella tenda è stata costruita per loro, e si celebra lì la Messa ogni domenica. Nella notte di Pasqua, c’era il Cardinal Fernando Filoni, che ad agosto era stato in Iraq come inviato speciale del Papa, a celebrare. Poi, nel giorno di Pasqua, Filoni ha celebrato a Sulemainja, doe quasi 400 famiglie cristiane hanno partecipato. La storia di ciascuno di loro non va dimenticata.
AciStampa ha conosciuto queste storie in Iraq, partecipando ad un viaggio organizzato dal Pontificio Consiglio Cor Unum tra Erbil e Duhok, dal 26 al 29 marzo. Il senso di precarietà dei due milioni e mezzo di sfollati, assistiti dalle varie strutture caritatie, non si può descrivere davvero. La Messa resta per alcuni l’unico momento di affermazione della propria identità. Soprattutto, l’unico momento in cui aggrapparsi alla speranza che le cose cambieranno. Ed è il momento iin cui ognuno affida la sua storia personale, i suoi pesi, direttamente a Dio.
Ci sono due anziani che risiedono nell’edificio di Nishtiman Bazaar, a Erbil. Vengono da Karmles, ed erano stati catturati dallo Stato Islamico mentre staano per scappare delle loro case. I militanti dello Stato Islamico non raggruppano solo le donne in case. Raggruppano anche gli anziani. I due sono rimasti prigionieri di una diqueste case per cinque giorni. Poi, gli è stata data la possibilità di convertirsi all’Islam, lasciare la zona, oppure essere uccisi. Hanno deciso di partire.
Ma non è stata una partenza semplice. È stata piuttosto una scelta coraggiosa. I due – già anziani – non avevano una macchina, e muoversi a piedi può essere estremamente difficoltoso nella caldissima estate irachena. Sono partiti a piedi, con un gruppo di altre persone, ma sono rimasti indietro, perché il passo non era più quello della gioventù. L’uomo cadeva continuamente per terra dalla fatica, tanto che la gamba è rimasta ferita. A quel punto, la donna lo ha douto trascinare da sola, perché non lo poteva portare in braccio, ma non voleva lasciarlo indietro.
Per fortuna, dopo un po’ una suora del gruppo ha avuto la sensazione che loro fossero rimasti indietro ed è tornata indietro. L’uomo è stato messo in una sorta di ‘carro’, un rudimentale apparecchio per poterlo trascinare, finché sono riusciti ad arrivare ad Erbil. Ma la gamba era così rovinata che è stata poi amputata.