Città del Vaticano , giovedì, 20. luglio, 2023 14:00 (ACI Stampa).
“La famosa enciclica di Leone XIII, voi la leggete tranquillamente, coll'orlo delle ciglia, come una qualunque pastorale di quaresima. Alla sua epoca, piccolo mio, ci è parso di sentirci tremare la terra sotto i piedi. Quale entusiasmo! Ero, in quel momento, curato di Norenfontes, in pieno paese di miniere. Quest'idea così semplice che il lavoro non è una merce, sottoposta alla legge dell'offerta e della domanda, che non si può speculare sui salari, sulla vita degli uomini come sul grano, lo zucchero o il caffè, metteva sottosopra le coscienze, lo credi?”: con queste parole lo scrittore francese Bernanonos nel suo capolavoro Diario di un curato di campagna descrive la Rerum Novarum, la Lettera Enciclica di Papa Leone XIII divenuta per la storiografia il primo documento sociale della Santa Sede, l’incipit dell’intera Dottrina sociale della Chiesa.
La cosiddetta “questione operaia” costituisce il tema dominante del documento. Una questione che aveva rappresentato il tema cardine sociale degli ultimi due decenni dell'Ottocento. E proprio su questo tema, Papa Leone XIII decise di far sentire la voce della Chiesa. La Rerum Novarum fu promulgata il 15 maggio 1891. E’ divisa in quattro parti: Confutazione della tesi socialista dell’abolizione della proprietà privata; L’insegnamento e l’azione della Chiesa; Il ruolo dello Stato; e, in ultimo, Le associazioni operaie.
L’Enciclica affronta il conflitto tra “capitale” e “lavoro” nel tempo delle prime rivoluzioni industriali, e più in particolare la questione operaia che ci presenta due protagonisti: i padroni e i lavoratori, privi dei diritti fondamentali tra cui la partecipazione alle associazioni sindacali. San Giovanni Paolo II nella sua Lettera Enciclica Centesimus Annus (1 maggio 1991), nata per celebrare i cent'anni del documento di Papa Leone XIII, descrive con queste parole tale situazione: “Il lavoro diventava così una merce, che poteva essere liberamente acquistata e venduta sul mercato ed il cui prezzo era regolato dalla legge della domanda e dell'offerta, senza tener conto del minimo vitale necessario per il sostentamento della persona e della sua famiglia. Per di più, il lavoratore non aveva nemmeno la sicurezza di riuscire a vendere la «propria merce», essendo continuamente minacciato dalla disoccupazione, la quale, in assenza di previdenze sociali, significava lo spettro della morte per fame”.
Per far fronte a una simile situazione, Papa Leone XIII nella Rerum Novarum indica alcune vie per costruire un ordine sociale fondato sulla giustizia e sull’umanità. Pur condannando sia il “socialismo collettivista” (che si proponeva di accrescere nei poveri la lotta di classe) sia il “liberalismo individualistico” (privo di fondamenti morali), affermò il diritto di proprietà privata ma ordinando l’uso dei beni posseduti al bene comune: era questo un chiaro riferimento alla concezione della proprietà di San Tommaso d’Aquino. La Rerum Novarum, inoltre, aveva il desiderio di sconfiggere la lotta di classe puntando sul giusto salario: “Quanto alla tutela dei beni temporali ed esteriori prima di tutto è dovere sottrarre il povero operaio all'inumanità di avidi speculatori, che per guadagno abusano senza alcuna discrezione delle persone come fossero cose. Non è giusto né umano esigere dall'uomo tanto lavoro da farne inebetire la mente per troppa fatica e da fiaccarne il corpo. Come la sua natura, così l'attività dell'uomo è limitata e circoscritta entro confini ben stabiliti, oltre i quali non può andare” (n. 33).