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Leone XII, il Giubileo occasione per restaurare le chiese di Roma

A cominciare da San Paolo distrutta da un incendio

La cappella del Battistero di Santa Maria Maggiore |  | pd La cappella del Battistero di Santa Maria Maggiore | | pd

Ovviamente, e soprattutto in visa del Giubileo molto furono le opere di recupero dell chied di Roma. La più importante fu l’opera di ricostruzione della basilica di San Paolo dopo l’incendio che l’aveva devastata. 

Poi nelle basiliche che dovevano essere preparate al grande afflusso di pellegrini. Ma anche alle chiese meno famose ma sempre meta di pellegrini e piene di attività. 

Come ad esempio San Giorgio in Velabro. Sfogliando  il contributo di Carlo Benveduti e Maurizio Caperna nel Quaderno del Consiglio regionale delle Marche dedicato al Giubileo di Leone XII si legge che “nell’agosto del 1823, l’Adunanza dei giovani di Santa Maria del Pianto, cui erano stati affidati la chiesa e il convento fin dal 1819, avvia urgenti lavori di riparazione, con il patrocinio anche del canonico Antonio Santelli”. A marzo del 1824 è pronta la nuova facciata al di sopra del portico. Nel 1827 s’inizia la sistemazione stradale nei pressi della chiesa e la liberazione dai depositi a ridosso dell’Arco di Giano. Ma malgrado tali lavori, già nel 1829 la funzione religiosa dell’edificio è dismessa e il luogo diventa incomprensibilmente per oggi, una cantina. 

Ci sono poi dei lasciti di importanti ecclesiastici che permettono il restauro di alcune chiese. come Santa Maria della Consolazione: “Il lascito testamentario del cardinale Ercole Consalvi, morto nel 1824, permette di realizzare il secondo ordine della facciata. Progettato dall’architetto Pasquale Belli, l’intervento si realizza nel 1827”. 

A Santa Maria Maggiore il Capitolo presenta la necessità di provvedere al restauro dei mosaici. Michael Koch è ispettore dei lavori, la direzione viene affidata a Vincenzo Camuccini; mentre esecutori sono i mosaicisti Gaetano Ruspi e Nicola Roccheggiani. Spiegano Carlo Benveduti e Maurizio Caperna: “ Già entro la fine dell’anno vengono ripuliti, assicurati con grappe metalliche e reintegrati nelle lacune i mosaici della loggia delle benedizioni, quelli delle pareti laterali della navata maggiore, dell’arco trionfale e dell’abside. L’intervento, tuttavia, comprende anche altre operazioni. Si provvede infatti alla doratura del soffitto a cassettoni e alla pulitura della pavimentazione marmorea. Le colonne dell’altare maggiore vengono ornate con l’aggiunta di tralci di palma cesellati in bronzo”.

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E siccome la basilica diventa parrocchia verrà realizzato da Valadier anche il battistero  trasformando la cappella dell’Assunzione.

Interessante anche l’intervento sul Tempietto di San Pietro in Montorio. E’ il 1824 quando la Commissione consultiva di belle arti, mette in luce i problemi di umidità per infiltrazione. “Il cardinale camerlengo Pacca rivolge invito al cardinale titolare di San Pietro in Montorio, Rodolfo Ranieri d’Asburgo, affinché provveda ai lavori necessari. Nel luglio del 1825 Valadier, architetto della Commissione, presenta il preventivo dell’intervento. La sostituzione delle lastre in piombo a rivestimento della cupola con tegole in cotto, effettuata nel 1804-1805, è ritenuta causa dei notevoli deterioramenti avvenuti. 

A cavallo fra 1825 e inizio 1826 si confrontano diverse soluzioni. Valadier propone inizialmente una verniciatura impermeabilizzante delle tegole. Ma Pasquale Belli ritiene il rimedio provvisorio e non risolutivo, raccomandando invece il ripristino del piombo. Il cardinale Galeffi, nuovo camerlengo, ad aprile del 1826 dispone già del denaro necessario all’intervento. Valadier prevede quindi il definitivo smontaggio della copertura in tegole e il ripristino dei costoloni e del piombo; il lavoro si realizza entro l’estate del 1826”.

Restauri ma anche nuove assegnazioni, come a Santa Maria della Pace. 

Nel 1825 Leone XII affida il convento, e l’obbligo di provvedere all’officiatura della chiesa, alle due società dei preti secolari, detta l’una dell’Oratorio notturno o della Pia Unione dei 12 Sacerdoti Romani, l’altra di San Paolo Apostolo. “L’iniziativa, che per altro coincide anche con la soppressione della parrocchia nella chiesa, fa migliorare le sorti del complesso, gravato da notevoli problemi di incuria”. 

 

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