Nairobi , domenica, 20. dicembre, 2015 9:00 (ACI Stampa).
Un commercio da sviluppare su tavoli multilaterali, con una grande enfasi ai tavoli locali e una forte propensione allo sviluppo. Parlando alla Conferenza Ministeriale dell’Organizzazione Mondiale del Commercio che si tiene in questi giorni a Nairobi, la Santa Sede ribadisce l’impegno per una economia mondiale che includa tutti, anche i Paesi ancora in via di sviluppo.
Il discorso, molto articolato, è stato tenuto da Silvano Maria Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede presso l’ufficio ONU di Ginevra lo scorso 17 dicembre. L’impegno per il multilateralismo è centrale. “Incoraggiamo i membri di tutte le nazioni di semplificare le procedure del WTO”, in modo che siano guidate da “principi di solidarietà e dalla centralità della persona umana” e possano così “raggiunere una partecipazione più forte e inclusiva”.
Sottolinea l’arcivescovo Tomasi che “modernizzare il multilateralismo” è un obiettivo che può essere raggiunto “alle basi di ideali multilaterali”, i quali sono alla fine basati sul fatto che “tutti gli esseri umani sono uniti da una umanità commune radicata nella dignità della persona umana”. Sulle basi di questa premessa, “sia gli attori individuali che le istituzioni multilaterali possono lavorare che le istituzioni multilaterali possono lavorare insieme con l’obiettivo di arrivare al bene comune”.
Per questo – continua il nunzio – “la Santa Sede afferma fortemente l’importanza di riconoscere il primate degli accordi multilaterali, al di sopra degli accordi bilaterali o regionali”, che pure sono proliferati. E questo perché “nonostante i suoi limiti e complessità, la cornice multilaterale dà al pluralismo una dimensione universal e facilita il dialogo inclusivo”.
Più specificamente – rimarca la Santa Sede – “in una cornice multilaterale, le nazioni più deboli e piccole sono meglio salvaguardate che nelle situazioni regionali e bilaterali, quando le controparti sono nazioni grandi e forti. In questa situazione asimmetrica, le economie avanzate hanno inevitabilmente un peso più grande delle nazioni meno sviluppate, con il risultato che le ultime non sono capaci di trarre pienamente vantaggio dai benefici degli accordi”.